E'
per gli animali che ero andato laggiù. Il fatto che mi fossi portato dietro il
binocolo sta a significare che avevo le migliori intenzioni di osservare gli
uccelli. Qualche cosina anche ho visto, ma niente che mi abbia dato grosse
emozioni: dronghi sull'isola di Sainte Marie, un tessitore e una coppia di
gheppi a Ranomafana, i gruccioni e l'upupa a Ranohira, i chiurli, quando c'era
la bassa marea, a Tulear. Per sentire vibrare la corda delle emozioni è
necessario star nascosti in un capanno, così da poterli vedere a distanza
ravvicinata, ma ciò implica un bagaglio più pesante perché in tal caso è d'uopo
portarsi dietro cavalletto, fotocamera e teleobiettivo. Sulla possibilità di
vedere i mammiferi selvatici è meglio non fare assegnamento, né in Madagascar
né altrove, perché la maggior parte di loro fa vita notturna e gli altri si
tengono accuratamente alla larga dall'uomo. Le uniche proscimmie selvatiche
che ho visto erano una famiglia di lemuri dalla fronte bianca che stazionavano
a una decina di metri d'altezza, fra i rami degli alberi, proprio davanti
all'ingresso del Parco Zoologico di Ivolonia. Poiché in Boulevard Joffre mi
chiedevano diecimila ariary per il noleggio di una bici, chiesi a Pierrot, uno
dei ragazzi del La Plage, se mi noleggiava la sua mountain bike per cinquemila. Gliela buttai lì e lui rispose affermativamente. Già mentre mi dirigevo verso
il parco di Ivoloina, distante tredici chilometri da Tamatave, sapevo che non
avrei dato i miei soldi agli sfruttatori di animali, nemmeno a quelli che lo
fanno blandamente prendendo a pretesto concetti protezionistici come la
salvaguardia delle specie minacciate d'estinzione.
Mi
rendo conto che per i turisti normali, nutriti di filosofie e abitudini
consumistiche, pagare il biglietto d'ingresso per visitare i parchi sia la cosa
più naturale del mondo. Anzi, diventa necessario per quelli che vogliono
osservare la fauna da vicino pur facendo una vacanza "mordi e fuggi".
Siccome
gli animali hanno spesso il vizio di rimanere nascosti perché non amano essere
osservati, i direttori dei parchi, compreso quello di Ivoloina, tengono sempre
alcuni lemuri in gabbia in modo che i turisti frettolosi non restino delusi,
dal momento che non sempre si può disporre di rangers così abili da conoscere i
luoghi segreti - i luoghi di riposo - dei lemuri.
La
natura viene abbassata al ruolo di giardino zoologico e poiché è politicamente
corretto desiderare che le specie non si estinguano, il coscienzioso turista
pagherà più volentieri il biglietto nella convinzione che i suoi soldi servano
per una giusta causa. Nella realtà, quel denaro servirà unicamente a mantenere
in piedi la struttura, che così diventa meramente parassitaria, mostrando di
essere soltanto un'altra forma, più soft, più moderna, di sfruttamento della
natura.
I
malgasci una volta si accontentavano di uccidere i lemuri per mangiarseli, oggi
hanno scoperto che li si può sfruttare anche senza ammazzarli, accompagnando
frotte di turisti nella foresta. Le organizzazioni conservazioniste come il WWF
sono contente, perché si tratta di una soluzione di compromesso, del male
minore, ma si ottiene solo che la pressione venatoria venga ridotta, non
eliminata del tutto. Se un turista pensa che con il suo denaro si paga lo
stipendio alle guardie, quelle guardie che tengono lontani i bracconieri, si
sbaglia di grosso. Può forse essere indotto a pensar ciò perché ha visto troppi
documentari o letto gli articoli di riviste come Airone che devono per
contratto, con toni trionfalistici, elogiare gli sforzi governativi di
salvaguardia dell'ambiente.
Purtroppo, la presenza dei parchi non è garanzia
di protezione della fauna, giacché nessuno ha ancora cancellato nella
popolazione l'antica abitudine alla caccia, la gente continua a vivere di
un'economia di sussistenza e mai alcuna multa è stata appioppata da un ranger a
un bracconiere casualmente sorpreso con in mano un lemure appena ucciso.
Guardia e ladro hanno la stessa mentalità, sono della stessa etnia, se non
addirittura della stessa famiglia. Il turista amante della natura viene preso
in giro, oltreché penalizzato facendogli pagare un ticket, e il numero dei
lemuri continua a scendere. Proteggere la natura selvaggia dovrebbe essere un
buon dovere morale dei governi e invece si tende a scoraggiare con pedaggi
quella minoranza di bianchi che fa turismo naturalistico e che in genere arriva già
sensibilizzata e sa di doversi
comportare con rispetto quando è in mezzo alla natura.
Quel
giorno, ragionando con calma, senza essere pressato dalla necessità di mettere
al sicuro qualche animaletto, rimasi fedele a questi principi che mi frullavano
pel capo già nel 2003, e non entrai nel parco. Fui perciò premiato dai lemuri
dalla fronte bianca - alcuni sonnecchiavano a coppie, con la testa ripiegata,
altri s'inseguivano fra i rami - e rimasi a guardarli col binocolo per
un'oretta buona.
Le
altre proscimmie che vidi, questa volta da vicino, erano in stato
semidomestico. Il 20 novembre partii dalla stazione dei bus di Tamatave diretto
a Foulpointe, insieme a Nanà, una makurele che aveva insistito per fare una
settimana di vacanza con me, pagata diecimila ariary al giorno. Il giorno dopo,
presso il ristorante Rahoky, Nanà incontra Hanta, che a un certo punto dice di
avere un lemure in casa. Saputo ciò, salto su di scatto dalla sedia e dico perentoriamente:
"Andiamo, andiamo!".
Una
volta arrivati (la casa distava poche decine di metri), Hanta manda una bambina
a comprare qualche carota di cui Miki, un apalemure grigio, è ghiotto. Gli
piace anche il pesce, poca carne e qualche insetto, quando riesce a
catturarli, mentre le banane non sono di suo gradimento. La ragazza l'aveva
comprato un anno prima per quattromila ariary, poco meno di due euro, e
benché delle proscimmie sia vietata sia l'uccisione che la detenzione, molti
tengono in casa gli apalemuri, che sono graziosi, di piccole dimensioni e, per
la ridotta dentatura, inoffensivi. Alla mia domanda sul perchè non lo lasciasse
libero, anziché tenerlo legato per la vita con una corda, Hanta mi rispose che
se così facesse Miki scapperebbe e probabilmente verrebbe ucciso e mangiato dai
vicini. La realtà della detenzione illegale di specie protette fa il paio con
la caccia tradizionale ai lemuri, praticata e tollerata dentro e fuori dai
parchi. Se ne ottiene un quadro
desolante che getta una luce sinistra sulla loro sopravvivenza e che trasformerà
in beffa i desideri, gli sforzi e i milioni di dollari spesi finora per i vari
progetti di salvaguardia.
Dubito
che in Madagascar esistano guardiacaccia o guardie forestali, i rangers sono
utilizzati quasi esclusivamente come accompagnatori di turisti e per rimarcare
ancora di più l'intento speculativo del governo è stata resa obbligatoria la presenza dellle guide,
perché sennò il turista potrebbe perdersi, si afferma ipocritamente, cosicché il
bianco viene spremuto due volte: con il biglietto d'ingresso e con la mancia
sindacale da dare al cicerone.
Mi
piacerebbe poter aggiungere una postilla, cioè che chiesi ad Hanta di vendermi
l'apalemure per liberarlo nel parco, ma non andò così. Rinunciai in partenza
perché mi rendevo conto che non se ne sarebbe separata volentieri. Nanà mi
aveva spiegato che la sua amica amava gli animali ed era attaccatissima a Miki.
Per noi è difficile credere che una persona che tiene prigioniero un lemure
nato nella giungla ami veramente gli animali, ma confrontando il suo con il
comportamento degli altri malgasci si può anche ammettere che Hanta manifestasse
una forma larvata di zoofilia. In fondo, meglio legato a una corda che in
padella.
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