Testo
di Salvatore Antonaci
In
pochi giorni, dall’inizio della rivolta bretone detta dei berretti rossi, il
timore parigino di un contagio ai quattro angoli della République si è fatto
palpabile nelle stanze del potere socialista quanto mai incapace di
fronteggiare un’opposizione non certo inattesa. Da quando i manifestanti in
collera hanno distrutto le barriere elettroniche e le postazioni radar
allestite per dare corso alla nefasta ecotassa, altre regioni hanno, difatti,
emulato i vendicatori delle libertà locali oppresse da una macchina esattoriale
sempre più vorace ed implacabile. Di queste ore le notizie di mobilitazioni in
Alsazia, dall’altro lato dell’esagono, ed il danneggiamento di alcune
attrezzature di controllo nei dipartimenti del Nord (al confine del Belgio) e
del Lot et Garonne, in Aquitania, nel sud-ovest. Quanto basta per affermare,
insomma, che i peggiori timori della nomenclatura di governo si stanno
avverando.
Si
tratta di una insurrezione, per ora nonviolenta (ma la storia francese ci ha
abituati a precedenti di tutt’altro segno) ed a carattere anti-fiscale: nel
mirino di chi protesta sono finite oltre al pedaggio oneroso per
l’autotrasporto anche l’innalzamento della TVA (l’IVA d’oltralpe) e gli altri numerosissimi
balzelli escogitati da un regime coll’acqua alla gola.
Come
ogni buon manuale di economia insegna, l’aumento delle tasse genera una panoplia
di ricadute negative per l’economia che vanno dalla chiusura di molte attività
produttive, alla disoccupazione dilagante e ad una drammatica diminuzione del
potere d’acquisto. Esattamente quanto accade in Francia, dove i rigori della
crisi finanziaria globale sono acuiti da un dirigismo statale che, dismessi per
necessità i panni del tutore sollecito, mostra ora la faccia feroce
dell’oppressione giacobina.
Sbaglieremmo,
tuttavia, se sovrapponessimo questo movimento a quello dei teaparties
americani: molte le analogie, ma numerose le differenze. Se l’obiettivo comune
è quello di recidere l’artiglio della “bestia affamatrice”, qui abbiamo una
matrice e delle rivendicazioni di carattere corporativo e protezionista poco
evidenti oltre atlantico. La coalizione di interessi, quelli del mondo
agricolo, innanzitutto, del trasporto, della piccola e media impresa anela,
oltre alla riduzione del salasso anche ad un aiuto contro la concorrenza
internazionale vista qui come la principale minaccia al prosieguo della
produzione: di qui l’insofferenza crescente verso lo stato centrale considerato
come la longa manus della onnipotente burocrazia europeista e della troika
arci-mondialista.
Un
cocktail esplosivo, come si vede, che apre la strada a scenari quanto mai
incerti. La levata di scudi locale può preludere ad un rilancio in grande stile
delle spinte centrifughe ed indipendentiste, come nel caso della stessa
Bretagna, o fornire un ulteriore puntello all’ascesa irresistibile della destra
nazionalista del FN. Non a caso Marine le Pen (qui a destra), peraltro di origini bretoni, è
l’unica figura di spicco del panorama partitico ad aver appoggiato il
sommovimento armoricano: palese il tentativo di pilotare la rabbia verso
L’Eliseo e l’Assemblea Nazionale oltreché verso i partiti tradizionali, quel
fascio UMP+PS colpevole di aver sottovalutato la voce della Francia “profonda”.
Nel
frattempo, come un pugile alle corde tempestato da una gragnola di colpi
devastanti, Monsieur le Président ha scelto il silenzio mandando al massacro i
suoi uomini più fidati, primo tra tutti il Premier Jean Marc Ayrault.
D’altronde, i sondaggi catastrofici di questo periodo (appena il 25% di
gradimento, quasi dalle parti di Luigi XVI tanto per capire) impongono una
sostanziale decurtazione al tradizionale presenzialismo mediatico del cittadino
numero uno. Assume una valenza quasi simbolica il fatto che lo stesso Hollande
abbia scelto, quasi ad esorcizzare la gravità del momento, di rivolgersi allo
spirito dei caduti della grande guerra concentrando le proprie energie sulla
commemorazione dei vincitori del 1918 nel tentativo di evocare i mani
dell’ultima epoca eroica francese per sconfiggere i nemici e salvare la patria
in pericolo. Solo il tempo (e nemmeno tanto) dirà se a prevalere saranno gli
influssi di Valmy e della Marna e non piuttosto quelli delle due Sedan.
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