domenica 2 febbraio 2014

Omaggio a un eroe sconosciuto




Raphäel Matta, un francese di origine italiana che lavora nell’export – import, legge su “Paris Match” che il governo della Costa d’Avorio sta cercando un capo sorvegliante per una riserva africana ai confini dell’Alto Volta e il Ghana: lascia tutto e parte con la moglie, una ex indossatrice di Dior abituata agli agi e al lusso, e con i due figlioletti. Abbandona tutto per salvare ippopotami, elefanti, leoni, dimostrando grande coraggio.
Matta segue il detto di Roger Heim: “la scomparsa di una giraffa è altrettanto grave dell’uccisione di un uomo o lo sfregio a un quadro di Raffaello”
Il francese ha un volto ascetico che ricorda, a Dominique Lapierre, un emaciato santo di Zurbaran, ma se osservate una sua foto noterete che assomiglia stranamente a George Orwell.

Matta comincia il suo lavoro e, in quei luoghi magici, vede gli animali che ama, vede branchi di elefanti e bufali che scorrazzano liberi nella savana; ma la savana è luogo di massacri, nella savana si svolge un’ecatombe continua. I bracconieri uccidono con spietata regolarità mentre il governo fa finta di non sapere. Il territorio sotto il controllo di Matta è una riserva integrale. La legge è chiara: ogni attività venatoria è proibita, ma una legge del genere ha il valore di un’ipotetica norma emanata da un governo italiano riguardo l’abolizione della mafia in Sicilia. In soldoni: lascia il tempo che vuole.
Il decreto è chiaro e impedisce accampamenti, ma in effetti la savana è traboccante di indigeni Lobi che massacrano con tremenda regolarità e vendono carne alle regioni limitrofe.
Lo Stato africano ha concesso ottomila licenze per sparare e inoltre girano almeno altri diecimila fucili per uccidere di frodo. Matta scopre che i bracconieri vivono accampati in quei luoghi proibiti e che sterminano senza pietà gli animali. I massacratori sono bianchi e neri, gli europei ottengono facilmente autorizzazioni dal governo per uccidere. Si caccia spietatamente e la legge la seguono i folli. Dominique Lapierre parla di “follia devastatrice degli uomini”.
                                                                                                                                                 
Lo scopo di Matta è ardito: cambiare un modo di vivere ancestrale è quasi impossibile.
In quei luoghi si è massacrato fin dalla preistoria. Imporre una legge giusta nella savana è come legiferare contro il traffico di droga a Ciudad Juarez. E’ come quando Napolitano invita i nostri politici ad essere onesti o il Papa a non fare guerre. Nessuno ascolta.
Matta vede lo scempio, interviene e impone misure draconiane: vieta di cacciare, disboscare, coltivare e accendere fuochi. Per difendere gli animali mette insieme una piccola forza e trova un gigantesco aiutante africano, Remi Sogli, un baulè ex caporale dell’esercito francese, che gli sarà di grande aiuto.

E comincia la lotta in difesa degli abitanti della savana, mentre il suo fisico minato da malaria e dissenteria amebica vacilla. Ma ha grande capacità di sopportazione. E’ stoico in quello che ha intrapreso, gli indigeni lo chiamano Kongo Massa, il Re della Savana.
Matta espelle i bracconieri africani dai luoghi protetti dalla legge, e loro lo paragonano ai vecchi signori coloniali. Se difendi gli animali della savana sei come il mostruoso re del Belgio, Leopoldo II, è la logica della specie: funziona in tutto il mondo.
I bracconieri locali sono imbestialiti. Il governo che ha chiuso sempre un occhio (e spesso due) davanti agli eccidi è preoccupato. I politici urlano: “Matta ci fa perdere i voti, che errore dare il lavoro a questo fottuto francese. Che se ne torni a casa!”
Le autorità lo mettono in guardia: uccidere bracconieri può portare al dissolvimento della riserva, il problema è che per Matta la vita di un elefante è più preziosa della vita di un bracconiere.
Matta inizia un accurato censimento di bovidi, ippopotami, elefanti, leoni e degli altri abitanti della savana.
Quest’uomo definito L’angelo della Savana inizia una lotta all’ultimo sangue contro i massacratori.
Nasconde nei boschi due autocarri pieni di munizioni, e  con un gruppo di volontari difende  rinoceronti, elefanti e leoni con ogni mezzo. Arresta, brucia accampamenti, mette in fuga bracconieri, requisisce avorio, carne, tutto. Ed è per questo detestato da bianchi e da neri.                                                                                                                                               
                                                                        Delle volte quando vede un animale ucciso piange e dice: stanno assassinando i più vecchi compagni dei nostri sogni.
Matta è un animalista unico, non indulge nel buonismo pacifista, difende gli animali con tutti i mezzi ed è pronto a sparare. La non violenza applicata a una sola specie è per lui un imbroglio miserabile.
Undici accampamenti vengono distrutti e ventuno Lobi – bracconieri indigeni – vengono fatti prigionieri.
Alle autorità cominciano a saltare i nervi. Matta sa che ormai non possono più espellerlo dal Bouna, si sente forte, non abbandona la lotta. Tutti lo condannano.
Il governo comincia a tremare e lo manda a sedare una rissa tra Lobi e Diula, tra cacciatori e commercianti, in un villaggio sperduto: lo precipitano in una situazione dove sperano che venga ucciso.
Matta arriva con Sogli e i suoi uomini e cerca di calmare gli animi, cerca di tranquillizzare i guerrieri che stanno litigando furiosamente con i mercanti e convince i Lobi a deporre le armi.

I Lobi le depongono, ma i Diula, stupidamente, si impossessano degli archi. L’arco è un oggetto sacro per gli indigeni. Vengono sepolti con l’arma. Rubarlo è l’estremo affronto. E’ un sacrilegio: i guerrieri si scatenano contro i mercanti e considerano Matta parte del complotto per disarmarli. Lo considerano un traditore. Al grido: “Kongo Massa dà le nostre armi ai Diula” si scagliano contro il francese considerato ormai un Giuda. Sogli trascina via Matta. Fuggono e si perdono. I Lobi lo inseguono e lo colpiscono con sei frecce avvelenate. Mentre il veleno produce i suoi effetti lo finiscono con i randelli e con un’ascia.
Dopo tre giorni il francese è sepolto presso la riva della fiume Komoè.
Le parole del suo epitaffio sono:
“Bell’elefante selvaggio, accetta dal più fedele dei tuoi amici i voti più ardenti di quiete e di prosperità per te, per i tuoi discendenti, per tutti quelli della tua magnifica razza. Che importa se un giorno il mio sangue bagnerà per tua gloria la prestigiosa terra africana. Tu ne vali la pena”.
Due dei dodici Lobi accusati per l’omicidio vengono condannati a morte. Muoiono sorridendo: sono diventati gli eroi della loro tribù.
Con la scomparsa di Matta e dei suoi uomini comincia l’ecatombe degli elefanti.
Tra il 1979 e il 1989 ne muoiono centomila.
Il Giappone e i paesi “civili” fanno razzia dell’avorio.
Nel 1977 la convenzione di Washington rende gli elefanti specie protetta.
Ma il massacro continua.

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