Fonte:
Agripunk
Testo
di Desirèe Dez Manzato
David
abita ad Ambra da circa dieci anni. Ci
siamo conosciuti nel 2012 e ad inizio 2013 mi sono trasferita qui dopo essere
stata licenziata per la chiusura della Sacaim di Venezia. Dietro
casa c'era e c'è tutt'ora ma è inattivo, un allevamento-lager di tacchini per
Amadori, noto marchio che rifornisce gli scaffali di tanti supermercati e
macellerie. Sette capannoni stipati all'inverosimile, circa 30.000 creature ogni sei mesi deportate
al macello per finire negli scaffali dei supermercati, costrette per tre mesi a
vivere senza luce del sole e senza aria, ma solo con illuminazione al neon 24
ore su 24 e impianto di condizionamento per mantenere la temperatura stabile
che riversa nell'aria polveri sottili di legno misto a guano.
Ingrassati a vista d'occhio con mangimi dall'odore nausebondo e obbligati a vivere, dormire e a volte morire sempre nella stessa lettiera sudicia e insufficiente. Al momento del carico per l'ultimo viaggio verso il macello, per una settimana assistevamo in lacrime all'ignobile spettacolo: camion doppi pieni di gabbbiette piccolissime dove, tramite un nastro trasportatore, venivano caricati i tacchini uno ad uno. Spinti dentro a forza uno dopo l'altro come fossero pacchi vuoti fino a riempire la fila e chiuderla. Nell'atto della chiusura qualcuno di loro si chiedeva che accadesse, si spaventava, voleva fuggire ma il cancellino veniva chiuso con forza, senza nemmeno guardare e spesso rimaneva chiusa fuori un'ala, una testa, una vita. Lo facevano di notte, al buio, per nascondere al giorno quanto l'essere umano può essere vigliacco.
Ingrassati a vista d'occhio con mangimi dall'odore nausebondo e obbligati a vivere, dormire e a volte morire sempre nella stessa lettiera sudicia e insufficiente. Al momento del carico per l'ultimo viaggio verso il macello, per una settimana assistevamo in lacrime all'ignobile spettacolo: camion doppi pieni di gabbbiette piccolissime dove, tramite un nastro trasportatore, venivano caricati i tacchini uno ad uno. Spinti dentro a forza uno dopo l'altro come fossero pacchi vuoti fino a riempire la fila e chiuderla. Nell'atto della chiusura qualcuno di loro si chiedeva che accadesse, si spaventava, voleva fuggire ma il cancellino veniva chiuso con forza, senza nemmeno guardare e spesso rimaneva chiusa fuori un'ala, una testa, una vita. Lo facevano di notte, al buio, per nascondere al giorno quanto l'essere umano può essere vigliacco.
Non
sopportavamo oltre questo schifo. Abbiamo
lottato perché l'allevamento chiudesse, con le nostre forze e con i nostri
polli arrivati dalle prime richieste di aiuto. E
ce l'abbiamo fatta. L'allevatore
ad un certo punto batteva in ritirata e sapevamo che ci sarebbe stato l'ultimo
"ultimo viaggio". Non
potevano rimanere inermi, con le mani in mano quindi quando ci disse che se ne
andava gli chiedemmo, spiegandogli la nostra scelta di non contribuire e non
approvare il suo lavoro, di lasciarci almeno un tacchino, un singolo piccolo
tacchino che potesse avere la possibilità di continuare a vivere. Feci
scegliere a lui perchè, una volta dentro al capannone, con tutti quei piccoli
condannati a morte, un senso di impotenza e rabbia mi accecò. Li volevo tutti
salvi, tutti liberi ma non era possibile. Lui
ne scelse due, Giorgina e Lisetta e me le diede. Le
mettemmo subito nello stalletto che avevamo preparato per loro e che per tre
giorni non hanno mai lasciato pur tenendole sempre con la porta aperta.
Al quarto giorno finalmente sono uscite, si sono sgranchite le zampe, hanno assaggiato
l'erba e si sono accorte di avere le ali. Le
abbiamo fatte dormire chiuse a chiave per tutto il periodo di trasporto degli
altri tacchini loro amici. Non volevamo che le vedessero e nemmeno, anzi soprattutto, non volevamo che loro vedessero quello che accadeva. Una
volta smantellato l'allevamento e finiti i carichi di morte, le piccine hanno
iniziato a rifiutarsi di tornare chiuse anche se solo per la notte e hanno
scelto come tetto le stelle. Nel
frattempo abbiamo saputo che l'allevamento era in vendita e abbiamo subito
chiesto aiuto.
Ad
un corso per attivisti tenuto da Massimo Tettamanti (a sinistra), mentre si parlava di cause
per danno ambientale, gli buttai lì la possibilità di farne una a questo
allevatore. Iniziammo
a confabulare e per mesi cercavamo ogni cavillo, ogni cosa utile per riuscire a
fare chiudere questo allevamento, mentre accadeva tutto quello raccontato prima. All'improvviso
si apriva una nuova opportunità così la cosa si trasformò nella possibilità
concreta di fare una cordata d'associazioni tramite Massimo stesso ed I-care
per acquistare l'intero podere e trasformarlo in un rifugio per animali con
annessa azienda agricola che esiste in funzione del rifugio. Un'azienda
agricola dove si coltiva in maniera semplice e pura, senza grossi macchinari e
spreco di gasolio, senza pesticidi o fertilizzanti ma usando i rimedi e i
trucchi della natura e sfruttando naturalmente le sue potenzialità, integrando
piante da frutto con verdura, con aromatiche, con officinali, con selvatiche
insomma, inserendo le piante via via creando un equilibrio tra di loro senza
violentare la terra. Coltivatori
diretti vegan, una fattoria fatta da vegani..una fattoria dove gli animali
certo, ci sono ma sono animali assolutamente liberi, che non saranno mai più al
servizio dell'uomo perchè qui è l'uomo ad essere al loro servizio.
Come
produzione primaria ci si concentrerà sul cibo per loro e per noi per puntare
poi ad un autosostentamento alimentare concreto. Per
ora non siamo autosufficienti, però comunque ci rivolgiamo per i nostri
acquisti a coltivatori diretti e negozi del paese per non alimentare più la
grande distribuzione e le regole del consumismo che ci vuole schiavi del
cemento e dell'acciaio Ma
vogliamo il prima possibile riuscire a diventare completamente indipendenti dal
punto di vista almeno alimentare per rompere definitivamente col commercio. Al
momento ci appoggiamo all'associazione con la quale facevo attivismo a Rovigo,
la Venus in Fur, per poter svolgere le nostre attività di diffusione e
volontariato perchè ci sembrava assurdo creare l'ennesima associazione
animalista, soprattutto avendo comunque l'intenzione di non essere poi un
semplice associazione animalista e basta. Il
rifugio poi sarà di I-care che come associazione è consolidata ed attiva su
vari fronti.
Ma
noi puntiamo a qualcosa di più concreto. Già
da ora qualcosa coltiviamo, abbiamo l’acqua del pozzo che sgorga fresca e
d'inverno ci scaldiamo con la stufa a legna, legna che raccogliamo nel bosco
pulendo gli alberi dai rami secchi o malati. In
progetto c'è anche un discorso di impianto fotovoltaico per diventare
autosufficienti anche dal punto di vista energetico. Insomma,
ci vogliamo levare la civiltà dalle scatole. Attualmente
vivono con noi Giorgina la tacchina (purtroppo Lisetta dopo 5 mesi di vita
regalata ci ha lasciati), Cleo la faraona abbandonata dalla sorella Nefer che
ha scelto il bosco, Marylin e Tweegy paperine vagabonde a Roma, Mirtillo e
Antonello capretti scampati al pranzo pasquale, Pablo il cinghiale che troppo
si è fidato dell'uomo, 2 belle scrofotte Frida e Coco, le nostre 2 gatte Maria
e Raia, i 3 cagnoni da guardia Ombra, Zena e Diablo e svariati tra polletti e
galline capitanati da Oro, Ramina e Kikketto.
Le
nostre giornate sono incentrate sui nostri ospiti o, come preferisco chiamarli,
coinquilini. La
mattina ci concentriamo su pappe, recinzioni, eventuali medicazioni, ecc. Al
pomeriggio bisogna star dietro a tutta un'altra serie di cose (orto,
autoproduzioni alimentari e artistiche) per poi nel tardo pomeriggio rimettere
dentro alle loro casette al sicuro le belve. Insomma, si arriva a sera distrutti
ma felici. Purtroppo,
gli animali salvati arrivano dalle più svariate situazioni e da queste
situazioni non sempre ne escono indenni, inoltre la vita libera e le loro scelte
portano ad imprevisti. Qualcuno non porta traccia della vita passata, altri
invece hanno le ferite ben visibili. Vorresti
proteggerli e farli vivere felici in eterno, ma ti rendi conto di quanto è
piccolo un uomo di fronte agli scherzi della natura. Però
almeno ci proviamo. Attualmente
siamo solo io e David però ogni tanto qualcuno viene ad aiutarci fisicamente
mentre qualcuno ci aiuta e supporta a distanza. Stiamo
cercando gente come noi che condivida i nostri pochi ma saldi principi e che
voglia condividere con noi questa esperienza con le sue gioie e dolori. Qualcuno
l'abbiamo già trovato e c'è ancora posto se qualcuno fosse interessato.
Non
ne possiamo più di vivere e contribuire al tipo di vita che ci impongono. Vogliamo
boschi e prati, non nuovi centri commerciali. Vogliamo
che la gente possa stupirsi per il gusto di una radice, non per un nuovo
telefonino. Vogliamo
che un animale nasca per vivere e basta, non che nasca con uno stato
predefinito che ne determina vita o morte. Qui
sarà un posto dove animali umani e non abiteranno insieme, in simbiosi con i
prati e i boschi di questa terra. Porteremo
via, nel cuore della Toscana cinghialara, 26 ettari di bosco dove i cacciatori
non potranno entrare e dove gli animali selvatici troveranno rifugio. Porteremo
via ad Amadori un intero allevamento. Porteremo
nel cuore degli abitanti della zona e delle persone che vorranno venire a
trovarci, l'empatia e la compassione facendo loro conoscere chi di solito
finisce nel loro piatto. Uomini
e animali insieme: dalle stalle alle stelle, dalle gabbie alla libertà.
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