Fonte: Corriere della sera
Sahar Gul
è una ragazzina afghana di 15 anni che ha
quasi rischiato di essere uccisa dal marito perché non voleva
prostituirsi. La
scorsa settimana è arrivata in un ospedale di Kabul nelle
condizioni che vedete nelle seguenti foto. Gli occhi talmente gonfi
di botte da
essere semi-chiusi, il
collo tumefatto, un
orecchio bruciato da un ferro da stiro, il corpo così
debilitato da essere costretto su una sedia a rotelle, le mani
ricoperte di croste nere al posto delle unghie
strappate dai suoi
torturatori. Sahar era stata data in sposa sette mesi fa al
soldato Gulam Sakhi che, con la complicità della sua famiglia, ha
reso la sua vita un inferno. Quattro mesi fa la
sposa-bambina era riuscita a fuggire ed
aveva chiesto aiuto a dei vicini di casa: “Se siete dei musulmani
dovete dire alle autorità quello che mi sta succedendo – aveva
detto disperata -, vogliono farmi prostituire”.
La polizia di Puli
Khumri, la città nella provincia di Baghlan dove è avvenuto il
fatto, è stata avvisata ma non ha fatto altro che restituire
la povera ragazza alla famiglia torturatrice dietro
la promessa che gli abusi non sarebbero più continuati. Invece, come
da copione, è accaduto l’esatto contrario. Sahar è stata chiusa
in un seminterrato dove è stata picchiata e affamata per altri tre
mesi finché un parente lontano arrivato a far visita non ha fatto
scoppiare lo scandalo. Ma anche allora le autorità hanno
cercato di trovare un accordo con il marito per
evitare che la vicenda finisse sulla stampa.
Un comportamento che, purtroppo, non è una novità in Afghanistan
dove, come avevamo già raccontato in
questo post, secondo un rapporto delle Nazioni Unite, le
donne sono trattate come bestiame. E
chi si rivolge alla polizia spesso subisce ulteriori abusi, tra cui
lo stupro e le molestie, prima di essere riconsegnata alla famiglia e
dimenticata.
Questa volta però il volto
gonfio di botte della piccola coraggiosa Sahar Gul ha
fatto il giro del mondo destando
condanna o orrore unanime. Tanto che il presidente afghano Hamid
Karzai ha ordinato una
commissione d’inchiesta e
il ministro della Sanità è corso in ospedale per portare la sua
solidarietà alla giovane. Il
marito torturatore è ora ricercato e il resto della famiglia è agli
arresti. Le
orribili immagini di Sahar sono, dunque, servite a rendere visibile
il tragico
destino delle donne nel nuovo Afghanistan,
dieci anni dopo la caduta dei Talebani. “Rompiamo il silenzio
mortale sullo stato delle donne” titolava qualche giorno fa
l’Afghanistan Times.
Nonostante la recente ‘approvazione di una legge che per la prima
volta punisce la violenza domestica le tradizioni più bieche
sono dure a morire e Kabul è al sesto
posto nella
classifica dei Paesi in cui le diseguaglianze tra i generi sono più
accentuate.
Ma forse qualcosa si sta muovendo. Soltanto qualche
anno fa un caso come quello di Sahar non sarebbe venuto alla luce. Ne
è convinta Fawzia Kofi, deputata e capo della commissione
parlamentare sulle questioni delle donne: “Penso che ora ci sia un
maggiore senso di consapevolezza dei diritti delle donne –
ha detto all’Associated
Press -. La gente
sembra voler cambiare e parla di questi temi”. Ma fermare gli abusi
è una sfida grandissima in una società patriarcale dove
l’altra metà del cielo viene considerata ancora merce di scambio e
il delitto d’onore è una prassi consolidata. E le
associazioni dei diritti umani temono che anche i piccoli progressi
fatti sin qui possano sparire con
il ritiro delle truppe internazionali.
“Se i Talebani torneranno nella società tutto questo non ci sarà
più” dice all’Ap l’attivista Sima Natiq.
Noi tifiamo per Sahar Gul e per
tutte le ragazzine come lei che hanno subito abusi pesantissimi. Il
ministero della Sanità ha fatto sapere che la giovane “si sta
riprendendo fisicamente ma siamo molto preoccupati – ha aggiunto
– per le sue
condizioni mentali perché
è stata torturata per un periodo molto lungo”. Speriamo che il suo
caso spinga il governo a intervenire più prontamente in futuro.
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