Fonte:
National Geographic
(seconda parte)
Il Madagascar è un’isola. Certo, è la quarta del mondo per superficie (585 mila chilometri quadrati), ma è pur sempre un’isola. Sebbene tutte le isole abbiano una loro biosfera unica, il Madagascar (che si è separato dall’Africa circa 165 milioni di anni fa) è un caso a sé: circa il 90 per cento della flora e della fauna sono endemiche, e non si trovano in nessun altro luogo del pianeta. Lo spettacolo extraterrestre di enormi baobab con i tronchi a forma di carota, di spettrali lemuri, e di intere “foreste” di alti pinnacoli di pietra può far sgranare gli occhi anche al più navigato dei viaggiatori. Ma questa bellezza unica e indimenticabile va a braccetto con la disperazione quotidiana della popolazione. I malgasci, principale gruppo etnico dell’isola, hanno un modo di dire a dir poco eloquente: “meglio morire domani che morire oggi”. Il malgascio medio vive con circa un dollaro al giorno.
Il Madagascar è un’isola. Certo, è la quarta del mondo per superficie (585 mila chilometri quadrati), ma è pur sempre un’isola. Sebbene tutte le isole abbiano una loro biosfera unica, il Madagascar (che si è separato dall’Africa circa 165 milioni di anni fa) è un caso a sé: circa il 90 per cento della flora e della fauna sono endemiche, e non si trovano in nessun altro luogo del pianeta. Lo spettacolo extraterrestre di enormi baobab con i tronchi a forma di carota, di spettrali lemuri, e di intere “foreste” di alti pinnacoli di pietra può far sgranare gli occhi anche al più navigato dei viaggiatori. Ma questa bellezza unica e indimenticabile va a braccetto con la disperazione quotidiana della popolazione. I malgasci, principale gruppo etnico dell’isola, hanno un modo di dire a dir poco eloquente: “meglio morire domani che morire oggi”. Il malgascio medio vive con circa un dollaro al giorno.
E
dato che la popolazione del Madagascar, più di 20 milioni di abitanti, cresce
del tre per cento ogni anno - uno dei tassi di crescita più alti di tutta l’Africa
- il contrasto tra la ricchezza della terra e la povertà dei suoi abitanti
aumenta di giorno in giorno. Per questo motivo gli ambientalisti, allarmati,
hanno definito il Madagascar un punto caldo della biodiversità, esprimendo la
loro disapprovazione in particolare per la pratica agricola del “taglia e
brucia”, molto diffusa sull’isola, che consiste nel dare fuoco ad ampi tratti
di foresta per convertirli in risaie.
Nel
2002 la comunità ambientalista internazionale aveva accolto con entusiasmo l’elezione
del presidente Marc Ravalomanana, con il suo programma sensibile all’ambiente.
Allo stesso modo ha reagito con sconforto quando, nella primavera del 2009, un
golpe militare lo ha destituito, insediando al suo posto un ex disc jockey
radiofonico troppo giovane, secondo la costituzione, per ricoprire la carica di
presidente. Nel
settembre del 2009, dopo diversi mesi in cui ogni giorno veniva tagliato
illegalmente legno di rosa per un valore di oltre 360 mila euro, il nuovo
governo, a corto di denaro, ha revocato il divieto di esportazione del legno,
in vigore dal 2000, e ha emanato un decreto per legalizzare la vendita dei
tronchi già abbattuti e stoccati nei depositi. Lo scorso aprile, messo sotto
pressione dalla comunità internazionale, il governo ha rimesso in vigore il
bando. Ma il taglio continua.
In
realtà il resto del mondo non è nella posizione di poter giudicare, data la sua
voracità - a volte benefica, altre meno - nei confronti delle straordinarie
risorse del Madagascar. Il saccheggio delle foreste dimostra con quanta facilità
si possa spezzare il fragile equilibrio tra le esigenze umane e quelle della
natura, equilibrio che in Madagascar è sempre stato precario. I diritti di
prospezione ed estrazione mineraria delle riserve d’oro, nichel, cobalto,
ilmenite e zaffiri (vedi foto) sono per lo più in mano a holding straniere.
La Exxon Mobil ha dato inizio nel 2006 alle ricerche per il petrolio nelle acque al largo dell’isola, e per anni i migliori costruttori di chitarre americani hanno dotato i loro strumenti di tastiere realizzate in pregiato ebano del Madagascar. In tempi recenti il governo federale dell’isola ha tentato di affittare terreni arabili alla Corea del Sud e di vendere acqua all’Arabia Saudita. Una politica che porta allo sfruttamento di una grande quantità di risorse con ben pochi benefici per il malgascio medio. Non c’è da stupirsi quindi se i minatori locali depredano la terra di pietre preziose da smerciare sui mercati asiatici. O che animali come il geco dalla coda a foglia o la testuggine dal vomere, in via d’estinzione, vengano esportati clandestinamente da piccoli commercianti di animali che li vendono ai collezionisti. O che i giovani smagriti di Antalaha finiscano per decidere che è meglio morire domani, e intascare oggi i soldi dei cinesi che comprano il legno di rosa.
La Exxon Mobil ha dato inizio nel 2006 alle ricerche per il petrolio nelle acque al largo dell’isola, e per anni i migliori costruttori di chitarre americani hanno dotato i loro strumenti di tastiere realizzate in pregiato ebano del Madagascar. In tempi recenti il governo federale dell’isola ha tentato di affittare terreni arabili alla Corea del Sud e di vendere acqua all’Arabia Saudita. Una politica che porta allo sfruttamento di una grande quantità di risorse con ben pochi benefici per il malgascio medio. Non c’è da stupirsi quindi se i minatori locali depredano la terra di pietre preziose da smerciare sui mercati asiatici. O che animali come il geco dalla coda a foglia o la testuggine dal vomere, in via d’estinzione, vengano esportati clandestinamente da piccoli commercianti di animali che li vendono ai collezionisti. O che i giovani smagriti di Antalaha finiscano per decidere che è meglio morire domani, e intascare oggi i soldi dei cinesi che comprano il legno di rosa.
«È
un bene per l’economia, un male per l’ecologia», commenta un uomo coinvolto nel
commercio illecito di legname. Ma ad Antalaha il piccolo boom economico si è
rivelato una bolla di sapone. Anche volendo lasciare da parte le devastanti
conseguenze a lungo termine della spoliazione della foresta (la scomparsa del
prezioso legno su almeno 10 mila dei 4,5 milioni di ettari di area protetta del
paese, l’estinzione dei lemuri e di altre specie endemiche, la piaga dell’erosione
del suolo che fa insabbiare i fiumi e fa morire i terreni agricoli confinanti,
la perdita delle entrate derivanti dal turismo) i perversi effetti secondari
del saccheggio del legno di rosa si sentono già da ora. Gli abitanti di
Antalaha, che all’improvviso si sono trovati a dover schivare motociclette,
hanno anche cominciato a notare l’aumento dei prezzi di pesce, riso e altri
generi d’uso quotidiano. La ragione è semplice: ci sono meno uomini sia in
mare, sia nei campi. «Sono
nella foresta», afferma Michel Lomone, l’esportatore di vaniglia. «Sono tutti
nella foresta».
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