martedì 7 aprile 2015

Dal culto del cranio al culto della pizza




Preparatevi, amici, all’avventura che quest’oggi vi propongo. Sarà diversa dalle precedenti.  Meno ridente. Non triste, ma meno ridente. Vi porto in Africa. Quella più nera. Vi porto in Congo. Mi raccomando e mi raccomando ancora, la parola magica deve essere prudenza. Massima prudenza. Andremo a far visita, ovviamente di nascosto, alla tribù Bantu, ancora oggi esistente in uno dei tanti villaggi. L’argomento del nostro studio è l’Antropofagia. No aspettate, forse lo conoscete meglio come Cannibalismo. Come di consueto, cominciamo a partire in quanto il viaggio sarà lunghetto. Nel frattempo vi darò una piccola infarinatura su questa pratica.

  
Il termine “cannibale” (con il quale oggi si intende chi si ciba di carne umana) risale al XV secolo e cioè ai primi contatti tra Cristoforo Colombo e gli indigeni americani dei Caraibi. Questi indigeni gli riferirono l’esistenza di una tribù, chiamata Cariba (da cui è derivato per traslitterazione il termine “canìbales” passando per carib-calib-canib = canìbales) la quale, dicevano, praticava l’antropofagia. Il termine “cannibale” veniva dapprima usato per indicare alcuni gruppi di quella zona e poi acquistò una connotazione più ampia, fino ad esser usato per indicare qualsiasi gruppo che, si pensava,  mangiasse carne umana. Se poi questi primi “cannibali” fossero realmente mangiatori d’uomini non si sa di certo. Le fonti a riguardo sono alquanto confuse. E dal momento che la fonte principale di queste affermazioni erano i membri di un popolo che indicava come cannibali i membri dell’altro gruppo indigeno della zona (quindi due popoli divisi tradizionalmente da una reciproca e profonda inimicizia) la notizia risulta poco credibile.

Ma andiamo a cercare ancora più a fondo le radici di questo fenomeno tanto raccapricciante quanto complesso. Alcuni studiosi sembrano individuare tracce di pratiche cannibaliche anche in reperti antropologici dei predecessori dell’Homo Sapiens Sapiens,  Homo Erectus e Homo Antecessor. Infatti, le ossa di questi ominidi sono state ritrovate mescolate con utensili di pietra e ossa di animali cacciati, anche se molto probabilmente lo faceva per soddisfare l’istinto di sopravvivenza. 

Comunque, alcuni indizi indicano l’esistenza dell’antropofagia rituale, già a partire dal Paleolitico, nella quale i crani umani erano usati come coppe. Nel 1939, in una grotta del monte Circeo, si rinvenne un cranio umano in ottimo stato di conservazione. Il reperto si trovava in un piccolo antro appartato, quasi al centro di un gruppo di pietre, la cui disposizione apparve intenzionale. Nessun’altra parte dello scheletro fu rinvenuta e il cranio presentava l’orbita destra sfondata ed il foro occipitale considerevolmente allargato: un rituale necessario per consumare il cervello del morto, forse?

Dai, non mi fate quella faccia! E’ tradizione e cultura mondiale anche questa, no?

L’identificazione di tracce di cannibalismo è, comunque, uno dei compiti più difficili per gli studiosi, soprattutto per i resti paleoantropologici. Ma come fanno, gli esperti, a riconoscere le tracce del cannibalismo? Gli elementi chiave sono particolari incisioni sulle ossa lasciate da oggetti da taglio o fratture provocate con l’intento di estrarne gli elementi nutritivi (come il midollo, ad esempio). Ma anche tramite bruciature che rilevano una, seppur rudimentale, cottura. Ed ancora, anche la presenza di particolari sostanze nelle feci. I paleontologi, tuttavia, sono molto cauti. Non si può affermare con assoluta certezza che segni di resezione o colpi dati per fratturare abbiano scopi cannibalistici. Queste tracce potrebbero essere attività di scarnificazione, legate ad esempio, al culto del cranio. Una cosa interessante da notare è che il cannibalismo venne praticato da moltissimi popoli ed in diverse parti del mondo. Infatti, fin dagli albori della storia, l’Uomo ha divorato i suoi simili in una cornice di oscure cerimonie nelle quali la carne e il sangue della vittima erano consumati per acquistare certi poteri o come offerta agli dèi.

Questa è una delle ragioni per cui una tribù pratica l’antropofagia. Ma una e solo una delle varie ragioni. Parlando parlando, siamo arrivati in Congo. Mi guardo intorno ed è proprio tutto come lo immaginavo. Fitta vegetazione, villaggi colorati e voci grosse ed incomprensibili. E, pensando a cosa stiamo cercando, anche un po’ sinistre. Lì! Facciamo di quell’enorme siepe la nostra momentanea casa. Il silenzio è d’obbligo! Fintanto che non avvertiamo movimento nel villaggio, vi continuo a narrare qualcosa. Dicevamo delle ragioni che spingono all’antropofagia. Vi ho accennato del cannibalismo rituale, ovvero quello spinto da religioni e credenze, con un contorno cerimoniale come si deve. Alcune tribù banchettavano con carne umana generalmente con lo scopo di prendere dalla vittima i suoi poteri e capacità. Come se la carne potesse trasferire qualcosa al suo “consumatore”. Sì, erano proprio convinti che mangiando la carne dell’uomo ne si assimilassero le caratteristiche non solo fisiche ma soprattutto morali e intellettuali.

Altro motivo rituale-religioso è quello degli Aztechi, per i quali tutto il mondo era periodicamente distrutto e rigenerato da un dio che ridava vita alle ossa dei defunti con il sangue, ed era questo il tipo di offerta che richiedeva. Oltre alla carne umana, s’intende. Si trattava di un’azione simbolica, mediante la quale si credeva di poter intervenire nel mondo del soprannaturale. Si era convinti, infatti, che il sacrificio di un uomo avesse come risultato che la vittima abbandonasse questo mondo ed entrasse in uno stadio intermedio tra il mondo reale e quello soprannaturale. Uccidendo la vittima con metodi cruenti, sempre seguendo un rituale, i sacrificatori pensavano che si liberasse una sorta di energia  capace di intercedere tra gli dei e gli uomini, per ottenere benefici personali o per la comunità. “Sì, ma il consumo della carne?”, direte. Beh, quello di cibarsi del corpo sarebbe solo un modo per evitare che l’anima tornasse sulla terra per compiere la sua vendetta. In Sudamerica ci sono prove dell’esistenza di un cannibalismo gastronomico. L’importanza di questo tipo di banchetti si trova nel fatto che contribuiva a rinsaldare i rapporti tra i partecipanti.
 
Altri ricercatori, invece, affermano che nei popoli più primitivi la carne umana sostituiva la mancanza di altri cibi. Semplicemente. In Australia le condizioni di estrema scarsezza di alimenti, diedero luogo a frequenti casi di endocannibalismo, nel quale le madri consumavano insieme ai loro figli il neonato che avevano appena dato alla luce. Endocannibalismo. Cosa significa? Si parla di endocannibalismo, quando si  “consumano” individui all’interno dello stesso gruppo. Ma esiste anche l’autocannibalismo, quando è rivolto al proprio corpo. Sì sì! Guardate che molti di voi praticano l’autocannibalismo e neppure lo sanno! Il mangiarsi le unghie è considerato autocannibalismo in quanto ci si mangia una parte del proprio corpo! Infine, esiste l’esocannibalismo, ovvero quando la carne consumata è di individui non facenti parte della propria comunità.

Niente, ancora nessun movimento sospetto. Vi racconto qualche altra cosa..

I Tupinamba, tribù del Brasile, fornivano un’altra spiegazione del cannibalismo: loro lo facevano unicamente per vendicarsi dei mali da loro subìti ad opera del nemico. E, si sa, dove c’è vendetta c’è violenza. Stiamo parlando dei più famosi cannibali esistiti. E nonostante siano ormai estinti da più di tre secoli, le testimonianze sulle loro usanze macabre sono le più valide e documentate. Le torture inflitte al nemico erano qualcosa di inaudito.. Alle vittime venivano bruciati gli occhi, venivano infilati nella gola e nel retto dei tizzoni ardenti, venivano spezzati loro i polsi e forate le orecchie utilizzando delle punte acuminate che gli venivano lasciate ficcate nella carne. Ognuna di queste pratiche era realizzata per poter dare il massimo del dolore lasciando la vittima in vita per il maggior tempo possibile; la sua uccisione dopo una notte di supplizi avveniva solamente all’alba con il taglio della testa. Una volta ammazzata la vittima, la tribù festeggiava per tutto il giorno con una serie di banchetti a base di carne del nemico. Robe simpatiche, insomma. Come vi ho detto prima, era tutto volto alla vendetta, una volta catturato il nemico. Non potevamo certo aspettarci un’efferatezza minore rispetto al cannibalismo rituale.

Posso raccontarvi una prassi dettagliata e curiosa legata al cannibalismo “da guerra”. Lo scopo principale della guerra era procurare i prigionieri, e a questo scopo, erano indette più volte all’anno incursioni nel territorio nemico. Una volta catturato un nemico questo veniva portato al villaggio, dove veniva preso ad insulti dalle donne e dai bambini e poi lo si faceva ballare insieme alle persone della comunità. Il rito sembrava volesse simboleggiare il passaggio da nemico ad amico. In effetti l’esecuzione e la consumazione del prigioniero poteva avvenire anche vent’anni dopo la cattura! Ma anche dopo un anno, eh.. Ed in questo lasso di tempo il prigioniero si poteva integrare completamente all’interno del villaggio, poteva prender donna ed avere figli. Ma terminato questo periodo, in cui il nemico veniva ospitato con tutti gli onori, essi cessavano di essere ospiti e tornavano ad essere nemici (con quel che ne consegue, sì..). 

Il prigioniero veniva preso e trascinato in una piazza piena di gente, dove veniva circondato da una serie di donne che lo insultavano ininterrottamente; nel frattempo, le donne più anziane con il volto ricoperto da una tintura nera, disponevano una serie di contenitori in cui sarebbe stato raccolto il sangue della vittima. Il boia, vestito con un lungo mantello fatto di piume ed armato di una pesantissima clava, si avvicinava alla povera vittima per spezzargli la schiena ed infine per dargli il colpo di grazia frantumandogli la testa. Il sangue della vittima, ancora caldo, era bevuto dalle anziane, mentre ai ragazzini del villaggio era concessa solo la possibilità di bagnarsi le mani e parte del corpo. Alle mamme del villaggio, infine, fu concessa la possibilità di bagnarsi i capezzoli, affinché anche i neonati potessero gustarne il sapore. Solo quando il sangue fosse sgorgato completamente,  il corpo sarebbe stato equamente sezionato e cotto, sotto gli occhi degli abitanti del villaggio, bramanti di carne umana e..

Ehi, ma dove state scappando! Ma che, mi lasciate sola soletta qui? Non fatemi gridare che non posso!
Tornate qui! Torn..
.. Ok ok, avete vinto voi. Voliamo in Italia!
Che ne dite, stasera, di una bella cena tutti insieme? Conosco una steak house che..
… Ehm, no. Stasera decisamente pizza.

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