Testo di Paolo Sensini
Qualche sera fa in una seguitissima
trasmissione radiofonica su Radio 24 il conduttore si è permesso di
ricordare che Maometto aveva sposato Āisha quando essa aveva appena
6 anni e il "Profeta" era già oltre i 50, vivendo con lui
fino alla sua morte. Non è un pettegolezzo, ma un'attestazione
storica riconosciuta da diversi hadith, cioè i fatti e i detti di
Maometto. Dunque, per i paramentri cultural-giudiziari della società
in cui viviamo, trattasi di pedofilia. Per avere ricordato al
pubblico in ascolto questo fatto incontestabile, riconosciuto
peraltro dalla tradizione islamica stessa, apriti cielo: sono
immediatamente piovute diverse telefonate di musulmani furiosi che
hanno minacciato il conduttore di "finire male, molto male",
"e che si sarebbe pentito amaramente di quello che aveva detto". Per farla breve ha ricevuto diverse intimidazioni di morte in diretta
radiofonica di cui sono stati testimoni svariate migliaia di
ascoltatori.
L'altro conduttore della trasmissione, un ebreo
"praticante" (ce ne sono molti che si dicono atei), il cui
ruolo mediatico è quello di fare da portavoce informale di tutti i
luoghi comuni della sinistra di lotta e di governo, invece di
condannare questi infami avvertimenti e stigmatizzare con fermezza
simili intemperanze verbali, si è messo a urlare istericamente
contro il suo collega dicendo che "queste cose non si debbono
nemmeno dire", che "ricordare tali circostanze della vita
di Maometto è un vero e proprio oltraggio all'islam", "chiunque
parli pubblicamente di tutto ciò è un deficente a cui non dovrebbe
essere permesso di discutere in pubblico", e ancora che "è
una vergogna dover ascoltare queste infamie sul Profeta". Il
tutto strillato con toni da ossesso.
Bene, chi ha un briciolo di
memoria ricorda bene la canea mediatica contro Berlusconi in quanto
presunto adescatore di minorenni su cui è stata imbastita dalla
sinistra la più grande campagna mediatica e giudiziaria degli ultimi
decenni e sull'onda della quale lo si è quasi costretto a rassegnare
le dimissioni da capo del governo. Ora però, anche solo a rammentare
un semplice fatto storico, si viene minacciati di morte in diretta
radiofonica senza che le stesse forze politiche condannino in alcun
modo un tale comportamento e la magistratura si muova per
rintracciare con rapidità i responsabili, com'era avvenuto in
precedenza per affermazioni radiofoniche molto meno gravi.
Si tratta
di una dissonanza psicologica che Orwell ha chiamato "bipensiero",
una sorta di sdoppiamento mentale in cui vale solo ciò che fa comodo
a chi detiene le leve del discorso dominante. Quindi le conclusioni
da trarre sono molto semplici: se già ora in Italia possono
succedere simili cose pur essendo gli islamici minoranza numerica e
al contempo, come pare, maggioranza sul piano culturale, non è
difficile immaginare cosa potrà accadere tra non molto quando i due
termini coincideranno. Gli esempi, del resto, già ci sono: basta
guardare l'Arabia Saudita e le feudo-monarchie del Golfo, dove si
paga con la vita anche la minima trasgressione alla shari'a, la legge
islamica. O anche, per rimanere in ambito europeo, ai quartieri di
grandi città come Londra, Parigi, Berlino, Bruxelles ecc., che di
fatto sono già diventati enclave extra-territoriali in cui detta
legge la polizia della shari'a. Chi pensa che da noi sarà diverso, e
sono in tanti a farlo, è solo un povero illuso.
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