sabato 29 ottobre 2016

Il mento arrotondato e altre storie


Il primo ad occuparsi di questo fenomeno peculiare fu Konrad Lorenz, che mise in evidenza come alcune caratteristiche somatiche mandassero dei segnali salvavita agli eventuali predatori. L’andatura goffa, gli occhi grandi e sproporzionati rispetto al corpo e, più potente di tutti, il mento arrotondato, fanno sì che i cuccioli, spesso ma non sempre, abbiano salva la vita quando si trovano al cospetto di un potenziale predatore. Si tratta di uno dei tanti stratagemmi che la natura mette in atto per salvaguardare le specie animali, insieme al mimetismo, alla fuga e ad altre tecniche di sopravvivenza. Questo spiega il personaggio di Mowgly, Victor il bambino lupo francese, Amala e Kamala le bambine gazzelle e tanti altri casi di bambini che invece di essere sbranati dai predatori della foresta sono stati accolti e allevati con il resto della prole legittima da lupi, orsi e, nel caso delle due sorelle indiane, addirittura gazzelle. Romolo e Remo restano, storicamente, gli esempi più eclatanti, sempre che la famosa Lupa di Roma non sia stata in realtà una prostituta, nello stesso modo in cui il lupo di San Francesco non sia stato in realtà un brigante.



Non sempre, dicevo, i segnali di richiesta di protezione funzionano. Infatti, fra i predatori della savana come leoni, ghepardi e leopardi, i cuccioli di gazzella sono fra le prede preferite, insieme agli individui adulti vecchi e malati. In tal caso, si tratta di selezione naturale. Nell’essere umano, che strutturalmente è un mammifero come tutti gli altri, funzionano gli stessi meccanismi. Siamo portati a risparmiare i cuccioli, sia nostri che di altre specie, senza saperne dare una spiegazione razionale. Banalmente si dice che i giovani, e in special modo i bambini, sono il futuro, come se fosse in gioco la sopravvivenza della nostra specie che, nei fatti, ha invece un’innaturale incremento fuori da ogni regola naturale, come se le bombe atomiche avessero un cuore e risparmiassero la vita dei bambini.

Volendo dividere i buoni dai cattivi, Hollywood ci fa vedere nel film “American sniper” gli scrupoli di quel cecchino americano che esitava a sparare a un bambino che aveva raccolto un bazooka, mentre i telegiornali ci fanno sapere che, viceversa, i terroristi non esitano a servirsi di bambini e bambine come kamikaze, oppure come scudi umani da tenere relegati sui tetti delle case, onde cautelarsi dai bombardamenti russi.

Coerentemente a ciò, quei terroristi chiamati macellatori, non si fanno scrupoli a uccidere agnelli e vitelli, analogamente ai loro colleghi che fanno indossare giubbotti esplosivi a bambini e bambine. Nel primo caso, l’utente medio approva e compra fettine di carne magra, nel secondo leva alti lamenti indignati, maledicendo la malvagità dei musulmani. Agnelli e vitelli, evidentemente, non hanno il mento abbastanza arrotondato, mentre i bambini soldato o quelli kamikaze, anche se non li si vede di persona, rappresentano pur sempre il “futuro dell’umanità”. Che poi, cosa ci fa pensare che il futuro sia diverso e migliore del presente o del passato? Solo una smisurata ingenuità e una malata immaginazione, suppongo.


Gli esperti di marketing, che con l’immaginazione ci lavorano, sanno che l’immagine di un bambino è uno strumento potente per convincere gli utenti, che in questo caso sono anche consumatori, ad agire in un determinato modo, cioè a favore degli interessi economici di chi, quegli esperti di marketing, ha ingaggiato. Lo abbiamo visto con il piccolo Ailan annegato sulle coste turche e con Omran, quel dignitoso bambino ricoperto di polvere, seduto all’interno di un’ambulanza, che veicolavano un messaggio a favore dell’accoglienza, il primo e di quanto siano cattivi i russi, il secondo. In questo caso, siamo totalmente all’interno della guerra psicologica attualmente in atto, preludio alla terza guerra mondiale.


Ma ad ingaggiare esperti di marketing sono più spesso multinazionali del cibo, degli aiuti umanitari e di altre forme di business. Si passa dalla domanda retorica dei vivisettori: “Su chi dobbiamo sperimentare, su un topo o su vostro figlio?”, alle foto dei bambini africani con i ventri gonfi, che in un primo momento suscitano compassione e sensi di colpa e successivamente fanno sì che il destinatario del messaggio metta mano al portafoglio. Istituzioni governative come l’UNICEF fanno largo uso di questa forma di propaganda commerciale e, piuttosto che pubblicare foto di bambini malnutriti, filone che sembra essersi ormai esaurito, preferiscono quelle di bambini sorridenti, che vanno ad unirsi a efficaci slogan del tipo: “La fabbrica del sorriso”. I soldi così accaparrati non aumenteranno di una virgola la voglia di sorridere dei bambini in oggetto, perché per sua natura il bambino è spensierato e sorridente, ma aumenteranno notevolmente il conto in banca di chi gestisce l’operazione. La Chiesa, in questo, è maestra, ma anche i laici come le varie associazioni fiancheggiatrici di BigPharma incarnano i classici allievi che hanno superato il maestro.


Cosa c’entra tutto questo discorso con il Madagascar? C’entra perché trattandosi di un metodo di pubblicità usato in tutto il mondo, che fa leva su pulsioni ancestrali, nell’ottobre del 2014 tre persone innocenti, un italiano, un francese e un malgascio, furono linciate dalla folla a Nosy Be, con l’accusa di traffico di organi, perché un bambino era stato trovato annegato vicino alla barca del francese ormeggiata nel porto. C’entra perché i milioni di euro e di dollari, frutto del buon cuore della gente (o della sua stupidità), si trasformano in lussuosi fuoristrada, con sulle fiancate il logo dell’UNICEF, e io li vedo viaggiare vuoti e senza una meta precisa da un capo all’altro della grande isola australe.



C’entra perché a Mangily hanno da poco costruito un lussuoso albergo con bungalow dotati di tutti i comfort, chiamato Hotel Solidaire e anche lì non mancano foto di bambini che in teoria dovrebbero essere i destinatari della solidarietà dei clienti. I prezzi sono alti, inaccessibili per me e l’unica volta in cui io e Tina, nel gennaio scorso, siamo andati a chiedere informazioni, abbiamo visto un gruppetto di ragazze vazaha che facevano il bagno in piscina, di quelle ragazze che partono con le migliori intenzioni di far giocare i bambini, di accudirli in qualche orfanotrofio, secondo le indicazioni fornite dall’associazione umanitaria di turno, e si ritrovano a fare la bella vita del turista, spesate dai genitori, se non addirittura dal denaro pubblico. 


Nell’area del Solidaire non mancava un fornito parco giochi con altalene e scivoli, nonché un intero scheletro di balena con tanto di didascalia e di foto su come era stato musealmente preparato. Penso che quella balena sia morta di morte naturale, trovata arenata sulle coste del Madagascar, anziché uccisa per mano umana e bisogna riconoscere che i tassidermisti hanno fatto un bel lavoro, ma anche i suoi cuccioli, benché non avessero gli occhi grandi, probabilmente avevano il mento arrotondato, cosa che non impedisce a giapponesi, norvegesi, danesi e inuit di farne periodiche stragi. Come detto in premessa, i segnali infantili di richiesta di protezione funzionano solo con animali dotati di compassione, ma gli uomini non sono fra questi.   

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