giovedì 20 ottobre 2016

Il futuro degli italiani è operaio



Come sempre le mie partecipazioni a programmi radio-televisivi destano stupore. È andata così anche l’altra sera a Nemo, su Rai 2. A gran voce gli amici dei social mi chiedono una sintesi del mio intervento. Eccolo. In sostanza ho risposto a una domanda, figlia di una delle tantissime considerazioni che affronto nel saggio, scritto con Mengoli, Il potere è noioso (Baldini & Castoldi 2016): perché il mondo sarà cinese? Il mondo sarà cinese perché ogni anno si laureano sette milioni di cinesi. Un numero enorme che supera tutta la popolazione di Veneto, Trentino e Friuli. Con quest’ultima generazione di ragazzi cinesi io ci lavoro e li frequento negli uffici del Mandarin di Shanghai e Hong Kong e posso compararli con i nostri dipendenti, loro coetanei, negli uffici di Milano, Lussemburgo e America e devo dire che sono davvero tosti. I cinesi che adesso noi in Italia, con miopia e provincialismo, vediamo come operai, saranno gli scienziati del futuro. Già oggi vanno in America e la conquistano. Perciò cominciamo seriamente a chiederci quale sarà il futuro dei ragazzi italiani quando avranno a che fare con una concorrenza così qualificata e determinata.



E per interpretare come sarà il futuro dei nostri ragazzi, vale la pena di analizzare come vedo il futuro dell’Italia. Il Belpaese avrà tre teste. Una composta dalle imprese eccellenti (come quelle del food, della ceramica o del packaging), capaci di esportare in tutto il mondo, molto vitali e in grado di assorbire manodopera italiana di buon livello. Un’altra testa sarà improntata sull’economia del nero: grandi imprese con migliaia di operai che lavoreranno anche per 400 euro di stipendio in nero e con titolari che saranno stranieri perché noi italiani non avremo più la “buccia” di gestire realtà del genere. E con le forze dell’ordine che non andranno più a fare visita a queste imprese perché preferiranno che quella forza lavoro resti a lavorare in nero per quattro soldi piuttosto che vederla per strada a delinquere. E la terza testa sarà quella dell’Italia criminale che dilagherà sempre di più.


Il ragazzo italiano, di fronte a un tale contesto, cosa può fare? Deve studiare seriamente materie scientifiche spendibili nel mercato del lavoro e magari emigrare; se emigra però deve studiare come un cinese, altrimenti all’estero non lo assume nessuno. In alternativa può imparare un mestiere pratico perché può essere commercializzato ovunque. Mi riferisco al cuoco (nessuno nel mondo dice no a un cuoco italiano), all’infermiere, all’idraulico o al pizzaiolo. Insomma, l’alternativa allo studio serio è imparare un mestiere concreto. Cento anni fa noi siamo emigrati in America per fare i manovali ma oggi nessuno assume più un italiano per fare lavori umili perché ci sono altre nazionalità che lavorano per pochi soldi con uno spirito di sacrificio che noi non siamo più in grado di sostenere. Mentre in Italia, per raggiungere i cinesi, si può investire in ricerca e sviluppo ma io ormai non credo più alle favole. Quarant’anni fa, quando ero all’università, dicevamo le stesse cose e non abbiamo mai fatto nulla per realizzarle e oggi abbiamo meno soldi di allora. Invece da noi è ancora possibile creare poli innovativi; ma vanno collegati con ecosistemi innovativi all’estero perché l’Italia ha perso massa critica per fare innovazione scientifica. Soprattutto, per il bene dei nostri figli, credo sia importante invertire questo ciclo di illegalità e cominciare ad avviare un serio processo di controllo del territorio, altrimenti diventiamo davvero il Messico d’Europa.


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