Fonte: The day after
Questa intervista, fatta
all’astrofisico russo Boris Rodionov, apparve sul quotidiano “La
Stampa” il giorno 30 gennaio 1998. I quesiti furono posti da
Giulietto Chiesa. Chissà perché non se ne parla più.
“Quando ho mostrato quelle foto agli
ingegneri che costruiscono i nostri oleodotti e gasdotti, la reazione è stata unanime: ma sono sistemi di oleodotti sotto una coltre di
ghiaccio. Non avevo detto loro da dove venivano quelle foto.
Pensarono che fossero foto da un satellite della Siberia, con
risoluzione di nove chilometri“. Boris Rodionov, professore di
micro e cosmofisica dell’Istituto Mifi (Ingegneria Fisica
dell’Università di Mosca), racconta la sua ”scoperta” con
aria divertita. Le foto sono quelle della sonda americana Galileo,
che sta ancora girando attorno a Giove, fotografando ad ogni
passaggio le lune del gigante del nostro sistema solare: Io, Europa,
Ganimede, Callisto. E quelle che hanno attirato l’attenzione di
Rodionov, e non solo la sua, mostrano la superficie di Europa.
“Strane, troppo strane per non far pensare – dice il professore
-.
Basta esaminarle con attenzione per escludere subito che si tratti
di fessure naturali, di incrinature di tipo geologico“. Rodionov
confuta in questo modo la tesi di molti planetologi, che interpretano
quei segni come fratture causate dalle forze di marea esercitate da
Giove: da queste fratture, secondo la tesi che Rodionov nega,
uscirebbe acqua allo stato liquido, che poi si rapprenderebbe
rapidamente. Quali altre ipotesi rimangono in piedi? “Due soltanto
– replica Rodionov – una tecnogenetica, l’altra biogenetica. La
seconda mi sembra fantastica, perché condurrebbe alla conclusione
che quell’intricata rete di tubi è il sistema circolatorio di un
essere vivente. La prima è da verificare, ovviamente, ma sta in
piedi: quelle straordinarie vie di comunicazione (uso termini
approssimativi per farmi capire) sono il prodotto di una civiltà.
Per giunta di una civiltà molto più evoluta della nostra“. Europa è una delle lune di Giove. Il suo diametro è all’incirca di
3000 chilometri, poco più piccola della nostra Luna, dunque. Non ha
quasi atmosfera. La sua superficie è coperta da una lastra di
ghiaccio che dovrebbe essere spessa fino a parecchie centinaia di
metri. E qui cominciano le stranezze notate dal professore russo.
La
prima è che le altre tre lune di Giove sono crivellate di crateri,
come lo è la nostra Luna, e anzi molto di più perché l’enormità di Giove è tale da attrarre un sacco di spazzatura
planetaria, centinaia di volte di più della Luna e della Terra
messe assieme. Europa invece presenta solo (nella parte coperta dalle
foto di Galileo) tre crateri grandi e nove piccoli. Non c’è spiegazione per questa differenza. Guardando meglio si vede che il
ghiaccio di Europa non è dappertutto maculato dagli urti di
milioni di meteoriti che, indubbiamente, colpiscono la superficie del
satellite come quella delle altre lune di Giove. Vi sono zone dove il
ghiaccio appare liscio e lucente. Come se venissero svolti in
continuazione “lavori di riparazione”. La fittissima rete di
condotte che emerge dalle foto, sebbene ricoperta dai ghiacci, è talmente regolare, con interconnessioni parallele del tutto
geometriche, da escludere il caso. Si tratta – dice Rodionov – di
tubi, o canali della lunghezza di centinaia di chilometri, di profili
diversi e diametri che possono arrivare a 200 metri, a più piani.
Che non si tagliano l’uno con l’altro ma si scavalcano. Sono
tunnel, autostrade, abitazioni, impianti industriali?
“Non lo
sappiamo, ma ripeto – dice Rodionov con calma olimpica – che
chiunque analizzi quelle foto concluderà che sono prodotti
artificiali“. Solo una civiltà molto antica ed evoluta, molto
più della nostra, può permettersi di vivere in quelle
condizioni. Le uniche possibili, del resto, perché solo sotto uno
spesso riparo di ghiaccio si può evitare il bombardamento dei
meteoriti e quello non meno esiziale della potente radioattività che
promana da Giove. Ma quelle “riparazioni” lascerebbero pensare
che quella civiltà è ancora in vita, non si è estinta. E’
così? Rodionov non esita a rispondere affermativamente. Sono io
che esito a porre la domanda successiva: ma allora come mai non hanno
mai tentato di uscire all’esterno? In fondo, penso, noi appena
abbiamo avuto i mezzi tecnici siamo andati fuori, nello spazio, dove
le condizioni non permettono la vita. E noi stiamo da sempre
interrogandoci sulla vita fuori dalla Terra. Boris Rodionov
interrompe la disquisizione: “Le foto dimostrano che loro escono
fuori, come lei dice. Quelle riparazioni sono fatte con acqua calda,
che esiste in abbondanza nelle viscere del satellite. In secondo
luogo, per quanto riguarda la loro curiosità…forse ci conoscono
già abbastanza...”.
Rodionov non ha l’aria di scherzare, crede
negli Ufo, evidentemente, ma non è questo il punto. Qui a Mosca,
nel suo istituto, sulla sua ipotesi nessuno ride o scherza. Nei
prossimi giorni un seminario speciale sarà dedicato alla sua
analisi. Rodionov ha inviato tre cartelline di spiegazione anche a
Edward Stone, direttore del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena e
ha ricevuto una risposta interlocutoria: la Nasa sta anch’essa
analizzando le foto e trova ”interessante” l’ipotesi dello
scienziato russo. Si può andare oltre, sulla base dei dati
esistenti? Rodionov ha un piano. Cercare di stabilire un contatto
laser. Sono già stati elaborati diversi linguaggi nell’eventualità
di un contatto. Siamo dentro il sistema solare e, quindi, in
condizioni molto vantaggiose. “Ma – aggiunge il professore russo
– il contatto potrebbe comunque non esserci. Ricordi le formiche.
Allora ci può servire moltissimo Galileo. Che ha ancora due anni
di vita. Ci saranno altre foto, in altri momenti, da altre
angolazioni. Potremo ottenere le carte in rilievo e confrontare le
eventuali variazioni alla superficie delle zone lucide. Cioè se vi
sono stati nel frattempo altri risanamenti delle ferite meteoriche.
Insomma, con opportune correzioni del programma scientifico di Galileo
potremmo ricavare un’immensa quantità di informazioni. Per ora
abbiamo foto di circa la metà di Europa. Potremo avere un quadro
più preciso di gran parte della sua superficie. Ma, in attesa di
tutto ciò, quello che già vediamo è sufficiente a concludere che
lassù c’è una vita intelligente“.
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