venerdì 14 ottobre 2016

I russi sono all'avanguardia negli studi ufologici



Questa intervista, fatta all’astrofisico russo Boris Rodionov, apparve sul quotidiano “La Stampa” il giorno 30 gennaio 1998. I quesiti furono posti da Giulietto Chiesa. Chissà perché non se ne parla più. 

“Quando ho mostrato quelle foto agli ingegneri che costruiscono i nostri oleodotti e gasdotti, la reazione è stata unanime: ma sono sistemi di oleodotti sotto una coltre di ghiaccio. Non avevo detto loro da dove venivano quelle foto. Pensarono che fossero foto da un satellite della Siberia, con risoluzione di nove chilometri“. Boris Rodionov, professore di micro e cosmofisica dell’Istituto Mifi (Ingegneria Fisica dell’Università di Mosca), racconta la sua ”scoperta” con aria divertita. Le foto sono quelle della sonda americana Galileo, che sta ancora girando attorno a Giove, fotografando ad ogni passaggio le lune del gigante del nostro sistema solare: Io, Europa, Ganimede, Callisto. E quelle che hanno attirato l’attenzione di Rodionov, e non solo la sua, mostrano la superficie di Europa. “Strane, troppo strane per non far pensare – dice il professore -. 



Basta esaminarle con attenzione per escludere subito che si tratti di fessure naturali, di incrinature di tipo geologico“. Rodionov confuta in questo modo la tesi di molti planetologi, che interpretano quei segni come fratture causate dalle forze di marea esercitate da Giove: da queste fratture, secondo la tesi che Rodionov nega, uscirebbe acqua allo stato liquido, che poi si rapprenderebbe rapidamente. Quali altre ipotesi rimangono in piedi? “Due soltanto – replica Rodionov – una tecnogenetica, l’altra biogenetica. La seconda mi sembra fantastica, perché condurrebbe alla conclusione che quell’intricata rete di tubi è il sistema circolatorio di un essere vivente. La prima è da verificare, ovviamente, ma sta in piedi: quelle straordinarie vie di comunicazione (uso termini approssimativi per farmi capire) sono il prodotto di una civiltà. Per giunta di una civiltà molto più evoluta della nostra“. Europa è una delle lune di Giove. Il suo diametro è all’incirca di 3000 chilometri, poco più piccola della nostra Luna, dunque. Non ha quasi atmosfera. La sua superficie è coperta da una lastra di ghiaccio che dovrebbe essere spessa fino a parecchie centinaia di metri. E qui cominciano le stranezze notate dal professore russo. 


La prima è che le altre tre lune di Giove sono crivellate di crateri, come lo è la nostra Luna, e anzi molto di più perché l’enormità di Giove è tale da attrarre un sacco di spazzatura planetaria, centinaia di volte di più della Luna e della Terra messe assieme. Europa invece presenta solo (nella parte coperta dalle foto di Galileo) tre crateri grandi e nove piccoli. Non c’è spiegazione per questa differenza. Guardando meglio si vede che il ghiaccio di Europa non è dappertutto maculato dagli urti di milioni di meteoriti che, indubbiamente, colpiscono la superficie del satellite come quella delle altre lune di Giove. Vi sono zone dove il ghiaccio appare liscio e lucente. Come se venissero svolti in continuazione “lavori di riparazione”. La fittissima rete di condotte che emerge dalle foto, sebbene ricoperta dai ghiacci, è talmente regolare, con interconnessioni parallele del tutto geometriche, da escludere il caso. Si tratta – dice Rodionov – di tubi, o canali della lunghezza di centinaia di chilometri, di profili diversi e diametri che possono arrivare a 200 metri, a più piani. Che non si tagliano l’uno con l’altro ma si scavalcano. Sono tunnel, autostrade, abitazioni, impianti industriali?


“Non lo sappiamo, ma ripeto – dice Rodionov con calma olimpica – che chiunque analizzi quelle foto concluderà che sono prodotti artificiali“. Solo una civiltà molto antica ed evoluta, molto più della nostra, può permettersi di vivere in quelle condizioni. Le uniche possibili, del resto, perché solo sotto uno spesso riparo di ghiaccio si può evitare il bombardamento dei meteoriti e quello non meno esiziale della potente radioattività che promana da Giove. Ma quelle “riparazioni” lascerebbero pensare che quella civiltà è ancora in vita, non si è estinta. E’ così? Rodionov non esita a rispondere affermativamente. Sono io che esito a porre la domanda successiva: ma allora come mai non hanno mai tentato di uscire all’esterno? In fondo, penso, noi appena abbiamo avuto i mezzi tecnici siamo andati fuori, nello spazio, dove le condizioni non permettono la vita. E noi stiamo da sempre interrogandoci sulla vita fuori dalla Terra. Boris Rodionov interrompe la disquisizione: “Le foto dimostrano che loro escono fuori, come lei dice. Quelle riparazioni sono fatte con acqua calda, che esiste in abbondanza nelle viscere del satellite. In secondo luogo, per quanto riguarda la loro curiosità…forse ci conoscono già abbastanza...”. 


Rodionov non ha l’aria di scherzare, crede negli Ufo, evidentemente, ma non è questo il punto. Qui a Mosca, nel suo istituto, sulla sua ipotesi nessuno ride o scherza. Nei prossimi giorni un seminario speciale sarà dedicato alla sua analisi. Rodionov ha inviato tre cartelline di spiegazione anche a Edward Stone, direttore del Jet Propulsion Laboratory di Pasadena e ha ricevuto una risposta interlocutoria: la Nasa sta anch’essa analizzando le foto e trova ”interessante” l’ipotesi dello scienziato russo. Si può andare oltre, sulla base dei dati esistenti? Rodionov ha un piano. Cercare di stabilire un contatto laser. Sono già stati elaborati diversi linguaggi nell’eventualità di un contatto. Siamo dentro il sistema solare e, quindi, in condizioni molto vantaggiose. “Ma – aggiunge il professore russo – il contatto potrebbe comunque non esserci. Ricordi le formiche. Allora ci può servire moltissimo Galileo. Che ha ancora due anni di vita. Ci saranno altre foto, in altri momenti, da altre angolazioni. Potremo ottenere le carte in rilievo e confrontare le eventuali variazioni alla superficie delle zone lucide. Cioè se vi sono stati nel frattempo altri risanamenti delle ferite meteoriche. Insomma, con opportune correzioni del programma scientifico di Galileo potremmo ricavare un’immensa quantità di informazioni. Per ora abbiamo foto di circa la metà di Europa. Potremo avere un quadro più preciso di gran parte della sua superficie. Ma, in attesa di tutto ciò, quello che già vediamo è sufficiente a concludere che lassù c’è una vita intelligente“.



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