Nelle mie reminiscenze scolastiche, se non ricordo male, fu Manzoni a parlare del turbamento a cui sono indotte le vittime, tanto grave quanto la colpa stessa dei loro carnefici. Ebbene, io sono turbato, ma lo sono senza carnefici apparenti. Potrei fregarmene e lasciare che ciascuno frigga nel suo olio o sguazzi nel suo brodo, ma l’empatia di cui credo d'essere dotato me lo impedisce.
Il primo motivo per cui sono turbato è che non so se continuare a parlare di questo problema o se far finta di niente. Il problema è: due uomini adulti che si odiano, ma non dall’altra parte del mondo, bensì qui, sul web, sul virtuale, e benché io non li abbia mai conosciuti di persona, interagiscono con me e io con loro. Sono pertanto reali e mi sento di fare da paciere fra i due, ammesso che un tale obiettivo sia possibile o anche solo che un ruolo del genere sia concepibile.
E questo è il secondo motivo di turbamento per me: sono io degno di fungere da paciere? Ho qualche merito in proposito che me ne dia l’autorità? Non so rispondere a questa domanda, e nemmeno a quella precedente. Il che mi mette in uno stato confusionale.
Il terzo motivo per cui sono turbato è: Voltaire ha detto una cazzata o una cosa sensata? Ha senso permettere all’interlocutore di esprimere concetti contrari al nostro modo di pensare? Tutto, ma proprio tutto, ciò che gli interlocutori affermano può essere accettato senza una reazione fisiologica di disgusto da parte nostra? Nella fattispecie, si tratta del conflitto tra Israele e Palestina. Ma tante volte, guardando retrospettivamente la mia vita, mi vedo ad odiare chi fa del male agli animali, vittime storiche per eccellenza, ruolo che oggi senza alcun dubbio è coperto dai palestinesi. In passato io ho odiato a morte molte categorie di uomini: sbirri, cacciatori, circensi, vivisettori, pellicciai, macellai e, a volte, anche semplici consumatori di carne. Tutti loro, in diverse occasioni, sono stati da me odiati e di tutti avrei voluto la morte. O almeno una qualche punizione. Sono diverso oggi? Sono cambiato? E, se sì, in meglio o in peggio? In bene o in male? Anche questo mi turba perché anche a queste domande non so rispondere.
In definitiva, sono io diverso dal signor Riccardo Pellegrino che continua, reiteratamente, a riversare il suo odio sul professor Pietro Melis, come se quest’ultimo facesse parte della Knesset e avesse dato ordine all’esercito israeliano di distruggere Gaza? Faccio sapere al signor Pellegrino che sui social, Facebook e Twitter, le persone schieratesi dalla parte degli israeliani pullulano: le si dovrebbe ricoprire di insulti? A volte succede, anche per questioni di minore importanza. Sui social a volte sembra che l’insulto reciproco sia l’anima stessa dei social. Sembrano fatti apposta per quello. E anche questo è motivo di turbamento, ma io evito di cadere in tale gorgo. Ho imparato a tenermene alla larga. Forse il signor Pellegrino dovrebbe fare la stessa cosa, cioè imparare a non insultare? Del resto, una delle regole della Netiquette è proprio quella: non si deve insultare gli altri utenti, se no non se ne esce più.
Indipendentemente da ciò che pensava Voltaire, sono convinto che la tolleranza sia buona cosa, ma ad essere tolleranti nei confronti del male non si diventa, ipso facto, complici di quel male? Non è che forse il signor Pellegrino semplicemente non vuole diventare complice del male causato dagli israeliani in questi giorni? Anche a questa domanda non saprei rispondere e la mia confusione aumenta vieppiù. Inoltre, si può parlare di infantilismo in questa particolare vicenda, nella quale mio malgrado mi sono trovato invischiato? Dovrei per caso esercitare un sano egoismo e lasciare che i due contendenti se la sbrighino da soli? Quante sono le domande che questo duello virtuale ha generato in me fino a questo momento? Non le ho contate.
Se ora invitassi i due belligeranti virtuali a un cessate il fuoco, verrei ascoltato? Siamo tutti d’accordo che se il professore vuole essere rispettato, come minimo deve egli stesso smettere di insultare gli utenti che non la pensano come lui, cioè deve mostrare, magari a denti stretti, quel rispetto che pretende per sé. Io la penso così, e più di così non saprei cosa aggiungere. Insomma, vogliamo deporre le armi una buona volta? Vorrei che questo mio articolo fosse l’ultimo che scrivo su questa triste storia di due adulti che litigano per motivi ideologici. C’è della nobiltà in entrambi, anche se l’uno non vede quella dell’altro. Se i due soggetti, viceversa, non intendono “mollare la presa”, posso chiedere loro gentilmente d’essere lasciato in pace? Vorrei uscire da questo stato di turbamento in cui mi state coinvolgendo: chiedo troppo?
Purtroppo vale il detto che chi semina vento, eccetera.
RispondiEliminaSe l'interlocutore si pone nella misura di dare risposte di un certo tipo, non tutti hanno l'aureola di santità di porgere la guancia e incassare con aplomb, io ad esempio non l'avrei...
Poniamo il caso che tu, Free, un giorno mi risponda che devo andare a farmi inc... da un asino, o da una capra, non credo che ti porgerei una rosa o un mazzetto di lillà.
Luigi S.
Qualche anno fa sono stato subissato di insulti su Twitter. Ad insultarmi ferocemente erano gli LGBT e l'accusa più pacifica era che fossi un omofobo.
EliminaDa quella volta, evito di commentare quando ci sono LGBT in giro, perché non vorrei ripetere quell'esperienza.
Credo dipenda dall'odio che quella categoria di persone ha accumulato nei secoli.
Nei paesi musulmani non farebbero in tempo perché li buttano giù dai palazzi e quando sono a terra li lapidano per finirli.
Non sanno la fortuna che hanno a vivere nel laico Occidente.
Se me la prendo con certa politica e non con qualche commentatore nessun commentatore deve permettersi di insultarmi. Altrimenti polizia postale con l'insultatore
RispondiEliminaImmagino che questo commento non firmato sia del professor Melis.
EliminaIn tal caso, ribadisco che se non si vuole essere insultati, bisogna astenersi dal fare la stessa cosa, altrimenti l'interlocutore risponde, di norma, in modo simmetrico.