venerdì 12 luglio 2013

Caso Moro: un'ipotesi originale



Testo di Fabrizio Belloni


In questi giorni si sta rievocando sui media il “caso Moro”. Si ricorda cioè il rapimento e l’uccisione del leader della DC, ufficialmente rapito ed assassinato dalle “Brigate Rosse”.
Non mi ha mai convinto la versione ufficiale. Né tutto il polverone, i depistaggi, le balle spaziali, le carriere esplose o finite del sottobosco di potere che si agitò in quel periodo. E dopo.
E mi sono fatta un’idea mia. Assolutamente pazza e fuori dal coro. Ma che alla mia zucca ha il pregio di stare in piedi. Oltretutto ha una logica.
Vediamo un po’.


Aldo Moro è la testa pensante della D.C. Ed ha un progetto: aggregare il P.C.I. nella gestione del potere. Per due motivi essenziali: “fagocitarlo” politicamente e avviare una democrazia dell’alternativa che l’osservanza sovietica dei trinariciuti impediva. Non sto a dare giudizi di valore: ognuno la pensi come vuole.
Però il P.C.I. era forte sostenitore di Assad, il dittatore della Siria, padre dell’attuale leader siriano, fortemente sostenuto dall’U.R.S.S..
La Siria era uno dei maggiori nemici di Israele, col quale già aveva fatto guerre e guerricciole.
Il premier di Israele era Rabin, antico terrorista durante il pasticciaccio della creazione dello stato ebreo.

Rabin quindi non vedeva di buon occhio l’ascesa del P.C.I. nella gestione del potere, visti anche i buoni rapporti con gli arabi che da sempre ha avuto l’Italia, fino ad arrivare a Mussolini, la Spada dell’Islam.
Quindi Rabin si rivolge ad un altro ebreo, Kissinger, allora Segretario di Stato USA (ministro degli esteri), potentissimo personaggio, che molti hanno definito “criminale”.

Kissinger chiama Moro a Washington e gli dà una lavata di testa memorabile. Tanto che al ritorno Aldo Moro ha un attacco di cuore, e lo curano due cardiologi (ricordate questo particolare, vedremo poi).
Però Moro va avanti nel suo progetto catto-comunista.
Ed allora i padroni israelo-americani decidono di intervenire: eliminare Moro, utilizzando i sicuri lacché presenti nel governo: Andreotti e Cossiga, da sempre filo (leggi: servi) USA.

E chi deve fare il lavoro sporco?

Degli Italiani e dei Servizi italiani non c’è, al solito, da fidarsi.
Ed ecco tornare utile un ambiguo e micidiale personaggio, quel terrorista Carlos, che non si sa mai da che parte stia.
A Parigi c’è una sede dei Servizi yankee, ove si accentra, passa, viene smistato il fior fiore del terrorismo mondiale al soldo verde. Detto fatto, comincia l’organizzazione. Però necessitano basisti e collaboratori indigeni. E chi meglio delle “Brigate Rosse”: un viaggio, due servizi. Magari con qualche annesso, vero?

Gli yankee, mercenari degli ebrei, quindi vestono da aviere un po’ di esaltati pseudo rivoluzionari italiani, dei veri saltastrada, che mai avrebbero potuto da soli portare a termine la faccenda. Servono da copertura, da gruppo che fa baccano e soprattutto da capri espiatori. Se voi doveste fare un attentato, la fuga sarebbe coperta dall’anonimato, giusto? Mai vi vestireste da pompiere, da crocerossina, da aviere, da alpino….. Troppo identificabile. Ergo, il travestimento da aviere doveva servire al depistaggio durante e dopo.

Il lavoro vero lo fa Carlos, magari con qualche ….”rinforzo”, vero?
E rapiscono Moro, massacrano la scorta.
E qui comincia il solito melodrammone italiano.
Ci si immergono tutti: Servizi, politica, Militari, Media, Vaticano, americani, inglesi, e ovviamente P2, Gladio, imbroglioni, sciacalli, iene….. La corte dei miracoli.

Moro stupido non lo è, né lo è mai stato. In una lettera alla moglie, dà la chiave di lettura della sua odissea. Ha detto di mettere in pre-allarme quei due medici cardiologi che lo avevano curato al rientro dal colloquio con Kissinger. Non aveva senso, se non dire alla moglie per colpa di chi si trovava prigioniero.
Probabilmente lo Stato Italiano lo sapeva, ma doveva anche ubbidire. E Moro fu lasciato al suo destino.

Vi do alcuni fatti, poco o nulla riportati dai media:

Non è vero che la 128 della scorta tamponò la macchina di Moro, per distrarre la scorta. C’erano almeno 20 cm di distanza.
Delle cinque borse che Moro aveva con sé, i rapitori presero a colpo sicuro solo le due con i documenti; le altre tre, con gli elaborati degli studenti universitari del politico furono lasciati sul luogo.
Il rapimento avvenne in tarda mattinata, ma dalle nove e mezza un alto ufficiale dei Servizi Italiani stazionava alla fermata d’autobus vicina. Spiegazione: “devo andare a pranzo all’una da un amico”.
Il primo memoriale che Moro manda dalla prigionia viene definito irrilevante. Non lo era. Ne presero visione due persone: il Generale Dalla Chiesa ed il giornalista Pecorelli. Entrambi morti ammazzati. Curioso, vero?
Fu data ad un giornalista P2, Maurizio Costanzo, la supervisione di come tutta la storia avrebbe dovuto essere portata alla pubblica opinione. Da quel momento il giornalista comincia una carriera galoppante.
I Nocs ed altri Reparti Speciali volevano e potevano intervenire per la liberazione, ma l’ordine era che il politico doveva morire. Oramai sapeva troppo e troppi erano immischiati. Neppure il tentativo del Vaticano di pagare un riscatto riuscì a fermare la “ragion di stato” (israeliana, soprattutto).
Chiedetevi perché la famiglia non volle nessuna autorità ai funerali. Anche lo stomaco ha le
sue leggi, vivaddio.

Poi si sollevò, ho detto, il solito polverone italiota.  Tutti contro tutti, e ciascuno che sciacalleggia pro domo sua. Uno spettacolo miserando, squallido, ove iene e sciacalli fanno la figura di lupi e leoni, al confronto.

Ecco, io la penso così.

Sono maligno, sarò anche un po’ matto. Ma tutto il resto, tutta l’ufficialità mi sembra faccia acqua da ogni parte.
Invece l’intromissione israeliana la ritroveremo ancora, purtroppo. Nell’affare di Ustica, per parlare chiaro.

Fabrizio Belloni



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