Fonte:
Voce Universale
Dall’eccezione
alla regola. Avevano detto che le modalità di salvataggio di Cipro non si
sarebbero ripetute, ed invece è stata creata un’apposita normativa che nella
pratica consente agli Stati dell’Eurozona di ripercorrere esattamente la stessa
strada.
Lo
aveva preannunciato il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, per poi
smentire di getto a causa del panico diffusosi in tutta Europa. Ma era buona la
prima: Cipro è diventato un modello.
In
settimana è stato firmato l’accordo. Da adesso in poi prima che uno Stato
intervenga a salvare una banca, il prezzo sarà pagato dai correntisti e dagli
investitori e, in molti casi, sarà molto, molto alto.
Sono
in molti a pensare che le parole “fallimento ordinato” nascondano in realtà la
volontà di codificare a livello comunitario il ben più famoso prelievo forzoso
che anche l’Italia ha sperimentato nell’ormai celeberrimo caso del 1992.
L’accordo
siglato nella notte tra giovedì e venerdì dall’Ecofin, il Consiglio di Economia
e Finanza, si basa appunto sul meccanismo di salvataggio messo in atto a Cipro
per evitare il fantasma default.
Dal
bail out, il sistema mediante il quale è lo Stato, in caso di falle, a farsi
carico della copertura, si passa al bail in, il meccanismo che invece coinvolge
in prima battuta i privati (e i loro soldi) e poi, eventualmente, i Governi.
Chi
paga?
In
caso di default di un istituto di
credito i primi a pagare saranno gli azionisti, seguiti dagli obbligazionisti
meno assicurati (le obbligazioni subordinate verranno coinvolte nel pagamento)
e dai depositi bancari superiori ai 100mila euro, mentre quelli inferiori
rimangono garantiti mediante una direttiva europea.
Chi
non paga?
Risparmiati
dal “prelievo forzoso” saranno invece i possessori di obbligazioni garantite
(le ordinarie sono escluse), pensioni e salari dei dipendenti.
Ogni
Governo potrà poi decidere se escludere (parzialmente o totalmente) altri
soggetti dalla partecipazione al fallimento ordinato.
Quando
interviene lo Stato? L’accordo prevede che il Governo intervenga a salvare la
banca utilizzando il denaro pubblico solo dopo che azionisti e creditori
avranno pagato l’8% delle passività totali dell’istituto. Ogni Stato dovrà poi
costruire un fondo nazionale che in 10 anni dovrà raggiungere un livello pari
ad almeno lo 0,8% dei depositi garantiti non dalle singole banche, ma da tutte
le istituzioni creditizie della Nazione, utilizzandolo per il 5% degli attivi.
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