domenica 14 luglio 2013

Cipro ha fatto scuola




Dall’eccezione alla regola. Avevano detto che le modalità di salvataggio di Cipro non si sarebbero ripetute, ed invece è stata creata un’apposita normativa che nella pratica consente agli Stati dell’Eurozona di ripercorrere esattamente la stessa strada.

Lo aveva preannunciato il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, per poi smentire di getto a causa del panico diffusosi in tutta Europa. Ma era buona la prima: Cipro è diventato un modello.
In settimana è stato firmato l’accordo. Da adesso in poi prima che uno Stato intervenga a salvare una banca, il prezzo sarà pagato dai correntisti e dagli investitori e, in molti casi, sarà molto, molto alto.


Sono in molti a pensare che le parole “fallimento ordinato” nascondano in realtà la volontà di codificare a livello comunitario il ben più famoso prelievo forzoso che anche l’Italia ha sperimentato nell’ormai celeberrimo caso del 1992.

L’accordo siglato nella notte tra giovedì e venerdì dall’Ecofin, il Consiglio di Economia e Finanza, si basa appunto sul meccanismo di salvataggio messo in atto a Cipro per evitare il fantasma default.

Dal bail out, il sistema mediante il quale è lo Stato, in caso di falle, a farsi carico della copertura, si passa al bail in, il meccanismo che invece coinvolge in prima battuta i privati (e i loro soldi) e poi, eventualmente, i Governi.

Chi paga?
In caso di default di un istituto di credito i primi a pagare saranno gli azionisti, seguiti dagli obbligazionisti meno assicurati (le obbligazioni subordinate verranno coinvolte nel pagamento) e dai depositi bancari superiori ai 100mila euro, mentre quelli inferiori rimangono garantiti mediante una direttiva europea.

Chi non paga?
Risparmiati dal “prelievo forzoso” saranno invece i possessori di obbligazioni garantite (le ordinarie sono escluse), pensioni e salari dei dipendenti.

Ogni Governo potrà poi decidere se escludere (parzialmente o totalmente) altri soggetti dalla partecipazione al fallimento ordinato.

Quando interviene lo Stato? L’accordo prevede che il Governo intervenga a salvare la banca utilizzando il denaro pubblico solo dopo che azionisti e creditori avranno pagato l’8% delle passività totali dell’istituto. Ogni Stato dovrà poi costruire un fondo nazionale che in 10 anni dovrà raggiungere un livello pari ad almeno lo 0,8% dei depositi garantiti non dalle singole banche, ma da tutte le istituzioni creditizie della Nazione, utilizzandolo per il 5% degli attivi.

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