Fonte:
Il Fatto Alimentare
Testo
di Roberto La Pira
Pochi
giorni fa il Corpo forestale dello stato ha sequestrato più di 17.000
confezioni di farmaci veterinari per un valore complessivo di 2,5 milioni di
euro. I medicinali erano destinati a bovini e suini. La banda era composta da
farmacisti, allevatori, grossisti e veterinari attivi in Lombardia, Veneto,
Piemonte ed Emilia Romagna, coordinati da un grossista specializzato nella
rivendita di farmaci veterinari.
L’operazione
merita una certa attenzione per l’ampiezza dell’area d’azione e il numero di
persone coinvolte nel traffico clandestino. Le autorità hanno condotto 101
perquisizioni per un totale di 65 persone indagate. Il trucco era semplice, un
gruppo di allevatori compiacenti acquistava farmaci in quantità superiore a
quello somministrato realmente agli animali e le dosi in eccesso venivano
utilizzate per il mercato clandestino.
Il
15% dei capi bovini sono trattati con farmaci illegali (dati diramati da un centro
specializzato istituito dal Ministero della salute).
La
vicenda è grave sia perché si tratta di grossi numeri sia perché il problema
dell’uso di sostanze illecite negli allevamenti, come cortisonici, ormoni ed
antibiotici, non è ancora stato risolto negli ultimi 40 anni. La notizia non ha
avuto il risalto che merita sui mezzi di comunicazione quali giornali e siti
internet, anche se stiamo parlando potenzialmente di migliaia di capi trattati
in modo fraudolento e non più identificabili coi controlli di routine. In
questa situazione carne, latte e
formaggi possono tranquillamente
arrivare sul mercato e essere distribuiti
ai consumatori attraverso
macellerie, supermercati, o la
ristorazione.
Poche
settimane fa Il Fatto Alimentare ha denunciato l’esistenza del 15% dei capi
bovini trattati con farmaci e medicinali illegali per aumentare la massa
muscolare, riprendendo i dati diffusi da un centro specializzato, istituito dal
Ministero della Salute.
Tuttavia, di fronte a questi numeri nessuno ha detto niente. Le
associazioni di categoria e quelle degli allevatori non hanno preso posizione e
non hanno diramato comunicati. Assocarni brilla per l’assenza e anche altre
associazioni legate al mondo agreste, sempre solerti nel segnalare le frodi
alimentari non hanno detto nulla. Come mai? Perchè questo silenzio assordante?
Perché quando si parla di carne,
ormoni e anabolizzanti in Italia le notizie trovano poco riscontro sui media?
Abbiamo chiesto ai soggetti interessati di rispondere a questi interrogativi.
Secondo
Uniceb “questi avvenimenti non devono in nessun caso porre ombre sul sistema di
allevamento italiano che è composto da migliaia di operatori seri…”
Per
il momento ci ha scritto solo Uniceb sostenendo che “purtroppo, le mele marce
esistono in tutti i campi ed in tutti i settori e questi episodi dovrebbero
servire soprattutto per far emergere chi lavora correttamente piuttosto che
essere utilizzati come scoop per
demonizzare degli interi comparti produttivi”.
Ci
sembrano motivazioni deboli, per episodi che non coinvolgono un gruppo
ristretto di allevatori, ma lasciano ipotizzare l’esistenza di tanti operatori
abituati a trattare migliaia di
capi con farmaci illegali.
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