mercoledì 1 aprile 2015

Bergoglio contraddice i suoi predecessori, alla faccia dell'infallibilità papale




CITTA' DEL VATICANO - «Mentre nelle altre creature, che non sono chiamate all'eternità, la morte significa soltanto la fine dell'esistenza sulla terra, in noi il peccato crea una voragine che rischia di inghiottirci per sempre, se il Padre che è nei cieli non ci tende la sua mano». Queste parole severe, che contraddicono le «aperture» di Paolo VI sulla possibilità che anche gli animali vadano in Paradiso, Benedetto XVI le ha pronunciate nella Cappella Sistina, proprio accanto allo straordinario affresco michelangiolesco del Giudizio Universale. E lo ha fatto nell'omelia di una messa destinata ad essere ricordata a lungo: dopo 40 anni, per la prima volta, infatti, un Papa ha celebrato con le spalle ai fedeli.

 
GLI ANIMALI E LA MORTE - Prima di impartire il battesimo a 13 bambini, come avviene ogni anno seguendo una tradizione inaugurata da Giovanni Paolo II, il Papa teologo ha letto la sua omelia da un trono collocato sulla parete di destra e non al centro della Cappella Sistina, evocando più volte il tema della morte. Che per gli animali, appunto, non sarebbe da considerare come il possibile inizio della vita eterna.
 
I PRECEDENTI - Sulla possibilità che anche gli animali potessero accedere alla vita eterna Paolo VI disse in una parrocchia romana che «un giorno rivedremo i nostri animali nell'eternità di Cristo». E in un discorso rivolto ai medici Veterinari espresse gratitudine «per le cura prestate agli animali, anch'essi creature di Dio, che nella loro muta sofferenza sono un segno dell'universale stigma del peccato e dell'universale attesa della redenzione finale, secondo le misteriose parole dell'apostolo Paolo». Giovanni Paolo II nel 1990 ricordò invece che «la Genesi ci mostra Dio che soffia sull'uomo il suo alito di vita. C'è dunque - disse - un soffio, uno spirito che assomiglia al soffio e allo spirito di Dio. Gli animali non ne sono privi».

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