Fonte: Io dubito
A Tokyo, i ricercatori
hanno messo a punto una tecnica chiamata EUFI – incubazione fetale
extrauterina. Hanno così creato la vita senza la necessità di usare
una donna. Usando dei feti di capra, hanno poi collegato attraverso
dei cateteri il sistema venoso e creando la camera amniotica presente
all’interno della donna. I Ricercatori hanno utilizzato dei feti di
capra, cateteri filettati attraverso grandi vasi nel cordone
ombelicale e fornito, ai feti, sangue ossigenato mentre erano sospesi
in incubatrici contenenti liquido amniotico artificiale riscaldato
alla temperatura corporea adatta e modificata man mano.
Forse tra 10
anni avremo la possibilità di far nascere bambini da uteri di
animali, o addirittura da uteri completamente artificiali. Se credete
che l’utero in affitto sia l’ultimo stadio della rivoluzione
biotecnologica che potrebbe sconvolgere per sempre la società umana
– figli con due padri, due madri, due madri e due padri, quattro
madri, etc. – distaccando definitivamente la sessualità dalla
riproduzione, beh, cari lettori, vi sbagliate di grosso. La battaglia
prossima, in questo diabolico atto di disumanizzazione, è quella di
separare per sempre i bambini dal grembo materno, cioè dalle viscere
femminili e crescerli in laboratorio!
Nel 1997, in un articolo per
la rivista LGBT The Advocate, il neuroscienziato gay Simon LeVay ha
scritto parole molto precise sulla gestazione interspecifica o
xenogravidanza: «Certo, vedo la clonazione come un beneficio per i
gay e anche la xenogravidanza (far partorire un feto umano da
una specie differente) potrebbe essere di enorme beneficio,
specialmente per le coppie di maschi gay, che attualmente devono
pagare $40.000 o più per avere un bambino da una surrogata umana.
L’idea ti rivolta, ma perché? Sceglierei senza problemi l’utero
di un sobrio, non-drogato, non-fumatore maiale invece di un normale
ambiente naturale». Avete letto bene: far partorire bambini dai
maiali – che non fumano, non bevono, non si drogano quindi sono più
“sani” delle gestanti – dopo aver impiantato in essi embrioni
di uomo.
Bologna fu il primo
centro di questo tipo di ricerca. Nel 1987 il dottor Carlo Flamigni,
con il suo collaboratore riminese Carlo Bulletti (che è ancora oggi
particolarmente attivo nella promozione della ricerca sugli uteri
artificiali), impiantò un embrione umano – cioè, una persona –
in un utero asportato e tenuto vivo artificialmente. Era l’alba
della riproduzione ectogenetica, la «produzione» di bambini al di
fuori del corpo umano. L’embrione, a quanto si racconta,
«attecchì»; Flamigni, preoccupato dei contraccolpi politici,
interruppe l’esperimento, anche se ora se ne pente: «Mi è mancato
il coraggio e oggi me ne pento. Anche perché avevamo ottenuto
qualcosa di straordinario. A Bologna, a quell’epoca stavamo facendo
davvero ricerca d’avanguardia; quando si mette le mani sopra questa
merce rara, non si deve abbandonare» (Corriere della Sera, 20
settembre 2010).
Quindici anni dopo, è una ricercatrice sino-americana della Cornell University (New York) la dottoressa Hung Ching-Liu, a compiere il grande passo: lavorando sulle cellule dell’endometrio (il tessuto interno all’utero), ottiene la nascita al di fuori del corpo materno di un topo da laboratorio, il quale però viene al mondo con non pochi difetti. Parallelamente, a Tokyo, il dottor Yoshinori Kuwabara della Juntendo University lavora ad un utero completamente artificiale – senza cioè uso di tessuti biologici – ottenendo notevoli risultati: nel suo embrio-incubatore, riesce a preservare lo sviluppo di un cucciolo di capra per tre settimane. Si dice che questa tecnologia potrebbe essere disponibile per gli umani tra 10 anni. La cosa, insomma, è decisamente destinata a divenire concreta.
Quindici anni dopo, è una ricercatrice sino-americana della Cornell University (New York) la dottoressa Hung Ching-Liu, a compiere il grande passo: lavorando sulle cellule dell’endometrio (il tessuto interno all’utero), ottiene la nascita al di fuori del corpo materno di un topo da laboratorio, il quale però viene al mondo con non pochi difetti. Parallelamente, a Tokyo, il dottor Yoshinori Kuwabara della Juntendo University lavora ad un utero completamente artificiale – senza cioè uso di tessuti biologici – ottenendo notevoli risultati: nel suo embrio-incubatore, riesce a preservare lo sviluppo di un cucciolo di capra per tre settimane. Si dice che questa tecnologia potrebbe essere disponibile per gli umani tra 10 anni. La cosa, insomma, è decisamente destinata a divenire concreta.
a me me parono matti ! Anzi psicopatici, narcisi della merdella.
RispondiEliminaMonia
pensavo la stessa cosa di te... i tuoi commenti ne sono testimonianza in questo blog...
EliminaL' embrione artificiale e' la logica conseguenza dell' accettazione di rapporti extranaturali fra appartenenti allo stesso sesso , della legittimazione giuridica di tali rapporti e derisione di chi si dichiara contro ... in poche parole : volete i culattoni? Adesso ve li tenete con tutte le conseguenze ... e non siamo che all' inizio
RispondiEliminaGuido Ceronetti diceva: "Il nostro scopo nella vita è morire. Che ci facciano lavorare una buona volta!".
EliminaTroppo pessimistica?
A proposito di Decrescita delle Nascite (Aurelio Peccei) e di imbonimento delle masse nel Nuovo Ordine Mondiale: http://m.youtube.com/watch?v=-KdRnRi4-jM Per la regia di...George Orwell!! Billy Pagàno The Kid
RispondiEliminaChe emozione! Che eggregora!
EliminaDi solito i giapponesi sono compiti e compassati.
Ma cosa è successo a quelle ragazzine?
Hanno visto il loro Dio in Terra, il loro Caro Leader! Billy pagano The Kid
Elimina