Fonte: Il Fatto Quotidiano
“Non è facile
lasciare tutto e ricominciare. Purtroppo non abbiamo deciso noi
di partire, ma è l’Italia a non fare nulla per trattenerci”.
Un meccanismo ormai noto che porta i giovani a
formarsi in Italia, a non trovare un altrettanto valido
collegamento tra università e mondo del lavoro. “Inoltre, la
nostra è una protesta contro lo stato italiano, una specie
di guerra culturale”. “Infatti, spero che grazie a noi che
viviamo all’estero e rimpolpiamo le statistiche sui
giovani che lasciano il nostro paese, i governi riflettano
sulla drastica situazione d’invecchiamento della nostra penisola.
Anche se non si fa nulla di concreto almeno si apre
il dibattito”.
Italiani all’estero
che non vogliono sentirsi dire che lasciano affondare la loro terra,
sentendosi ambasciatori del proprio paese in terra straniera. “I
miei coetanei, a causa di politiche sbagliate, non si meritano
di non avere un futuro come ogni nostro concittadino europeo”.
Il consiglio che dà a chi si sta affacciando sul mondo del lavoro?
“È triste dirlo ma scappate da una classe politica che sta
uccidendo tre generazioni di giovani – che mai nessuno
ridonerà al nostro paese – e andate all’estero a realizzare i
vostri sogni. Andare a lavorare fuori dall’Italia è ormai l’unica
strada percorribile”.
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