Fonte: L’aquila e la spada
In tempi lontani, ben
prima di 2.000 anni fa, si narrava di una benefica deità
indo-persiana, nata e fatta uomo durante il Solstizio d'Inverno. I
legionari di Roma ne fecero il proprio ‘nume tutelare’ col nome
di Mithra
Sol
Invictus:
il Dio dei Soldati. Mithra era il giovane dio del Sole venuto da
oltre la Mesopotamia, portato a Roma dalle legioni di Pompeo, quasi
quattrocento anni prima. Quale legionario non aveva con sé una
piccola effigie del ragazzo dal cappello frigio che, afferratolo per
un corno, alzava la testa del toro sacrificale per recidergli la
giugulare? Chi non si era raccomandato a lui, almeno una volta, in
uno dei suoi piccoli templi sotterranei, i mitrei, dove solo gli
iniziati salivano la scala metamorfica di riti rigidamente occulti?
Chi, nel momento del bisogno in battaglia, non lo aveva invocato
chiamandolo con lo stesso appellativo con cui, da millenni, lo
chiamavano alieni sacerdoti di un remoto Levante, e cioè l’Amico?
Si narrava che Mithra fosse nato anch’egli da una vergine, pochi
giorni prima della fine dell’anno, che predicasse fratellanza e
amore universali, che promettesse vita eterna nell’Aldilà, che
fosse morto, anch’egli, a trentatré anni.
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