Fonte: Niente di personale
“Io non ho il dubbio
che dietro il Movimento 5 Stelle ci siano gli americani: io oggi ho
la certezza che l’operazione politica ‘pilotata’ da Grillo e da
Casaleggio sia voluta dagli USA”. Non
usa mezze misure Francesco
Menallo, avvocato,
grillino della prima ora in Sicilia, per la precisione a Palermo.
“Quando nel 2004 abbiamo iniziato quest’esperienza eravamo
veramente in pochi – ci racconta Menallo -. Ho sempre vissuto
quest’avventura come una prova di partecipazione civile ad un’idea
di rinnovamento della politica e della società del nostro Paese.
Oggi, alla luce di quanto ho avuto modo di vedere e di conoscere, mi
rendo conto che i presupposti sui quali è stata portava avanti
quest’esperienza sono molto diversi da quelli che ci sono stati
presentati ed in cui, l’ammetto, anch’io ho creduto”.
L’avvocato Menallo, negli anni ’80
del secolo passato, è stato dirigente di Legambiente, associazione
di ambientalisti che, specialmente in Sicilia, ha condotto tante
battaglie per la tutela dell’ambiente, all’insegna della
legalità. Come tanti cittadini italiani ha vissuto tra speranze e
scetticismi le evoluzioni e, soprattutto, le involuzioni della
sinistra italiana. Dal 2004 fino al 2012 – anno in cui,
in Sicilia, sono state celebrate le elezioni comunali e le elezioni
regionali – Menallo è rimasto dietro le quinte, lavorando per far
crescere il Movimento 5 Stelle. Pronto a valorizzare i giovani per un
progetto di cambiamento della società. Per un anno, dal 2012 al
2013, ha cercato di sostenere – in modo assolutamente
disinteressato il gruppo parlamentare del M5S al
Parlamento siciliano. Sempre dietro le quinte per dare una mano ogni
volta che lo chiedevano i quindici deputati (poi diventati
quattordici), tutti giovani, eletti all’Assemblea regionale
siciliana (questo il nome del Parlamento dell’Isola).
A un certo punto, senza clamore,
Menallo ha abbandonato il ‘pianeta’ dei grillini. Oggi, a
distanza di quasi due anni, siamo riusciti a fare quattro chiacchiere
con lui. Per farci raccontare perché, a un certo punto, ha deciso di
lasciare il Movimento 5 Stelle. “La mia non è stata una decisione
affrettata, ma meditata – ci dice Menallo -. Dietro ci stanno
precise motivazioni politiche e anche un approfondimento sulle vere
radici di questa esperienza”.
Cominciamo con le
motivazioni politiche.
“I primi dubbi abbiamo cominciato a
nutrirli subito dopo le elezioni politiche del 2013. Dico subito che
sono tra quelli che, nel 2013, si aspettavano una collaborazione, od
almeno un confronto con l’allora leader del PD, Pierluigi Bersani.
Quello che è successo allora è politicamente illogico. A meno che,
come ora cercherò di illustrare, il tutto faceva parte di un disegno
politico ben preciso”.
Cioè?
“Piano, andiamo con ordine. Come ho
già accennato, eravamo in tanti, subito dopo le elezioni politiche
nazionali del 2013, ad aspettarci un accordo con il PD di Bersani.
Pensavamo: ci prendiamo due-tre ministeri-chiave e iniziamo a
cambiare l’Italia dal di dentro. Se il PD si tirerà indietro, beh,
i cittadini italiani capiranno. Invece che succede? Grillo e
Casaleggio bloccano tutto. Nessuna trattativa con Bersani. Chiusura
totale. Risultato: il PD finisce nella mani di Matteo Renzi, dopo
l’accoltellamento alla schiena, nell’ordine, di Bersani e, poi,
di Letta. E’ a questo punto che in tanti di noi comincia a maturare
un retro-pensiero”.
Parla del “disegno
politico ben preciso?”.
“Per l’appunto. Quando Renzi va al
governo tanti di noi si chiedono: ma non siamo anche noi responsabili
di tutto quello che sta succedendo? E che succederà?”.
E che risposta vi siete
dati?
“Io la risposta me la sono data:
Renzi è anche il frutto delle scelte politiche adottate dal
Movimento 5 Stelle. Piaccia o no, Bersani è un uomo di sinistra.
Moderato quanto si vuole, membro dell’establishment, ma di
sinistra. Con lui si sarebbe potuto e dovuto discutere, si sarebbe
potuto cominciare a strappare sovranità dal basso e costruire, nel
frattempo, una classe dirigente giovane, pulita, consapevole e
preparata. Con Renzi, come tutti hanno avuto modo di vedere, non si
discute. Renzi agisce e basta. Dietro di lui ci sono i poteri forti
che impartiscono ordini. E lui li mette in pratica, costi quel che
costi. Con incredibili forzature sul Parlamento. Vedi Job’s Act e
riforma a perdere del Senato, per citare solo due esempi”.
Riforma, o presunta
tale, del Senato significa modifica della Costituzione.
“Per l’appunto. E lì c’è un
atteggiamento incomprensibile da parte del Movimento 5 Stelle: non
accettare di discutere sui cambiamenti della Costituzione. Errore
gravissimo. Perché sulla Costituzione una forza politica non può
scegliere di non dialogare, di rinunciare alla somma dei suoi voti
con quelli di tutte le forze che ci stanno”.
Quindi lei pensa che
l’irrigidimento dei grillini, alla fine, sia stato funzionale non
tanto a Renzi, quanto ai ‘prodotti’ legislativi del renzismo.
“Ma questo non lo dico io: è un
fatto oggettivo, sotto gli occhi di tutti”.
Poi che succede?
“Poi inizia la stagione delle
espulsioni, che non si è mai fermata. Noi, in Sicilia, viviamo sulla
nostra pelle l’espulsione di due senatori, Campanella e Bocchino,
rei soltanto di aver rivendicato il diritto alla parola. Lo sapete
perché Campanella viene messo fuori dal Movimento? Perché in un
incontro con Grillo, questi gli dice, ad una precisa richiesta di
confronto democratico: ‘Questa è tutta la democrazia che ci
possiamo permettere in questo momento”. L’affidamento della linea
politica del Movimento, in Parlamento, viene affidata ad un ex del
Grande fratello (Rocco Casalino) con compiti di comunicatore. Un uomo
che identifica la politica con la comunicazione, da cui provengono le
varie gaffes sulla legge Bossi/Fini e su altri provvedimenti votati
in commissione, se non addirittura proposti dai parlamentari
stellati, smentiti da qualche uscita di Casaleggio o, peggio, con
qualche post ‘apparentemente’ fuori luogo di Grillo. La linearità
di comportamenti e l’indisponibilità a farsi manipolare
dall’imbonitore delegato dai ‘capi’ gli costano l’espulsione.
In tanti siamo sbigottiti, anche se cerchiamo di mediare prima che
accada l’irreparabile, costruito a tavolino e pilotato da Milano,
quartier generale delle società di Casaleggio. Restiamo ancora più
sbigottiti quando i vertici del Movimento, sempre per bloccare il
dissenso, mettono in atto una strategia ed una metodologia che
definire staliniste è poco”.
Ovvero?
“Guardi, l’espulsione dei
senatori Campanella e Bocchino viene ‘decisa’ da undici persone
del Meetup di Palermo. In quarantasette firmiamo un appello per
difendere i due parlamentari. A questo punto il Blog di Grillo mette
in campo un’operazione di censura impressionante, che fa seguito al
nostro tentativo di …metterci una pezza (come
potete leggere qui) . Grillo
sforna un comunicato ‘politico’ domenicale sul blog in cui
afferma falsità come le mancate ‘restituzioni’ del 50 per cento
delle indennità dei due senatori siciliani o la loro asserita
‘scarsa presenza sul territorio’. Falsissimo, perché sono gli
unici che dedicano tutti i fine settimana, nessuno escluso,
nonostante l’intensa attività parlamentare, a mantenere i contatti
con le esigenze dei territori, sempre disponibili ad intervenire e
dare una mano dove c’era una richiesta di aiuto e di presenza”.
Dopo questa vicenda
succedono altre cose?
“Succedono tante altre cose. Il Muos
di Niscemi, per esempio. Fino a una certa data, la lotta a questo
strumento di morte, da parte dei grillini siciliani, è stata portata
avanti con convinzione e impegno. Tra i parlamentati regionali
ricordo la passione e l’impegno di Giampiero Trizzino. Ad un
certo punto, però…”.
Però?
“A un certo punto succede qualcosa.
A Bagheria arriva Edward Luttwak, il noto politologo americano e
consulente del governo USA. E la posizione del Movimento, sul Muos di
Niscemi, cambia radicalmente”.
Che c’entra Bagheria?
“Bagheria è una cittadina siciliana
particolare dove, da tempo, succedono tante cose”.
Si riferisce al fatto
che è stato il luogo dove, a quanto si racconta, Bernardo Provenzano
aveva posto la propria base operativa?
“Mi riferisco a questo, ma anche ad
altro. Quando Luttwak arriva a Bagheria la città era stata a lungo
‘visitata’ da membri dell’establishment russo”.
Russi?
“Sì, i russi. Che giravano porta a
porta proponendo affari, commercio e credito a volontà. Non dobbiamo
dimenticare che i russi, grazie a Berlusconi, sono entrati in
Sicilia, in particolare, a Gela ed in provincia di Siracusa. Ricordo
che la Erg ormai parla russo con la Lukoil. Mi riferisco alla
raffineria di Priolo ed alle connesse stazioni di servizio”.
Sta dicendo che Luttwak
piomba in Sicilia per frenare l’espansione dei russi in Sicilia
iniziata sotto il governo Berlusconi?
“Questo mi sembra un dato di fatto.
Cos’è, infatti, oggi la Sicilia se non una grande portaerei
americana? Penso a ciò che è visibile: Sigonella, Birgi, i droni ed
il Muos di Niscemi…”.
In questo scenario
Luttwak sistema anche la faccenda Muos di Niscemi?
“Di fatto è così. Il presidente
della Regione siciliana, Rosario Crocetta, che nella campagna
elettorale del 2012 era contro il ‘mostro’ elettromagnetico, dopo
la sua elezione dichiara, addirittura, che il Muos di Niscemi è uno
strumento di pace! Anche i parlamentari del Movimento 5 Stelle –
parlo dei deputati del Parlamento siciliano, ma anche dei
parlamentari nazionali eletti in Sicilia – si adeguano: basta lotta
contro il Muos. Oggi del Muos i grillini non parlano più.
Improvvisamente, nell’estate 2014, mentre il conflitto giudiziario
volge a favore delle mamme anti-Muos, passano ad occuparsi –
parlo di Riccardo Nuti e di Giampiero Trizzino – delle cabine a
Mondello… Al 29mo anno di una concessione trentennale… E non
riescono neanche ad impedire la proroga legislativa sino al 2020”.
Insomma, niente più
fastidi agli americani da parte del Movimento 5 Stelle.
“Di fatto è così. A questo
si aggiungono scenari finanziari, che coinvolgono Casaleggio, che
portano sempre negli Stati Uniti (come
potete leggere qui) . (O
come potete leggere anche qui) . Ecco, se mettiamo
insieme gli scenari finanziari e il silenzio dei parlamentari sul
Muos e, in generale, sulla militarizzazione della Sicilia, si
capiscono tante cose”.
Si capisce che esiste un
rapporto tra chi decide antidemocraticamente nel Movimento 5 Stelle e
gli americani?
“Io, lo ribadisco, ne sono certo.
Questo rapporto esiste. In politica esistono i fatti e gli atti
parlamentari. Fatti e atti parlamentari dimostrano che, a un certo
punto, l’atteggiamento dei grillini sul Muos di Niscemi e, in
generale, sulla Sicilia muta. Un mutamento che coincide con la
presenza di Luttwak in Sicilia e con un atteggiamento cauto, se non
silente, sulla militarizzazione dell’Isola”.
Lei è stato critico
anche sulla politica regionale?
“Certo che sono stato critico!
Perché ho potuto appurare che i grillini mettono in atto il seguente
schema: individuano e catalizzano le aree sociali protestatarie e poi
le sterilizzano. Nessuna novità, per la Sicilia. Si tratta del
vecchio gioco descritto da Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo:
cambiare tutto per non cambiare nulla. Emblematica, al riguardo, la
posizione assunta dai deputati grillini del Parlamento siciliano
sulla class action sulla Formazione professionale portata avanti dal
sottoscritto”.
La possiamo sintetizzare
per renderla chiara a tutti gli italiani?
“Certo. In Sicilia la Formazione
professionale è normata da una legge regionale, la numero 24 del
1976. Ebbene, dal 2008 al 2012 il governo regionale di Raffaele
Lombardo e, dal 2012 ad oggi, l’attuale governo regionale di
Rosario Crocetta, non applicano questa legge. Di fatto, con atti
amministrativi hanno bloccato gli effetti di una legge. E questo il
nostro ordinamento non lo consente. Da avvocato ho coordinato una
class action contro l’amministrazione regionale per chiedere
l’applicazione di questa legge”.
E supponiamo per
chiedere anche i danni che sono stati provocati dalla mancata
applicazione di questa legge.
“Esattamente”.
E che fine ha fatto
questa class action?
“E’ stata depositata negli uffici
del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Sicilia, a
Palermo. Da un anno aspettiamo che venga fissata l’udienza”.
Alcuni sindacalisti
hanno messo in giro la voce che lei avrebbe ritirato la class action…
“I sindacalisti che hanno operato
nella Formazione professionale, nella quasi totalità dei casi, hanno
venduto il futuro di migliaia di lavoratori ai governi regionali dal
ribaltone di Lombardo in poi. Non mi stupisco che mettano in giro
certe voci. Ma la class action, mi dispiace per loro, c’è. E
aspettiamo che il TAR Sicilia- Palermo fissi l’udienza”.
Lei ha visto nascere il
Movimento 5 Stelle in Sicilia. Anzi, è stato uno dei protagonisti.
Cosa ne pensa oggi? E che fine farà?
“Penso male di quest’esperienza.
Sono un uomo di sinistra e non condivido le ragioni imperialiste
degli americani e della NATO. Non so nemmeno se in Sicilia i
parlamentari si rendono conto di tutto questo. Penso che la classe
dirigente che Grillo e Casaleggio hanno selezionato più con
‘provini’ (emblematica la ricerca di candidati che abbiano
‘attitudini’ e non ‘competenze’, cioè devono essere veloci
nell’eseguire, ma non avere idee proprie, o se le hanno devono
avere l’esigenza della pagnotta, sennò come li controllo?) che per
caratteristiche di particolari competenze e dirittura morale non sia
entusiasmante (in fondo anche un onest’uomo perché così dice il
suo certificato penale può essere tale solo perché non ha avuto la
‘tentazione’ giusta ed è un potenziale ladro). Senza voler
offendere nessuno, dico che Di Maio, alla fine, è solo un fuori
corso in Giurisprudenza. In molti casi, si tratta di persone senza
arte né parte che, alla fine, cercano di mantenere l’indennità
parlamentare. Persone molto attente a non disturbare troppo i
manovratori. Miserie”.
E sulla Sicilia in
particolare che pensa?
“Insufficienti. Non è una compagine
di grande spessore. Se penso a Giancarlo Cancelleri candidato alla
presidenza della regione mi vengono i brividi. Con tutto quello che
ha combinato all’Assemblea regionale siciliana da tre anni a questa
parte, poi…”.
Si riferisce agli
inciuci con il governo Crocetta?
“Mi riferisco agli inciuci sulla
disastrosa legge sulla ‘presunta’ riforma delle Province, che è
solo un papocchio. E mi riferisco a quanto accaduto negli ultimi
giorni. Con chi vanno a stringere accordi per le presidenze delle
commissioni legislative Cancelleri e compagni? Con le cameriere, cioè
con le forze politiche che non hanno i numeri. Insomma, se devi fare
gli accordi di potere – che secondo me non vanno fatti – falli
almeno con il padrone di casa, non con le cameriere…”.
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