“Un contenuto che hai pubblicato potrebbe non rispettare i
nostri Standard della community. Rimuoviamo i post che attaccano le
persone in base a razza, etnia, nazionalità, religione di
appartenenza, orientamento sessuale, genere o disabilità”.
Questa è la formula con cui Facebook, bontà sua, si è degnato
di notificarmi un’altra sospensione di un mese, a cui probabilmente
si aggiungerà un altro mese, come già sperimentato. Il motivo stavolta
non è stata la pubblicazione di foto di bambine africane sottoposte
a infibulazione o deretani di omosessuali in un gay pride, ma il testo di Michele Turco, di Piacenza, che insieme al suo amico Mattia
ha subito un’immotivata aggressione fisica in un parcheggio, da parte di due diversamente bianchi. Io mi
sono limitato a riportare la sua testimonianza, compreso lo sfogo
finale con cui minacciava ritorsioni verso chiunque, bianco o nero
che fosse, si permetta d’ora in poi di importunarlo chiedendogli
l’elemosina fuori dai supermercati.
Con mio stupore, tale post ha
avuto un grande numero di condivisioni, che ha scatenato un inferno
di commenti la maggior parte dei quali di solidarietà nei confronti
della vittima dell’aggressione, ma anche di buonisti che
difendevano i migranti. Io mi sono rifiutato fin dall’inizio, vista
la piega degli avvenimenti, di leggere i commenti e ho lasciato che il post avesse vita
propria, abbandonandolo a se stesso. Non ho tempo per sorbirmi gli
sfoghi, autentici o espressi dagli immancabili Troll, di quanti
vogliono che il sangue si lavi con altro sangue.
La tendenza è
quella, ma se a volere la guerra civile in Italia tra cristiani e
musulmani, o tra caucasici e africani, sono i sionisti israeliti, io
non ci sto. Io me ne chiamo fuori. La guerra porta con sé, in una
spirale perversa, così tante atrocità che nessuno può controllare,
tanto che a un certo punto non si sa più chi ha cominciato e perché.
Gli israeliti, su mandato del loro feroce Dio, ci godono a scatenare
guerre in giro per il mondo, soprattutto servendosi del loro braccio
armato a stelle e strisce.
Alcune altre considerazioni mi sento in dovere di fare, a
proposito della punizione che sto subendo da parte di Facebook. Se la
testimonianza è autentica, si nota che parlarne è considerato
peggio del fatto in sé e di questo fenomeno si era già accorto
Giacomo Leopardi.
Facebook che mi censura, togliendo di mezzo un post
che aveva generato una fiammata di commenti, è un po’ come voler
nascondere lo sporco sotto il tappeto. E’ anche questo un
atteggiamento giudaico: tirare il sasso e nascondere la mano, dando
la colpa agli altri. La rabbia sociale c’è e aumenta ogni giorno
di più. Volerla arginare con la censura alla libera informazione è
ingenuo e patetico. Gli scenari possibili non sono dei più rosei e
la guerra civile è una delle opzioni che campeggiano nel nostro
prossimo futuro. I caucasici hanno dalla loro il raziocinio e le forze
dell’ordine; gli africani hanno la prestanza fisica e l’istinto,
ma potrebbero avere anche l’aiuto a tempo debito dei servizi
segreti, in primis il Mossad, che forniscano loro armi e capipopolo.
Del resto, bombe di fabbricazione israeliana sono già state trovate
nei depositi abbandonati dall’ISIS, pistola fumante del
fatto che il terrorismo è sponsorizzato da Israele.
Se invece, per ipotesi, la testimonianza a firma di Michele Turco
è un falso, frutto della mente di qualche Troll particolarmente
creativo, allora è giusto che Facebook mi abbia censurato. Anzi,
sono io il primo ad affermare che gli scontri tra Guelfi e
Ghibellini, condotti da leoni da tastiera nel mondo virtuale del web,
sono controproducenti, immorali e del tutto sterili. E soprattutto
fanno il gioco del terzo che gode tra i due litiganti: i sionisti
mondialisti. Purtroppo per i gestori di Facebook, il signor Michele
Turco esiste nella realtà, fa il tatuatore e di lui si conosce anche
la data di nascita, in quel di Piacenza. La storia, dunque, è
autentica. Due immigrati lo hanno aggredito procurandogli
molti punti sul cuoio capelluto. E’ comprensibile anche la sua
reazione rabbiosa e vendicativa. Tutto il resto è noia e i buonisti
fautori dell’accoglienza a tutti i costi devono solo stare zitti.
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