giovedì 15 marzo 2018

Fredde formule punitive


“Un contenuto che hai pubblicato potrebbe non rispettare i nostri Standard della community. Rimuoviamo i post che attaccano le persone in base a razza, etnia, nazionalità, religione di appartenenza, orientamento sessuale, genere o disabilità”.

Questa è la formula con cui Facebook, bontà sua, si è degnato di notificarmi un’altra sospensione di un mese, a cui probabilmente si aggiungerà un altro mese, come già sperimentato. Il motivo stavolta non è stata la pubblicazione di foto di bambine africane sottoposte a infibulazione o deretani di omosessuali in un gay pride, ma il testo di Michele Turco, di Piacenza, che insieme al suo amico Mattia ha subito un’immotivata aggressione fisica in un parcheggio, da parte di due diversamente bianchi. Io mi sono limitato a riportare la sua testimonianza, compreso lo sfogo finale con cui minacciava ritorsioni verso chiunque, bianco o nero che fosse, si permetta d’ora in poi di importunarlo chiedendogli l’elemosina fuori dai supermercati. 



Con mio stupore, tale post ha avuto un grande numero di condivisioni, che ha scatenato un inferno di commenti la maggior parte dei quali di solidarietà nei confronti della vittima dell’aggressione, ma anche di buonisti che difendevano i migranti. Io mi sono rifiutato fin dall’inizio, vista la piega degli avvenimenti, di leggere i commenti e ho lasciato che il post avesse vita propria, abbandonandolo a se stesso. Non ho tempo per sorbirmi gli sfoghi, autentici o espressi dagli immancabili Troll, di quanti vogliono che il sangue si lavi con altro sangue. 

La tendenza è quella, ma se a volere la guerra civile in Italia tra cristiani e musulmani, o tra caucasici e africani, sono i sionisti israeliti, io non ci sto. Io me ne chiamo fuori. La guerra porta con sé, in una spirale perversa, così tante atrocità che nessuno può controllare, tanto che a un certo punto non si sa più chi ha cominciato e perché. Gli israeliti, su mandato del loro feroce Dio, ci godono a scatenare guerre in giro per il mondo, soprattutto servendosi del loro braccio armato a stelle e strisce.

Alcune altre considerazioni mi sento in dovere di fare, a proposito della punizione che sto subendo da parte di Facebook. Se la testimonianza è autentica, si nota che parlarne è considerato peggio del fatto in sé e di questo fenomeno si era già accorto Giacomo Leopardi. 

Facebook che mi censura, togliendo di mezzo un post che aveva generato una fiammata di commenti, è un po’ come voler nascondere lo sporco sotto il tappeto. E’ anche questo un atteggiamento giudaico: tirare il sasso e nascondere la mano, dando la colpa agli altri. La rabbia sociale c’è e aumenta ogni giorno di più. Volerla arginare con la censura alla libera informazione è ingenuo e patetico. Gli scenari possibili non sono dei più rosei e la guerra civile è una delle opzioni che campeggiano nel nostro prossimo futuro. I caucasici hanno dalla loro il raziocinio e le forze dell’ordine; gli africani hanno la prestanza fisica e l’istinto, ma potrebbero avere anche l’aiuto a tempo debito dei servizi segreti, in primis il Mossad, che forniscano loro armi e capipopolo. Del resto, bombe di fabbricazione israeliana sono già state trovate nei depositi abbandonati dall’ISIS,  pistola fumante del fatto che il terrorismo è sponsorizzato da Israele.


Se invece, per ipotesi, la testimonianza a firma di Michele Turco è un falso, frutto della mente di qualche Troll particolarmente creativo, allora è giusto che Facebook mi abbia censurato. Anzi, sono io il primo ad affermare che gli scontri tra Guelfi e Ghibellini, condotti da leoni da tastiera nel mondo virtuale del web, sono controproducenti, immorali e del tutto sterili. E soprattutto fanno il gioco del terzo che gode tra i due litiganti: i sionisti mondialisti. Purtroppo per i gestori di Facebook, il signor Michele Turco esiste nella realtà, fa il tatuatore e di lui si conosce anche la data di nascita, in quel di Piacenza. La storia, dunque, è autentica. Due immigrati lo hanno aggredito procurandogli molti punti sul cuoio capelluto. E’ comprensibile anche la sua reazione rabbiosa e vendicativa. Tutto il resto è noia e i buonisti fautori dell’accoglienza a tutti i costi devono solo stare zitti.

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