Testo di Paolo Sensini
Muore senegalese a Firenze e scoppia la rivolta etnica. Se decede
un cittadino italiano e si trova il colpevole, a nessuno passerà per
l'anticamera del cervello di evocare aggravanti di tipo razziale per
spiegarne le cause. Nel caso del coinvolgimento di un africano,
invece, scatta subito il riflesso pavloviano del razzismo, la
parolina magica che oggi serve per spiegare tutto. Nessuno, per
esempio, ha fatto il minimo cenno all'aggravante razziale nel caso
dell'omicidio e smembramento della giovane Pamela. E neppure al tanto
blasonato femminicidio, evocato anch'esso quasi sempre a sproposito.
Eppure sono accusati dell'assassinio ben quattro nigeriani.
Nel caso
fiorentino, invece, e non se ne capisce il motivo, o forse è fin
troppo chiaro, il sindaco PD Nardella si costituisce subito parte
civile a fianco degli immigrati africani. Intanto però nelle città
diventate ormai multietniche, grazie a un mix letale fatto di
buonismo, politicamente corretto e ipocrisia, sta covando sotto
cenere la rivolta di centinaia di migliaia di soggetti non
integrabili nel tessuto civile, che prima o poi esploderà in maniera
violenta. Ed essendosi resi perfettamente conto dell'arrendevolezza
delle forze di polizia e degli ordini dall'alto che gli impongono di
non intervenire mai con fermezza, si sentono nelle condizioni di fare
ciò che vogliono. Anche devastare tutto ciò che gli capita a tiro.
Tanto sanno che ogni reazione alle loro intemperanze verrà bollata
come fascista, quindi si sentono le spalle coperte. Com'è che questi
reclamatori di "diritti umani" si credono autorizzati a
manifestare in maniera violenta per ogni cosa che non gli garba,
mentre nei loro paesi d'origine non reclamavano nulla e anzi se la
sono squagliata con la coda tra le gambe? Quando i cittadini si
desteranno da questo torpore, forse sarà troppo tardi.
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