sabato 9 agosto 2014

Briganti in divisa


Abbiamo già accennato, sia io che Francesco Spizzirri, ai vistosi cambiamenti a cui è andato incontro il Madagascar in questi ultimi anni, soprattutto riguardo ai mezzi di trasporto. Aimone Del Ponte, inoltre, mi ha fatto notare anche che ci sono pochissimi taxi e auto private in circolazione, a causa della benzina che è arrivata a costare più di tremila ariary, cioè un euro al litro. C’è molto meno caos di un tempo, in città. Le auto che circolano sono per lo più grossi fuoristrada di gente ricca, di funzionari corrotti o dei cosiddetti aiuti umanitari. Arrivando a Mangily, dopo un’assenza di quattro anni, ho notato che i chioschi sono aumentati di numero e sono molto più forniti di merce. Anche i bungalow sulla spiaggia sono stati rimodernati, imbiancati e ampliati, di modo che Chez Alex, Chez Alban, Chez Daniel e Leontine, oltre all’intramontabile Aubergine, hanno cambiato il loro look, impreziosendosi di giardini lussureggianti e ovviamente aumentando i prezzi. Arrivato alla gare routiere da cui partono i mezzi pubblici per Ifaty Mangily, mi aspettavo di prendere i pick-up brousse che per anni hanno attraversato il fiume Fiharena per affrontare la pista sabbiosa in direzione sud, ma al loro posto sono subentrati dei vecchi Tata di seconda mano che il governo indiano deve aver venduto al Madagascar per poco o niente. I BRICS avanzano nel mondo e non c’è quindi solo la Cina ad aver messo le mani sul Madagascar.


Sotto i sedili del vecchio Tata verde sono stati infilati sacchi di riso e di cemento e i passeggeri hanno dovuto viaggiare rattrappiti appoggiandovi sopra i piedi. E’ la norma in Madagascar, dove merci e persone viaggiano promiscuamente. Tina ha preso posto nell’ultima fila e quando uno dei panera (procacciatori di passeggeri) mi ha invitato ad andare a sedermi accanto a lei, gli ho detto: “Tsy mety. Zaho mandoa”. Impossibile, io vomito. Al che mi ha indicato lo strettissimo sedile teoricamente destinato al navigatore, a fianco del guidatore, sul quale ho preso posto viaggiando di lato e tenendo il più possibile la testa nella direzione di marcia. I 27 Km di strada, che sono costellati di numerose fermate e di cinque posti di blocco, sono stati percorsi in due ore e il biglietto è costato 3.000 ariary a testa (un euro).

I sacchi di riso e di cemento sono stati scaricati prima di Mangily, in un anonimo hotely che offre bevande fredde, quindi dotato di congelatore. Ricordo che anni fa io e Tina ci siamo cimentati nel percorso Tulear - Mangily con le nostre biciclette e siccome le ruote sulla pista sabbiosa s’infossavano, bisognava fare molti tratti a piedi. Sono arrivato quasi morto. E forse, quella volta, fu proprio quel baretto a salvarci dalle disidratazione.

Ciò che qui mi preme evidenziare è che nonostante l’aspetto esteriore del Madagascar cambi, con i Taxi Be Mercedes che hanno sostituito i pulmini coreani, con i Tata indiani che hanno sostituito i pick-up brousse, con presidenti di repubblica che si susseguono promettendo mari e monti e realizzando poco o niente di quello promesso, la corruzione di polizia e gendarmeria resta invariata. Di quei cinque posti di blocco tra Tulear e Mangily, di cui il terzo munito di sbarra posta di traverso sulla carreggiata, solo i militari del quarto non hanno avuto la forza di alzarsi dalle loro sedie all’ombra per ritirare la mazzetta. Tutti gli altri quattro, con la finzione di un foglio di carta ripiegato al cui interno l’autista metteva banconote di piccolo taglio, hanno fatto il saluto militare, senza rendersi conto di quanto siano ridicoli, e hanno fatto finta di esaminare i documenti, intascandosi il pizzo. E questo, giorno dopo giorno, sempre con gli stessi mezzi pubblici che hanno sempre gli stessi documenti e che sono sempre nelle stesse condizioni meccaniche del giorno prima.

Oltre ai posti di blocco fissi ci sono quelli volanti, con due sbirri motociclisti che scelgono il posto dove fermare i taxi-brousse e io ho il sospetto che con i soldi estorti alle ditte di trasporto si paghino la benzina, per poter continuare a imperversare con il loro corrotto modo di fare. Arruolarsi in polizia e gendarmeria, in Madagascar, significa avere un posto di lavoro efficiente e garantito, in virtù dell’immeritata autorità che il governo conferisce loro. Che differenza c’è tra un poliziotto e un mafioso? Anche in questo caso non mi sono arrischiato a documentare lo scambio di denaro, perché se qualche poliziotto dovesse accorgersene, fermerebbe il mezzo a lungo, diventerebbe minaccioso con me, con gli altri passeggeri che disapproverebbero la mia scostumata intromissione. Mi dispiace per loro, ma non è il caso che ci vada di mezzo io. Basterebbe un ispettore in incognito per stroncare questo malcostume, come fece Robert Redford nel film “Brubaker”, ma il governo non lo vuole fare veramente, nonostante abbia istituito il BIANCO, il bureau anti corruption. E allora, mio malgrado, non mi resta che lasciare che i malgasci cuociano nel loro brodo. E’ cinico, ma è così.

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