Sul
quotidiano “La Nation” di martedì 12 agosto 2014 c’è un articolo in prima
pagina che parla di un massacro di tartarughe ma che s’intitola: ”Eccesso di
zelo delle forze dell’ordine”, con un occhiello che ribadisce: “Non deve essere
usata la forza che per fini legittimi”. Il punto focale non è quindi
l’uccisione di 5.000 tartarughe da parte di 43 bracconieri colti in flagranza
di reato, ma il modo con cui sono stati trattati una volta bloccati. L’articolo
non è firmato, dunque non posso citare l’ennesimo giornalista specista che pone
l’uomo antropocentricamente al centro dell’universo quando si tratta di ladri
di tartarughe e pone sempre l’uomo al centro dell’universo quando si tratta di
ladri di zebù, solo che stavolta, trattandosi di bestiame di proprietà di
qualche essere umano, le vittime sono i derubati, mentre con le tartarughe, che
non sono animali tradizionalmente sottoposti ad allevamento, le vittime
diventano necessariamente i ladri stessi, cioè i bracconieri, che, poverini, sono
stati, a detta del giornalista specista, un po’ troppo strapazzati. Potenza
dell’antropocentrismo!
Le
tartarughe, che solo per i Tanalana sono fady, erano state catturate dai bracconieri che le
avrebbero vendute come carne di brousse, la stessa che nell’Africa di lingua inglese si chiama “Bush-meat”. Sarebbero state trasformate in brochettes, cioè in spiedini, una delizia per i palati dei
malgasci. Per non parlare dell’immancabile minoranza cinese che di tabù
alimentari non ne ha di alcun genere e che è disposta a pagare cifre
rispettabili per l’oggetto dei suoi desideri culinari. Come si vede dalla foto,
sbattuta in prima pagina secondo le regole classiche del giornalismo, ci sono
quattro arrestati legati in coppia con uno spago al collo. Il che, come rileva
anche il giornalista specista, rimanda a vecchie stampe riguardanti lo
schiavismo nelle quali si vedono i prigionieri portati sulla costa, dal centro
dell’Africa, con collari di ferro che li incatenavano a due a due.
Qualcosa,
nella memoria ancestrale africana, è rimasto, evidentemente. Ma il giornalista
si sdegna perché i 43 bracconieri sono stati legati “come bestie”, in
violazione dei diritti dell’uomo, e forse non sa che in altre parti del
Madagascar la polizia lascia che siano gli abitanti dei villaggi a farsi
giustizia sommaria, linciando i malaso che rubano zebù. Allora, come al solito, due pesi e due misure: se si
tratta di ladri di bestiame va bene massacrarli di botte fino a ucciderli, ma
se si tratta di ladri di specie animali a rischio d’estinzione, allora ci si
appella ai sacrosanti diritti dell’uomo. Che poi, a legarli così sono stati per
primi i Tanalana che vedevano offese le loro tradizioni e la polizia si è
limitata a prendere atto della situazione. Anzi, se il mio francese non mi ha fatto
brutti scherzi, la polizia non sarebbe neanche intervenuta se i Tanalana non
gli avesse portato i 43 prigionieri. Dunque, caro giornalista anonimo, smettila
di fare la verginella, apri gli occhi su ciò che realmente succede nel tuo
paese e non prenderci in giro!
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