Quando
si viaggia in camion-brousse si
parte col buio e si arriva col buio. Metaforicamente: il buio prima della
nascita e quello dopo morti. Durante il viaggio si può essere in compagnia di
bambini, adulti e animali, per qualche tempo, oppure, come nel caso di me e
Tina, si può essere privilegiati, avendo molti soldi, e viaggiare avanti, come
fanno di norma tutti i vazaha.
Ciò significa che, a differenza dei rattrappiti passeggeri di seconda classe,
noi di prima possiamo allungare le gambe, stando dietro il conducente, sempre
che il suo vice non si prenda quasi tutto il posto, perché deve essere riposato
in caso di necessità. In caso di malore del guidatore titolare. Dunque, anche i
privilegi vanno rapportati in relazione al contesto, che è e resta quello del
Terzo Mondo, con sporcizia e materassi che non hanno mai conosciuto il sapone
in vita loro. Il lavoro del camionista è notoriamente un lavoro da uomini, che
rifuggono dalle pulizie approfondite, pure da quelle grossolane, e io devo
ancora incontrare un camionista che abbia le tendine al posto delle foto di
donnine poco vestite. Non è, questo, il caso dei malgasci, famosi per la loro
pudicizia unita alla non conoscenza del concetto di privacy.
Per
fare pipì durante le soste, per esempio, sia uomini e donne, che bambini,
aiutati i piccoli dai più grandicelli, non si allontanano mai di molto dal
camion che rimane col motore acceso, perché non si sa mai che il guidatore
parta senza qualcuno. Non è mai successo, comunque. E’ successo però che
Maleka, un meticcio Karana simpatico e chiacchierone, non si sia fermato alla
richiesta di fare sosta fisiologica e il vecchietto dietro che soffriva di
diarrea se l’è fatta nei pantaloni, con grande disappunto degli altri passeggeri
che hanno dovuto sorbirsi la puzza per il resto del viaggio, essendo che i
bagagli dell’uomo erano ben sistemati sul tetto insieme agli altri e ben
imbracati. I passeggeri, però, non alieni dal senso di giustizia, hanno
condannato la prepotenza di Maleka che non ha voluto fermare il camion su
richiesta pressante dei passeggeri e, in seguito, ha dovuto chiedere scusa.
Cose che passano alla Storia e che rovinano la reputazione di un pilota
altrimenti provetto.
Poiché l’ingresso posteriore principale, nonché unico, è disagevole da usare per via dei sacchi di riso disseminati sul pavimento, i bambini vengono fatti passare attraverso le sbarre laterali orizzontali che fungono da finestrini e anche molti uomini agili e ragazze scelgono quella via per porre fine alle pressioni vescicali o sfinteriche. Scene interessanti dal punto di vista antropologico, che ho fotografato molte volte.
I due maschietti e la femminuccia della foto, una volta posto rimedio all’incombenza idraulica, si sono lasciati da me issare in alto, verso le mani dei loro parenti, pronti ad accoglierli. Si sono lasciati issare con fiducia dall’uomo bianco, notoriamente cattivo con i bambini malgasci a cui spesso ruba il cervello e il pisellino, molto richiesti dalle industrie farmaceutiche francesi. O dell’isola di Reunion, che sempre Francia è. Solo una volta mi è capitato di vedere il terrore negli occhi di una bambina di tre o quattro anni, a cui mi accingevo a pulire il moccio, dopo aver svolto la stessa operazione, con discreto successo, ad altri bambini, che non avevano opposto resistenza. A quella bambina, essendomi accostato da dietro ed avendo ella incrociato il mio sguardo di Belzebub a pochi centimetri di distanza, dev’essere parso di morire ed è scappata come se avesse infatti visto la morte. Io sono rimasto come uno scemo con il mio fazzolettino in mano. E’ successo ad Akoronga. Tutti gli altri bambini, per lo meno quelli che ho incontrato il 17 agosto, sia che viaggiassero sia che abitassero nei villaggi dove ci siamo fermati per brevi soste, hanno dimostrato molto interesse amichevole nei miei confronti, alcuni anche arrivando a chiedermi un cadeau.
Infine, va rilevata non solo l’abilità di Maleka, che si ricordava di me ancora
per il primo viaggio del 2009, ma anche della bravura dei meccanici, sia quelli
di bordo, sia quelli che per esempio abbiamo trovato a Betioki, dove, guarda
caso, il camion ha avuto problemi di accensione dopo che passeggeri ed
equipaggio hanno consumato il pasto. Io ho digiunato avendo preso, poco prima,
una pastiglietta di Nautamine, e se avessi messo qualcosa nello stomaco il suo
effetto sarebbe cessato. Dopo la nausea iniziale, la pastiglietta ha fatto bene
il suo effetto e il sacchetto per il vomito non mi è servito. E questo, nonostante
viaggiassi davanti, che più davanti di così non si può. Il che dovrebbe farvi
capire a quali scossoni si va incontro quando si viaggia in camion-brousse, che sono una metafora perfetta degli scossoni della
vita.
Maleka
e il suo secondo ci hanno portato sani a salvi a Besely Nord, ma il viaggio che
avrebbe dovuto durare di norma 15 ore, da Tulear a Itampolo, si è rivelato
molto più lungo e faticoso, giacché la sosta per la notte è stata fatta prima
di Besely Nord, a Marolinta, ed era la prima volta anche per Tina che si
facesse così. Da Marolinta siamo partiti alle quattro di notte, dopo una sosta
di quattro ore, per arrivare a Besely alle quattro e mezza. Da Tulear eravamo
partiti alle sei del mattino precedente: fate voi i conti. La camera dei nonni,
che non sapevano del nostro arrivo, era la stessa delle due volte precedenti,
ma i ragni non erano gli stessi, poiché i ragni hanno vita breve. Poi ci
sarebbe il discorso delle latrine, che a Besely, come in tutta la brousse, semplicemente non esistono, ma questa, che potrebbe
presentare risvolti comici, è una storia che racconterò in seguito. Per ora
riesco a tenerla. Perciò tenetevi la curiosità anche voi, privilegiati del
Primo Mondo, dotati di docce e bidet tout comfort.
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