Si
sarà capito che i malgasci hanno un’indole litigiosa, forse perché la loro
alimentazione è a base di carne e sentono musica dalla mattina alla sera,
impedendo al cervello di svolgere altre funzioni, ma quello che è capitato
giovedì 7 agosto ha dell’inverosimile. E dell’inverecondo. Stavo facendo
tranquillamente la mia siesta pomeridiana, anche perché a causa del cagnetto disperato non avevo chiuso occhio tutta la notte, quando sento un vociare
di donne provenire dal cortile. Riconosco la voce alterata di Tina e mi accorgo
che il battibecco tra comari veniva proprio dal nostro cortile. Afferro al volo
la digitale che tengo sul comodino e, fatti pochi passi, mi trovo davanti un
giovane armato di una lunga pertica, ma con un’espressione confusa. Poi, pian
piano, realizzo che si trattava del garzone del falegname che era stato poco
prima a prendere le misure per la zanzariera.
Ma in cortile c’era anche una donna sconosciuta che in quel momento litigava
con Tina. Vedo che la donna afferra un cucchiaio di legno da un tavolino
esterno e fa per darlo in testa al giovanotto. La cosa si fa ingarbugliata.
Tina e la giovane donna si fronteggiano, mettendosi le mani addosso. Tina la
spinge verso l’uscita, ma la donna sembra resisterle. Volano parole grosse, che
in una lingua sconosciuta sembrano ancora più grosse.
Scatto foto a raffica, senza portare l’apparecchio davanti al volto ma
tenendolo sullo stomaco. Della serie: “Ndo cojo, cojo”. Non trattandosi di
poliziotti, non mi curo se la sconosciuta urlante se ne accorge. Fuori dal
portoncino d’ingresso c’è un conducente di ciclo-pousse che cerca di afferrare quella che probabilmente era
la sua cliente, per portarla via. Accorre anche la vicina, quella a cui hanno rubato14 anatre. Mentre Tina mi passa vicino diretta verso il portoncino, in una
delle sue numerose cariche, dato che la sconosciuta persisteva a non voler
andarsene, le tolgo di mano il lungo pestello di legno che viene usato per
schiacciare le verdure e le granaglie nel mortaio. In caso di litigio meglio
non avere armi improprie in mano. Cosa farei se Tina finisse in prigione?
Placati gli animi, vengo a sapere che la donna era la moglie del garzone e che
lo accusava di averle sottratto una gonna e un pareo, ma accusava anche Tina di
essere una ladra. Sicuramente ci devono essere problemi in quella coppia, se
una moglie si comporta così. I due indumenti erano stati dimenticati
nell’ufficio della falegnameria, quella stessa mattina, e Tina aveva telefonato
al garzone (il titolare era assente) affinché le facesse il piacere, dietro
adeguato compenso, di venire ad Ambolanahomby a portarglieli. Tina non è la
prima volta che perde le cose e il garzone era stato davvero gentile a
venire a portarle gonna e maglietta. Se non che, a sua insaputa, era stato
seguito dalla moglie, che forse pensava avesse un amante, ma la cosa
incredibile è come la donna abbia potuto pensare che quei due vestitini fossero
per lei. Come ha potuto mettersi in testa una cosa del genere, se il marito non
le aveva detto nulla?
Per
rendere ancora più grottesco il quadro d’insieme, devo riferire che durante il
diverbio il giovane falegname aveva detto a Tina di chiamare la polizia, ma
giustamente, di poliziotti e commissariati, in quest’ultimo mese ne abbiamo
avuto abbastanza. Se non avessi intitolato questo pezzo “La moglie del
garzone”, lo avrei intitolato: “Le baruffe tulearotte”. Per una gonna e un
bolero, certe donne escono pazze.
Un bel racconto. Che fa sentire un pochino anche me virtualmente in vacanza.
RispondiEliminaOrmai i personaggi di questo romanzo che prende vita ogni giorno che passa cominciano ad essermi familiari.
Non dar terra alle critiche che ti arrivano ed arriveranno.
Io farei e rifarei le stesse cose che stai facendo tu.
Buona vita. Ciao.
Le critiche vanno tenute in considerazione, ma vanno anche lasciate scorrere addosso come gocce d'acqua sulla schiena di un'anatra. In malgascio: "gana gana".
Elimina