Sto
leggendo “La vita autentica”, di Vito Mancuso, prestatomi dall’amico Aimone. E’ uno di quei libri che ti aprono gli occhi, nel senso che ti
fanno vedere le cose sotto un’altra angolazione. Leggendolo, non ci si può
astenere dal chiedersi se i nostri rapporti col prossimo, oltre alla nostra
stessa esistenza, sono veri o basati su qualche subdola finzione. Per esempio,
il nostro matrimonio, le nostre amicizie sono autentiche o fittizie? Le azioni
nostre o altrui in che grado sono autentiche? L’avvelenamento di Rocky, mamma
di cinque cuccioli nel quartiere di Ambolanahomby, per scendere nel reale,
secondo me è stato il gesto autentico di un autentico barbaro, inserito in un
contesto di barbarie che non ha soluzione di continuità con gli omicidi, le
risse, i linciaggi, le truffe, i disservizi, il menefreghismo e la lotta di
tutti contro tutti, che si sperimenta una volta messo piede in Madagascar.
Rocky, il cui nome le era stato dato da bambini che non hanno mai visto gli
omonimi film con Silvester Stallone, aveva l’unico torto d’essere nata nel
posto sbagliato, circondata da esseri umani (!) che non conoscono l’enorme
potenziale animico insito negli animali, in primis quelli sinantropi come i cani. Rocky è nata e ha
trascorso la sua breve vita in mezzo a molti, troppi autentici figli di p. dove
per “p.” s’intende predatori.
Il
30 luglio scorso le diedi del pane e latte dentro una piccola bacinella. Poi,
dopo un paio di giorni, di nuovo, chiedendo il permesso di entrare nella
proprietà del vicino dove normalmente Rocky bazzicava, benché il vero padrone
fosse un altro. Di ritorno da Mangily, il 12 agosto, abbiamo saputo che era
stata avvelenata, cosa che non mi ha per nulla meravigliato, visto il pessimo
rapporto che i malgasci hanno con i cani e il gran numero di cagnetti con
vistose cicatrici sulla schiena, risultato di secchiate d’acqua bollente. Dopo
l’uccisione di quella cagna che aveva morso una bambina, questo è il
secondo cane che viene deliberatamente ucciso nel quartiere in cui vivo e io vi
sembrerò malvagio, ma prego Zanahary che qualche bambino gasy mangi uno dei
bocconi alla stricnina disseminati per i cani e crepi fra atroci dolori come
giusta espiazione per la malvagità (questa sì autentica) dei suoi genitori e
parenti. La mia “malvagità” è un riflesso e una conseguenza delle azioni di
autentica malvagità dei malgasci, e quindi la mia malvagità è inautentica. Ciò
fa di me – o dovrebbe fare di me – una persona buona, ferita e offesa
dall’autentica crudeltà di questi demoni dalla pelle marrone.
Tra
i quali c’è anche qualche angelo più o meno sperduto come Simeone, un ragazzo
di 21 anni che lavora come commesso in un negozio di ferramenta del centro di
Tulear. Nel suo cortile Rocky passava la maggior parte del tempo, giacché vi aveva
partorito i cinque cuccioli, uno dei quali, mi diceva ieri sera Simeone, è
morto. I cuccioli che ieri hanno avuto la loro prima razione di pane e latte da
me preparato, sono abbastanza grandi da cavarsela, ma l’avvelenatore della loro
madre non si sarebbe certamente curato di sapere se la sua vittima aveva
cuccioli o se fossero ancora dipendenti dal latte materno. Gli avvelenatori, in
quanto autentiche carogne, non badano a queste sottigliezze. Simeone, altra
sorpresa, mastica qualche parola d’italiano perché, a quanto mi diceva, gli
piace la nostra lingua. Chiestogli se avesse seguito qualche corso, mi ha
risposto che la parla un suo amico malgascio e che la sta imparando da lui.
Mentre dava ai cuccioli il pane con il latte, mi ha chiesto se avevo un dizionario
italiano-francese da prestargli, ma l’unico libro in italiano che ho in questo
momento è “La masai bianca”, che a Simeone non interessava. Se dovessi
trovare un dizionarietto da qualche parte, credo che gli farebbe molto piacere
riceverlo in dono. Durante la notte mi è venuta l’idea di proporre a lui e al
suo amico di seguire un corso bisettimanale di italiano, da me tenuto, come
anni fa feci con Suor Clemenza, ma Tina dice che sono poveri e non possono
permettersi di spendere soldi per la cultura. Non si è espressa proprio così ma
il concetto era quello. Gli avrei fatto lo stesso prezzo della suora: 5.000
ariary l’ora, un euro e mezzo. Avrei comprato anche una lavagnetta, come i veri
insegnanti. Sicuramente inviteremo Simeone a cena una di queste sere. Come
bravi e autentici vicini.
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