Quando
due settimane fa, appena arrivati a Tulear, siamo andai a trovare Nina e Mitia,
c’erano due cagnetti nel loro cortile, uno bianco e uno nero. Ieri, 2 agosto,
c’era solo quello nero perché l’altro gli è stato avvelenato dai vicini
invidiosi e gelosi. Come possono essere gelosi i vicini di uno sloveno
squattrinato che riceve 300 euro al mese dalla madre in Slovenia e di una
ragazza Tanalana amica di Tina? Lo sono perché Nina è riuscita ad accalappiare
un vazaha, magari senza conoscere
bene, prima, il suo livello economico. Se si pensa che le ragazze malgasce
vanno dall’ombiasy per impetrare
l’aiuto di Zanahary a trovare un
bianco come marito, si capisce che, povero o ricco che sia, un vazaha è sempre una risorsa umana e in ogni caso rappresenta
un avanzamento nella scala sociale. Avere un figlio “pel blanche”, per dirla
alla francese, è il massimo dello status simbol in Madagascar. Mitia, proveniente da Lubiana, mi
ricordo di averlo visto aggirarsi spaesato in cerca di un ristorante ancora nel
lontano 2006. Poi li ho visti insieme, lui e Nina e, quasi contemporaneamente,
ho cominciato a frequentare Tina.
Per
i primi anni Mitia si esprimeva in inglese e quindi erano ben pochi quelli che
lo capivano. Ora che ha avuto un permesso di soggiorno decennale, parla bene
anche il malgascio. Sicuramente meglio di me. Nina e Mitia hanno avuto un
contenzioso con un Karana, che in teoria era proprietario del terreno su cui
vivono. Se non che, il padre di Nina aveva fatto il guardiano per molti anni per
il padre del Karana. Alla morte del vecchio, il padre di Nina aveva ereditato
il terreno, ma il figlio non ci stava, ovviamente. Succede anche da noi.
Portata la faccenda davanti al giudice, questi diede ragione al padre di Nina,
che costruì la casa in lamiera in cui ora vive la coppia di sposi. Per tutta
risposta, il Karana che ha visto sfumare l’eredità paterna, ha costruito un
alto muro parallelo alla battigia, di modo che la sera Mitia non può più
godersi la vista del mare a poche decine di metri, essendogli stato precluso
questo piacere estetico. Il Karana l’ha fatto per vendetta o forse per invidia
e gelosia.
A
parte questo, nella casetta in lamiera, praticamente un monolocale, non c’è né
luce né acqua, che deve essere comprata alla fontana e trasportata con taniche,
come facciamo noi, che però abbiamo anche il pozzo nel cortile. Tina dice che
Mitia passa la maggior parte del tempo disteso a letto a guardare il soffitto
di lamiera. E questo va tenuto presente se ci si lascia andare a facili stereotipi
pubblicitari, che ci portano ad immaginarci distesi su un’amaca, sotto le palme
in riva al mare, con un cocktail ghiacciato a portata di mano. La realtà, per i
residenti, può essere del tutto diversa da un depliant in carta patinata.
Nei
primi anni del loro matrimonio, fatto con tutti i crismi, cioè con l’uccisione
dello zebù, Mitia aveva qualche risparmio con cui lui e sua moglie si erano
comprati sacchi di cemento, tondini di ferro, mattoni e piastrelle. Volevano
costruirsi una casetta in muratura, sogno di ogni fanciulla che voglia metter
su famiglia. Figli non ne erano previsti, perché Nina aveva già avuto alcuni
aborti spontanei con il precedente marito malgascio. Fatto sta che a un certo
punto si erano accorti che i soldi non sarebbero bastati e dalla Slovenia
arrivava solo il sussidio materno di 300 euro, perché di più la madre non
poteva.
Così dovettero vendere tutto a prezzi stracciati, comprese le
piastrelle al vicino hotel Al Shame, e accontentarsi di uno standard di vita di
tipo malgascio. Le
frustrazioni inevitabili che ne seguirono, crearono qualche screzio fra i
coniugi, tanto che una volta, incassati i mensili 300 euro, Mitia andò a
sbronzarsi al bar, pagando da bere a tutti i presenti. Nina dovette andare a
recuperarlo, facendogli poi una lavata di capo da scorticarlo vivo. E questa è
una scenetta che abbiamo già visto tante volte anche in Italia, e pure nel
Friuli confinante con il paese d’origine di Mitia. Il quale conserva ancora
sulla fronte la cicatrice del pezzo di duro carbone che sua moglie gli aveva
scagliato addosso, in uno dei frequenti litigi, da ubriaco, in quel periodo di
feroci disillusioni. Al di là delle umane debolezze, Mitia mi è simpatico,
anche se, non possedendo un codice linguistico comune, non abbiamo molta comunicativa.
Mi è simpatico perché ama i cani, a differenza di molti italiani e della
totalità dei malgasci, che arrivano al punto, per invidia o gelosia, di
avvelenare quelli del vicino.
SELVAGGI.
RispondiEliminaC'è un proverbio che dice dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.
Perché ti sei mischiato a questi baluba?
A me fanno schifo, lo dico proprio chiaro.
Sono già nauseata dalla barbarie di casa nostra, manco se mi pagassero a peso d'oro al mese andrei a mischiarmi con questa gente che vive da disperati, ma hanno il cellulare e l'ipod, ehhh troppo comodo.
Capisco il tuo modo di ragionare. In effetti, la maggior parte degli italiani residenti la pensa esattamente così, e anche i francesi suppongo, eppure c'è qualche fascino occulto dietro tutto ciò e continuano a viverci assieme.
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