Non so come si dica in
arabo hip hip hurrà. In ogni modo, hip hip hurra per Rima Karaki, giovane
conduttrice televisiva libanese che ha cercato — appunto — di
condurre un’intervista con un avvocatone islamista chiedendogli di
stare nei tempi; ricevendone uno stizzito invito a non interromperlo;
facendogli notare che era lei, in quello studio televisivo, a
comandare; ricevendone sempre più irritate repliche; decidendo di
chiudere la linea e passare ad altro, piuttosto che farsi dare ordini
in casa propria. Levare la parola a un maschio, specie un maschio
con barba così fluente, non è, in quei paraggi socio-culturali, una
cosa scontata. Tanto è vero che l’avvocatone pareva letteralmente
sgomento all’idea che una femmina potesse essere più determinata
di lui e zittirlo, sia pure per richiamarlo ai tempi tecnici di
un’intervista in diretta; e la scena sta facendo il giro del mondo,
segnalata con lode da associazioni per i diritti e semplici utenti.
Maschi come quello interrotto da Rima vivono nel terrore di essere
interrotti. Sanno che, se accade una volta, se per un attimo perdono
il controllo delle femmine, poi accadrà di nuovo e infine accadrà
sempre. Sulla sottomissione della femmina si fonda ogni società
arcaica. In un volto di donna che lavora, studia, parla e dice quello
che vuole, milioni di maschi vedono la fine del proprio arbitrio. Per
questo sono così spaventati, per questo così arrabbiati.
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