Fonte: Conflitti e strategie
Il
Generale Croato-Bosniaco, Slobodan Praljak, si è suicidato davanti
alla Corte dell’Aja dopo aver ricevuto una condanna a 20 anni di
carcere, per le accuse risalenti ai crimini del conflitto nella ex
Juogoslavia. Mentre
il Presidente della corte pronunciava la sentenza, I’ex Commissario
alla difesa dello Stato croato gridava alla corte: “Non sono un
criminale di Guerra”, “mi oppongo a questa condanna con
disprezzo”, poi ingeriva cianuro di potassio. Vani i tentativi di
soccorso da parte dei presenti, di fronte a un giuria in preda a
incredulità e sgomento. Slobodan Praljak, classe ’45, tre lauree:
ingegneria, filosofia ed arte drammatica, autore di innumerevoli
spettacoli televisivi e teatrali, svolse un ruolo di primo piano dal
91-95 nel sanguinoso conflitto croato-bosniaco. Su di lui, manco a
dirlo, l’accusa infamante di “crimini contro l’Umanità”, di
genocidio ai danni di civili e minoranze musulmane, in un periodo di
disgregazione della ex- Jugoslavia. A suo carico anche la decisione
della distruzione del “ponte di Mostar”, simbolo di una delle
pagine più drammatiche della guerra tra etnie della Regione
Balcanica.
Il gesto tragico di Praljak non può
che richiamare alla mente altri suicidi eclatanti come quello del
maresciallo Goering durante il processo di Norimberga, del “seppuku”
dello scrittore giapponese Yukio Mishima o quello più recente, anche
se diverso nella dinamica, del Poeta Dominque Venner. Tutti questi suicidi hanno in comune
il disprezzo verso una giustizia parziale ed il decadimento dei
valori occidentali. Sono un atto di accusa contro la “banalità del
bene”, contro chi pretende di dividere con l’accetta colpevoli ed
innocenti nella storia mondiale, glissando ipocritamente sulle
responsabilità di chi comanda.
Gesti come quelli del Generale Praljak
sono certamente più nobili di quelli dei governanti che predicano
accoglienza e pace ma poi bombardano i paesi costringendo la gente a
scappare, di quelli dei cultori del diritto penale internazionale
selettivo e strumentale alla diffusione della “democrazia”,
possibilmente senza il popolo. Sono questi i fautori di tribunali ad
“hoc” contro i criminali da mettere alla gogna mondiale, delle
Norimberga 2.0, dove i vari Milosevic, Mladic e per ultimo
Praljak, diventano “mostri” da sbattere in prima pagina per
coprire i veri crimini dei dominanti. Una catarsi necessaria per
tornare a bombardare il prossimo “dittatore”, che sia esso a
Belgrado, Tripoli o Bagdhad.
Un film visto migliaia di volte, con
lo stesso copione e la stessa furia “democraticamente
corretta”, con una platea narcotizzata dalla retorica umanitaria,
incapace di ogni minimo discernimento. Praljak quindi è un criminale, così si è espresso il Tribunale e magari tra 20 anni o 30 anni
assisteremo ad una sua assoluzione, ad un giudizio completamente
diverso sui bagni di sangue di quel periodo o semmai meno definitivo.
Come quello su Milosevic, “il macellaio dei Balcani”, il novello
Hitler, utile a giustificare 72 giorni di bombardamenti su Belgrado.
Nel silenzio generale dei media, Slobodan Milosevic sarà scagionato
da ogni responsabilità per i crimini di guerra, durante il periodo
92-95, dalla Corte Penale Internazionale per i crimini nell’Ex
Jugoslavia.
Sarebbe fin troppo retorico
interrogarsi sui responsabili della pioggia di bombe su Belgrado. Il
segretario di Stato Albright (foto), che ignorò i tentativi di mediazione
di Milosevic per un accordo con le forze occidentali al fine di
evitare la guerra in Serbia. Per questa autentica criminale di guerra
non ci sarà nessun TPI. Per arrivare alla storia più recente,
ai segretari di Stato americani, Colin Powell ed Illary Clinton che
decidevano la distruzione di Iraq e Libia. Per tacere del Presidente
Obama, nobel “preventivo” per la pace, responsabile del caos
siriano e di vari altri disastri.
Il breve cenno a tali episodi
basterebbe per processare i principali leader delle democrazie
occidentali per crimini contro l’umanità. Ma i vincitori, benché
si macchino delle stesse colpe degli sconfitti, se non di più gravi,
si assolvono sempre da soli trovando giustificazioni morali ad ogni
nefandezza. Pensate ad un D’Alema, che dopo aver fatto bombardare
Belgrado, parlò di ingerenza umanitaria anziché di atto di guerra
senza alcuna giustificazione, anche perché in Serbia, come ha poi
mostrato un rapporto Osce, non era in corso alcun genocidio.
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