Da almeno un paio di
mesi, da quando si è saputo della tassa sui sacchetti trasperenti
della frutta e della verdura, sto pensando a nuovi modelli di
comportamento, sulla base del detto: “Fatta la legge, trovato
l’inganno”. Con i limoni già lo facevo: ne compravo uno e
l’etichetta con il codice a barre l’appiccicavo direttamente
sull’agrume (idem con i meloni), ma di fare la stessa cosa con le arance, che di solito
si comprano a sacchi, non mi era venuto in mente. Immagino la
frustrazione delle cassiere, costrette a ripetere lo stesso gesto più
volte, tante quante sono le arance. Una microguerra fra poveri:
consumatori contro cassiere di supermercato. In alcuni casi, ancora
prima che avesse inizio questa ennesima tassa, mi ero portato
sacchetti cartacei del pane da casa, mettendoci dentro cespi
d’insalata, per esempio. Le cassiere non avevano nulla da
obiettare. A loro bastava poter scorrere il codice a barre sul lettore
ottico. Ma siccome mi piace variare la frequentazione dei
supermercati (a Codroipo ce ne sono otto), non posso essere sicuro che a
partire da oggi qualche cassiera potrebbe farmi osservazione. Anche
loro, poverine, sono tra l’incudine e il martello. Il cliente ha
sempre ragione e, nel mio caso, se mi fanno girare gli zebedei oltre un certo limite, posso
sempre dire: “Okay, avete perso un cliente!”. E’ una bordata da
novanta e io spero di non doverla mai sparare.
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