Nei primi anni della sua fondazione, il KKK non era così feroce
come si sarebbe dimostrato in seguito. Poiché erano appena stati
emancipati dalla vittoria nordista, i bianchi anglosassoni del sud
intendevano spaventare i neri per spingerli a lavorare di nuovo nelle
piantagioni, in condizioni di semischiavitù. C’è stato il caso in cui
un afro-americano che si era fatto vedere in compagnia di una donna
bianca del nord, fu preso e immerso in un fiumiciattolo gelato e
rimandato a casa bagnato fradicio. I pestaggi, tuttavia, non
mancarono, in quei primi anni, finché non si fece il salto di
qualità con le impiccagioni indiscriminate di neri. Due di loro lo
furono perché pare avessero dato fuoco a tre fienili e l’opinione
pubblica trovò equo che due vite venissero spezzate per ripagare il
danno dell’incendio di tre fienili. A Palermo, in pieno centro,
almeno sei persone incappucciate (come i membri del KKK) hanno aggredito Massimiliano Ursino, di Forza Nuova, gli hanno legato mani
e piedi e lo hanno massacrato di botte.
Il discrimine usato come pretesto dai membri del KKK del
Diciannovesimo secolo era di tipo razziale: il negro veniva considerato per definizione inferiore al bianco. Il discrimine usato dai militanti dei centri sociali responsabili del pestaggio di Ursino è
di tipo ideologico, poiché il colore della pelle di vittima e
carnefici è lo stesso. Se l’unica colpa degli africani fu quella
di essere stati legalmente liberati dalla schiavitù, quella del
rappresentante di Forza Nuova è di partecipare al gioco elettorale,
ovvero quella tanto sbandierata democrazia, sulla base di
un’ideologia vecchia di quasi un secolo, il fascismo. Dal punto di
vista antropologico, secondo me si tratta di guerra fra clan (e con il
Klan infatti ci sono molte similitudini). Nella testa dei compagni
comunisti che si sono sentiti in dovere di dare una lezione a
Massimiliano Ursino, comportandosi in perfetto stile da squadraccia
fascista, agiscono meccanismi tribali ancestrali, vecchi di milioni
d’anni.
Oserei dire che più che lavorare con la corteccia
cerebrale, che è la parte evoluzionisticamente più recente, i
ragazzi dei centri sociali ragionano con il cervello rettiliano, più antico e primitivo. E questo succede anche quando fanno a botte
con i poliziotti. Se il cervello rettiliano ha avuto la sua ragion
d’essere nei milioni di anni passati, ai fini della sopravvivenza
della nostra specie, oggi è fuori tempo, obsoleto e
controproducente. Ma gli attivisti dei centri sociali non lo sanno e
nessuno glielo spiega. Anzi, mi viene il sospetto che a qualcuno di
molto in alto vada bene così: acuire lo scontro, senza badare
all’intrinseca contraddizione di chi vuole combattere il fascismo
adottando metodi fascisti, per tenere la società divisa e facilmente
manipolabile. Il “divide et impera” è un vecchio metodo
collaudato e altamente efficiente. Quando la gente – gli elettori –
lo capiranno, forse non cadranno più in questa trappola. E staranno più attenti quando si tratterà di votare. Intanto, la
mia solidarietà va al signor Ursino, vittima di ottusi razzisti del
KKK palermitano.
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