Tutti
conoscono quel detto indiano che recita: “Vuoi far ridere Bagwan?
Digli i tuoi piani”. Conoscendolo, il detto e non l’interessato,
mi ero ben guardato dal mettermi in contatto con il signor Bagwan,
onde evitare di
farlo sbellicare dalle risate e di sottopormi a umilianti delusioni,
ché già di per sé le delusioni sono poco piacevoli. Anche
i miei affezionati lettori sarebbero stati avvisati
all’ultimo momento, a cose fatte, con me praticamente sul volo per
Parigi e, successivamente, per Antananarivo. E
avevo pronto questo montano quadretto, da far pensare ad alcuni di
voi, non senza una punta d’invidia: “Beato lui!”. Come la
pubblicità ingannevole, non sarei andato in località montane
dall’aria salubre, ma nel clima torrido del Madagascar, non una
novità per me, veramente.
Stavolta però, forse per una sorta di autopunizione, avrei voluto
passare più tempo possibile nella boscaglia, la brousse, mettendomi
quotidianamente a dura prova alla ricerca delle comodità perdute. Lo
avrei fatto – lo dico sapendo che ormai neanche Bagwan ha voglia
più di
ridere – per staccare la spina da un lavoro (ebbene sì, ho un
lavoro!) che ultimamente mi stava creando sempre più stress,
soprattutto grazie ai clienti non paganti, e tutti sappiamo quanto lo
stress abbassi le difese immunitarie.
Ora mi ritrovo malato,
stressato più di prima, nell’incertezza della guarigione, a
litigare con le dottoresse del pronto soccorso, a girare per casa
come uno zombie, a tutte le ore del giorno e della notte, ad essere
svegliato da amici preoccupati che telefonano proprio quando ero
riuscito ad affidarmi momentaneamente
a Morfeo.
Ieri sera, per la prima volta nella vita, ho preso una pastiglia di
sonnifero. E con questo mi sono definitivamente venduto l’anima al
diavolo. Tanto è vero che, nonostante avessi preso la pastiglia alle
22.00, il diavolo non ha voluto rinunciare alla sua ora, venendomi a
svegliare alle 3 di notte, dalla qual cosa deduco che, almeno al
primo tentativo, l’esperimento è fallito, perché un’ora congrua
per svegliarsi sarebbe stata, secondo me, verso le sette del mattino.
E invece, Lui mi ha ridestato alle tre di notte, come fa sempre, ma
mica per farmi svuotare la vescica, no, semplicemente perché voleva
controllare di avermi ancora in suo potere. Che dicesse chiaramente
cosa vuole da me!
Domani è il mio 60esimo
compleanno. Romanticamente e stupidamente mi volevo regalare il mio
tredicesimo viaggio in Madagascar. Tina sarebbe venuta a prendermi
all’aeroporto con il nostro autista di fiducia. Dopo di che (Tina
aveva già preso appuntamento), il giorno dopo saremmo andati al
lebbrosario
fuori città a trovare suor Clemenza, la suora infermiera che fu
molto materna e professionale nel 2014, quando me ne tornavo in
Italia malato di epatite. Insomma, tutto sarebbe dipeso dalla mia
capacità di resistenza: due voli, le attese ai check
in, le code, la ricerca della coincidenza in quel
labirinto chiamato Charles De Gaule, lo stress all'aeroporto di arrivo. Fatti due calcoli, con il ronzio
nelle orecchie e l’equilibrio precario, ho dovuto gridare,
abbastanza
forte così che nessuno mi sentisse:
“Fermate il mondo, voglio scendere!”.
Il volo dell’undici lo
avevo comprato otto mesi fa a Tulear, ma quello del rientro in Italia
previsto per il 9 maggio, l’ho comprato qui a Codroipo: 600 euro,
con la Turkish Airlines. Tutto sommato, questa è la perdita secca
dell’inghippo, la più bruciante, 600 euro, pari a 2.100.000
ariary, somma con cui Tina avrebbe potuto ripartire con il suo
business di vestiti, come fa da anni grazie ai miei finanziamenti. Se
uno pensa che man mano che si diventa vecchi, si diventa anche più
saggi, con me si deve ricredere. Sarà perché io sono bastian
contrario per natura, e mi succedono cose che ai comuni mortali di
solito non succedono, ma buttar via 600 euro, il costo di una tivù
al plasma, o quello di un cucciolo di Carlino, è da stupidi.
Quando
ero nell’agenzia di viaggi a comprare il biglietto stavo bene,
nessun ostacolo si frapponeva all’orizzonte e se il signor Bagwan
conta qualcosa, ha un modo abbastanza sadico di comportarsi con gli
esseri umani. Nel Panteon indù c’è l’elefante, la scimmia, il
topo, il pavone, il bue. Ecco, questo signor Bagwan io lo vedo più
come un gatto mammone, che si diverte a giocare con noi come il gatto
con il topo. Se fino a una settimana fa, sognavo di andare alla
ricerca delle comodità perdute, dentro una capanna di lamiere nella
boscaglia, ora vado necessariamente alla ricerca della salute
perduta. Insomma,
si è sempre alla ricerca di qualcosa!
Nessun commento:
Posta un commento