sabato 10 febbraio 2018

Alla ricerca delle comodità perdute


Tutti conoscono quel detto indiano che recita: “Vuoi far ridere Bagwan? Digli i tuoi piani”. Conoscendolo, il detto e non l’interessato, mi ero ben guardato dal mettermi in contatto con il signor Bagwan, onde evitare di farlo sbellicare dalle risate e di sottopormi a umilianti delusioni, ché già di per sé le delusioni sono poco piacevoli. Anche i miei affezionati lettori sarebbero stati avvisati all’ultimo momento, a cose fatte, con me praticamente sul volo per Parigi e, successivamente, per Antananarivo. E avevo pronto questo montano quadretto, da far pensare ad alcuni di voi, non senza una punta d’invidia: “Beato lui!”. Come la pubblicità ingannevole, non sarei andato in località montane dall’aria salubre, ma nel clima torrido del Madagascar, non una novità per me, veramente. Stavolta però, forse per una sorta di autopunizione, avrei voluto passare più tempo possibile nella boscaglia, la brousse, mettendomi quotidianamente a dura prova alla ricerca delle comodità perdute. Lo avrei fatto – lo dico sapendo che ormai neanche Bagwan ha voglia più di ridere – per staccare la spina da un lavoro (ebbene sì, ho un lavoro!) che ultimamente mi stava creando sempre più stress, soprattutto grazie ai clienti non paganti, e tutti sappiamo quanto lo stress abbassi le difese immunitarie.



Ora mi ritrovo malato, stressato più di prima, nell’incertezza della guarigione, a litigare con le dottoresse del pronto soccorso, a girare per casa come uno zombie, a tutte le ore del giorno e della notte, ad essere svegliato da amici preoccupati che telefonano proprio quando ero riuscito ad affidarmi momentaneamente a Morfeo. Ieri sera, per la prima volta nella vita, ho preso una pastiglia di sonnifero. E con questo mi sono definitivamente venduto l’anima al diavolo. Tanto è vero che, nonostante avessi preso la pastiglia alle 22.00, il diavolo non ha voluto rinunciare alla sua ora, venendomi a svegliare alle 3 di notte, dalla qual cosa deduco che, almeno al primo tentativo, l’esperimento è fallito, perché un’ora congrua per svegliarsi sarebbe stata, secondo me, verso le sette del mattino. E invece, Lui mi ha ridestato alle tre di notte, come fa sempre, ma mica per farmi svuotare la vescica, no, semplicemente perché voleva controllare di avermi ancora in suo potere. Che dicesse chiaramente cosa vuole da me!

Domani è il mio 60esimo compleanno. Romanticamente e stupidamente mi volevo regalare il mio tredicesimo viaggio in Madagascar. Tina sarebbe venuta a prendermi all’aeroporto con il nostro autista di fiducia. Dopo di che (Tina aveva già preso appuntamento), il giorno dopo saremmo andati al lebbrosario fuori città a trovare suor Clemenza, la suora infermiera che fu molto materna e professionale nel 2014, quando me ne tornavo in Italia malato di epatite. Insomma, tutto sarebbe dipeso dalla mia capacità di resistenza: due voli, le attese ai check in, le code, la ricerca della coincidenza in quel labirinto chiamato Charles De Gaule, lo stress all'aeroporto di arrivo. Fatti due calcoli, con il ronzio nelle orecchie e l’equilibrio precario, ho dovuto gridare, abbastanza forte così che nessuno mi sentisse: “Fermate il mondo, voglio scendere!”.


Il volo dell’undici lo avevo comprato otto mesi fa a Tulear, ma quello del rientro in Italia previsto per il 9 maggio, l’ho comprato qui a Codroipo: 600 euro, con la Turkish Airlines. Tutto sommato, questa è la perdita secca dell’inghippo, la più bruciante, 600 euro, pari a 2.100.000 ariary, somma con cui Tina avrebbe potuto ripartire con il suo business di vestiti, come fa da anni grazie ai miei finanziamenti. Se uno pensa che man mano che si diventa vecchi, si diventa anche più saggi, con me si deve ricredere. Sarà perché io sono bastian contrario per natura, e mi succedono cose che ai comuni mortali di solito non succedono, ma buttar via 600 euro, il costo di una tivù al plasma, o quello di un cucciolo di Carlino, è da stupidi. 

Quando ero nell’agenzia di viaggi a comprare il biglietto stavo bene, nessun ostacolo si frapponeva all’orizzonte e se il signor Bagwan conta qualcosa, ha un modo abbastanza sadico di comportarsi con gli esseri umani. Nel Panteon indù c’è l’elefante, la scimmia, il topo, il pavone, il bue. Ecco, questo signor Bagwan io lo vedo più come un gatto mammone, che si diverte a giocare con noi come il gatto con il topo. Se fino a una settimana fa, sognavo di andare alla ricerca delle comodità perdute, dentro una capanna di lamiere nella boscaglia, ora vado necessariamente alla ricerca della salute perduta. Insomma, si è sempre alla ricerca di qualcosa!

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