Testo di Paolo Sensini
Per i delitti di Cogne, Garlasco, Avetrana o Erba, tanto per
citare i casi più noti, hanno dedicato anni e anni di trasmissioni,
approfondimenti e prime pagine dei giornaloni. Con l'unico scopo di
solleticare la morbosità compulsiva dei video-dipendenti e tenerli
inchiodati davanti alla tv. Nel caso del mostruoso omicidio di Pamela
a Macerata, è come se invece la notizia fosse evaporata e non
esistesse già più. Gli assassini? Un generico "branco",
senza alcuna ulteriore specifica, e non un gruppo di malavitosi
nigeriani dediti allo spaccio abituale di droga. Non parliamo poi del
mitico "femminicidio", neanche evocato per sbaglio da
coloro che ci speculano sopra da anni facendone il loro argomento
preferito, e neppure del rito di macellazione rituale a cui è stato
sottoposto il corpo straziato della giovane. Un semplice "omicidio".
Punto.
Figuriamoci poi a discutere del fatto che alcuni organi come
il cuore, il fegato e i genitali della povera ragazza, mai trovati
tra gli altri rimasugli stipati nelle valigie, siano stati assai
verosimilmente mangiati da questi cannibali o da altri loro sodali
nigeriani. Insomma, ci sarebbero tutti gli ingredienti tali da
renderlo un boccone di cui lo spettacolo televisivo è ghiottissimo,
ma c'è solo un inconveniente: si tratta d'immigrati africani, che
per di più non avevano alcun diritto a rimanere in Italia per i
numerosi reati già compiuti, quindi è calato dall'alto l'ordine di
non parlarne più. Se gli assassini fossero stati italiani sarebbe
tutt'altro discorso, ma trattandosi di "migranti" i termini
della questione cambiano radicalmente. O parli di loro "alla
Favino" con le lacrime agli occhi, oppure rischi di essere in
odore di razzismo-fascismo-xenofobia, con tutto ciò che questo
significa. Quindi fine del discorso e caso archiviato!
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