Testo di Paolo Rumiz
Come mai questo Paese taglieggiato dalle camorre, desertificato
dalla grande distribuzione, saccheggiato dalle banche, bastonato
dalle tasse, espropriato degli spazi pubblici e delle certezze
sindacali, come mai questa Italia derubata del futuro, che va in
crisi per una nevicata, che si lascia togliere persino la libertà
democratica delle preferenze elettorali, che vede i suoi figli sedati
fin da piccoli dalle playstation e poi costretti, da grandi, a
emigrare per sfamarsi, magari facendo i camerieri con una laurea in
tasca, come mai un Paese simile, anziché fare la rivoluzione,
diventa razzista? La risposta è di un'ovvietà elementare. Esiste un
legame strettissimo tra la nullità di una classe dirigente e il
rialzarsi della tensione etnica. Quando i reggitori non sanno dare
risposte alla gente, le offrono nemici. Funziona sempre, perché
l'uomo nero da detestare abita in ciascuno di noi. I media lo sanno,
e ci campano. I social figurarsi. Accusare il "forestiero"
impedisce di pensare ai nemici interni e assolve la comunità
"autoctona" dall'obbligo morale di interrogarsi sui propri
errori. È così da secoli. La dissoluzione della Jugoslavia insegna.
Dopo aver saccheggiato il paese, la dirigenza post-comunista, per non
pagare il conto, ha scagliato serbi contro croati e quel che segue.
Ammazzatevi tra voi, pezzi di imbecilli.
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