sabato 9 settembre 2023

Un italiano fra i cannibali


Testo di Anselmo Pagani

Dei temibili guerrieri “Niam-Niam” (soprannome col quale i Francesi avevano ribattezzato in modo onomatopeico il popolo degli Asardé per le loro usanze cannibalesche) lui non aveva timore. Però qualche brutto pensiero dovette cogliere persino l’intrepido Carlo Piaggia, quando nell’aprile-maggio del 1858 riuscì a raggiungere la regione di Equatoria (nell’attuale stato del Sudan del Sud), venendo da loro accolto con l’offerta, in segno di benvenuto, di un braccio umano affumicato, secondo un’usanza che molti anni più tardi sarebbe stata descritta pure dai gallaratesi fratelli Castiglioni. Eppure, anche con loro Carlo Piaggia riuscì a interagire, abituato com’era ad adattarsi a ogni situazione, facendosi capire e benvolere da tutti. Nato il 4 gennaio del 1827 a Badia di Cantignano (Capannori, in provincia di Lucca) e sprovvisto di cultura accademica e scientifica, il nostro era appena capace di leggere e scrivere, ma in compenso aveva una spiccata propensione per il disegno. Uomo veramente “fuori-dal-comune”, mosso da insaziabile curiosità, Piaggia si scoprì esploratore e antropologo, riuscendo a cavarsela in qualsiasi situazione grazie anche alla sua abilità di esercitare con successo ogni mestiere in cui si applicasse: pescatore, verniciatore, ciabattino, cappellaio…


Dopo aver perso tutti i suoi cari a causa di un’epidemia di tifo, ormai privo di punti di riferimento, eccolo partire alla volta dell’Egitto nel 1852, mosso da puro spirito d’avventura e dal desiderio di “cambiare aria”. Ad Alessandria d’Egitto, pur trovandosi a suo agio, sentì tanto parlare delle vastissime regioni inesplorate che si estendevano sulla sponda occidentale del Nilo e delle quali ancora si sapeva più o meno solo quanto tramandato da Erodoto, da volerle scoprire di persona. Solo o aggregato a carovane mercantili, lo troviamo risalire il corso del grande fiume armato della sua grande umanità e di un fucile utilizzato per procacciarsi il cibo, desideroso di conoscere e comprendere i popoli indigeni senza l’opprimente filtro rappresentato dagli schemi preconcetti che gli Europei dell’Ottocento nutrivano nei loro confronti.


Nel 1856 giunse per la prima volta a Khartoum, capitale sudanese, da dove poi si spinse sino a Gondokoro attraverso le grandi paludi che si allargano alla confluenza del Nilo col Sobat. Vagabondando su e giù per il fiume, Piaggia trascorse tre anni cacciando, mercanteggiando e relazionandosi in maniera sempre amichevole coi locali, sino a venire a contatto anche con la miserevole realtà costituita dal traffico degli schiavi, che lo marcò profondamente. Tornato provvisoriamente in Italia, si rese però conto che il “mal d’Africa” l’aveva contagiato al punto da non riuscire a vivere lontano da quello che era ormai diventato il suo Continente d’adozione, tanto che dopo poco tempo, raccolti i pochi bagagli che aveva, tornò definitivamente a Khartoum per continuare le sue ricerche, i cui risultati furono via via raccolti in un diario scritto in italiano incerto, ma corredato da bellissimi disegni originali.


Dei “Niam-Niam” annotò usi e costumi, le tecniche d’estrazione e fusione del ferro, e le pratiche sociali e religiose in un documento che sarebbe risultato di grande utilità per gli esploratori successivi. L’opera “Nel cuore dell’Africa” del lettone Georg Schweinfurth, in particolare, si basò in gran parte sulle memorie di Piaggia, cui l’autore ebbe accesso prima che fossero pubblicate postume nel 1938. Colto da febbri di origine probabilmente malarica, Carlo Piaggia spirò il 17 gennaio del 1882 su una pista che dalle pianure del “suo” Sudan conduceva verso gli altipiani etiopi, venendo sepolto sotto un baobab, albero che con la sua gigantesca mole meglio simboleggia, da solo, l’essenza dell’Africa, il Continente adottivo di questo straordinario italiano.

6 commenti:

  1. Non ci sono cenni sul cannibalismo.
    Come si svolge , quali criteri usa , chi sono le vittime sacrificabili ... E soprattutto , nel suo caso , il motto " la fortuna ( di non finire in pentola ) aiuta gli audaci" sembra molto azzeccato.

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    1. A Sauris affumicano il prosciutto, dov'è andato l'esploratore affumicano braccia umane.


      ....l’offerta, in segno di benvenuto, di un braccio umano affumicato....


      Credo che esistano (o esistevano) due tipi di cannibalismo: 1) quello rituale in cui mangiavano i propri parenti deceduti e 2) quello alimentare in cui mangiavano i nemici (o gli stranieri) uccisi in battaglia.

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    2. Si , anch'io , nel mio immaginario, la vedo così

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  2. Nell'autunno del 1961, un giovanottone americano alto e biondo, appassionato di antropologia, fu divorato dal cannibali in Nuova Guinea. Si chiamava Michael Rockefeller, rampollo della potente famiglia di petrolieri eccetera. Non sono rari i casi nei quali tali potenti famiglie perdono uno o più congiunti in maniera violenta, tragica, quasi dovessero pagare un tributo a satanasso per "grazia" ricevuta....

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