Forse non è stata una buona idea mettere, sopra la terra, uno strato di sabbia. A parte il fatto che la sabbia viene sollevata e finisce sulle foglie del tarassaco che mangiano, dopo alcune ore entrambe, anche quella che dimostra di avere appetito, e di soddisfarlo, erano completamente ricoperte di sabbia appiccicatasi sul loro corpo, perfino attorno agli occhi. Siccome questi ultimi sono delicati, non vorrei che gli provocassero dapprima irritazione e poi qualche fastidiosa patologia. Quando le ho trovate in quello stato, gli ho fatto la doccia. Ho fatto uscire dal rubinetto del lavatoio un filino d’acqua tiepida liberandole dalla patina sabbiosa di cui erano ricoperte, badando di far colare l’acqua in una bacinella, anziché direttamente nel tubo di scarico. Ho poi rimesso le tartarughe nel terrario, avendolo per il momento ricoperto di carta asciugante tipo Scottex Casa. E’ una soluzione temporanea, ma sono determinato a raschiare via quanta più sabbia possibile, visti i risultati controproducenti a cui conduce. Sorgono però alcuni interrogativi. Lo scavare, in particolare, di una delle due è dovuto al normale istinto di libertà comune a tutti gli animali o all’impulso biologico del letargo? In questo secondo caso, tale impulso dovrebbe riguardare entrambe le tartarughe, ma gli esperti affermano che fino a quando hanno due anni di età – e le mie ne hanno proprio due – non necessitano di passare i mesi freddi in stato letargico. Tanto è vero che ho comprato due lampade per rendere confortevole il loro soggiorno da qui alla prossima primavera: una a raggi infrarossi, che genera calore, e una a raggi ultravioletti, che gli serve per la calcificazione di ossa e carapace. Proprio come succede a noi, se escludiamo il carapace. A me, comunque, non dispiacerebbe avere il carapace, non tanto alla maniera delle tartarughe Ninja, quanto in senso metaforico. Potrei così difendermi dai molti strali della vita, che gli altri – il nostro inferno, per dirla alla Sartre – ci elargiscono spesso e volentieri.
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