mercoledì 19 luglio 2023

Le confessioni di un ortolano dilettante

Stanotte sono sceso nell’orto all’una e mezza, armato di torcia e barattolo per mettere i piccoli mostri cornuti. Ce n’erano due, uno operativo, l’altro, in attesa di entrare in servizio, probabilmente stava smaltendo la sbornia di birra. Il che rappresenta esattamente il contrario di ciò che mi sarei aspettato e già m’immagino stuoli di chiocciole che arrivano da tutte le parti chiedendo: “E’ qui la festa? E’ qui che danno da bere e da mangiare gratis?”. La birra, che ieri avevo messo nell’apposita trappola, doveva fungere da attrattivo, da esca, e invece se l’erano bevuta e poi si erano messe allegramente a rosicchiare la mia insalata. E’ un po’ come quando, nascosto nel capanno, per attirare gli uccelli alla portata della mia macchina fotografica, usavo un allocco impagliato per attirarli, ottenendo invece che si spaventavano e non venivano vicino. Le due chiocciole, nel momento in cui scrivo, sono ancora chiuse nella vaschetta e aspetterò la luce del giorno per liberarle, perché se cammino al buio, nonostante la torcia, di sicuro ne schiaccio qualcuna, invisibili come sono a causa del colori mimetici del guscio. 


Poi sono tornato a dare un’occhiata alle quattro, ma non ce n’era nessuna, e non lo avrei fatto se Pablo non avesse incominciato ad abbaiare insistentemente. Ripeto: alle quattro di notte! E una ragione c’era. Era alle prese con un riccio e, da bravo molossoide, era del tutto determinato a mangiarselo. Ho dovuto sollevarli di peso tutti e due, per separarli, e metterli uno da una parte e uno dall’altra. Ma questa è un’altra storia.


Quando racconto le mie vicissitudini con i molluschi, cominciate l’anno scorso, ottengo la reazione di almeno due persone che ho nelle amicizie di Facebook. Una è un’animalista dura e pura, l’altro è un agricoltore biodinamico. Entrambe sono persone stimabilissime, degne di considerazione e che conosco da almeno mezzo secolo. Ma non mi sono di molto aiuto. La prima mi rimprovera perché sono un pessimo animalista, dato che ho minacciato di usare con le lumache le maniere forti, come del resto già faccio con mosche, zanzare e pulci. Il secondo mi rimprovera dicendomi che è colpa mia, che sono io ad attirarle e che dovrei seguire i consigli di Steiner per risolvere il problema. Sì, ma quali sono questi consigli? Nessuno nasce imparato! Ora mi aspetto qualcun altro che mi dica che in una vita precedente ero una lumaca. Io sto solo cercando di coltivarmi la mia insalata. Senza pesticidi e senza far del male a nessuno, ma non posso permettere alle lumache di vanificare i miei sforzi. C’è un certo grado di frustrazione tollerabile, oltre il quale non si può andare.


I danni che mi stanno facendo ora vanno ad aggiungersi a quelli che mi hanno causato l’anno scorso, quando, per difendermi, le deportavo a centinaia, solo che c’è una novità: nell’aiuola sopraelevata che uso adesso le limacce non arrivano. Ci arrivano solo quelle col guscio, per intenderci. Dal che si capisce che le limacce non amano le altezze, mentre le chiocciole sono spericolate di natura e si arrampicano dappertutto senza difficoltà alcuna.


Io non so come finirà questa storia. Al momento non sono ancora ricorso alle maniere forti, anche se ieri, al circolo agrario, ho preso in mano la confezione del veleno, per vedere almeno di cosa si tratta. Poi l’ho rimessa giù. Ho preso solo la trappola di plastica, a cono, che, tanto per cambiare, al pari della sepiolite usata l’anno scorso, non ha funzionato. Vi confesso una cosa, benché molti di voi lo sappiano già: nascere animalisti è spesso un grosso inconveniente. Troppi casini, nelle nostre vite!

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