Fonte: Dagospia
Già esaurito e in ristampa, il libro
dello storico Michel De Jaeghere "Gli ultimi giorni dell' Impero
Romano", che arriva ora in Italia (euro 34), è uscito due anni fa in
Francia e, là, ha sollevato un putiferio. Perché? Perché l'autore dimostra che quella
civiltà collassò per le seguenti cause: a) crollo demografico, per
far fronte al quale si inaugurò b) una persecuzione fiscale che c)
distrusse l'economia; allora si cercò vanamente di ovviare tramite
d) l' immigrazione massiccia. Che però si trascurò di governare. Se tutto questo ci ricorda qualcosa,
abbiamo azzeccato anche il motivo per cui gli intellettuali
politicamente corretti d'oltralpe sono insorti.
La vecchia tesi di
Edward Gibbon, che è settecentesca e perciò più vecchia del cucco,
forse poteva andar bene a Marx, ma non ha mai retto: non fu il
cristianesimo a erodere l'Impero Romano, per la semplice ragione che
la nuova religione era minoritaria e tale rimase a lungo anche dopo
Costantino. L'Impero cessò ufficialmente nel V secolo, quando i
cristiani erano neanche il dieci per cento della popolazione. Solo nella pars Orientis erano
maggioranza. Infatti, Bisanzio resse altri mille anni: quelli che
combattevano per difenderla erano tutti cristiani. E pure a Occidente
erano cristiani soldati (inutilmente) vittoriosi come Ezio e
Stilicone.
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