mercoledì 25 gennaio 2017

Bizzarrie dei campi elettromagnetici


Stamattina, mentre ero al computer, sento la voce di un uomo in cortile. Tina, che era in bagno, esce subito e la sento discutere animatamente. Poi rientra dalla cucina e stacca la spina del frigo, annunciando che Jirama era venuta, al femminile in quanto azienda della luce e dell’acqua del Madagascar (JI-ro RA-no MA-dagascar) a tagliare la corrente. Il motivo? La padrona di casa Ivonne non aveva pagato la bolletta del mese di novembre, prima che noi ci installassimo in casa. Mi arrabbio. La stessa cosa era successa anni fa quando eravamo in affitto presso la casa di Madame Fleurette, nel quartiere di Sanfily e quello che pensavo fosse un caso eccezionale, si dimostra invece la regola. Tina infatti, dopo essere stata a pagare, non prima di aver avuto una telefonata concitata con Madame Ivonne, mi ha riferito che l’ufficio di gente….morosa era affollatissimo. Ne deduco che mandare gli scagnozzi in giro per le case a tagliare la corrente è abituale. Ci vedo anche un pizzico di sadismo, in questo. In tutti i paesi civili viene dato un congruo periodo di tempo per la regolarizzazione. No, qui amano fare le sorprese agli inquilini! Stando a quello che in ufficio le hanno detto, per legge devono passare due giorni prima che la corrente venga restituita, dopo aver saldato il debito. Indi per cui, per colpa di una “dimenticanza” della padrona di casa, tra l’altro sorella di un generale che è il vero proprietario dell’immobile, sarei rimasto due giorni senza computer, senza bollitore per il the e soprattutto senza birra fredda. Paga il giusto per il peccatore.




Fatto sta che nel pomeriggio verso le quattro si presenta un signore anziano in bicicletta. Lo accolgono i due ragazzi che ci danno una mano nel cortile, come giardinieri, e che Tina chiama quando dobbiamo uscire insieme. Intuisco che è venuto a riattivare la corrente, nonostante la legge parli di due giorni prima che ciò avvenga. Smonta il quadro, riattacca alcuni fili e la corrente ritorna. Annika, la figlia di Tina, a lavoro ultimato gli dà 1.000 ariary, com’è consuetudine. Vista la presenza di un vazaha, me, l’omino si fa più ardito e dice: “Zaho mossaré”, io ho fame. Tergiverso, per l’imbarazzo e perché non so cosa offrirgli. Non mi viene in mente niente. Tina in quel momento non c’era. Rientro in casa e gli preparo un sacchettino con cibarie: tre banane, una confezione di zuppa cinese da cuocere, un sacchetto di “kakapigeon” e una lattina di birra. Gli è andata bene, non poteva lamentarsi. Se ci fosse stata Tina lo avrebbe mandato via con una risata, la stessa che gli autisti di taxi-brousse fanno quando vogliono ingraziarsi i poliziotti che li stanno taglieggiando. I malgasci fanno così. Fanno i simpaticoni per addolcire uno stato di illegalità e di prevaricazione. E’ la loro filosofia di vita. Appena riavuta la corrente, ho attaccato la spina del frigo alla presa. Stasera birra fredda!

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