Stamattina, mentre ero al computer, sento la voce di un uomo in
cortile. Tina, che era in bagno, esce subito e la sento discutere
animatamente. Poi rientra dalla cucina e stacca la spina del frigo,
annunciando che Jirama era venuta, al femminile in quanto azienda
della luce e dell’acqua del Madagascar (JI-ro RA-no MA-dagascar) a
tagliare la corrente. Il motivo? La padrona di casa Ivonne non aveva
pagato la bolletta del mese di novembre, prima che noi ci
installassimo in casa. Mi arrabbio. La stessa cosa era successa anni
fa quando eravamo in affitto presso la casa di Madame Fleurette, nel
quartiere di Sanfily e quello che pensavo fosse un caso eccezionale,
si dimostra invece la regola. Tina infatti, dopo essere stata a
pagare, non prima di aver avuto una telefonata concitata con Madame
Ivonne, mi ha riferito che l’ufficio di gente….morosa era
affollatissimo. Ne deduco che mandare gli scagnozzi in giro per le
case a tagliare la corrente è abituale. Ci vedo anche un pizzico di
sadismo, in questo. In tutti i paesi civili viene dato un congruo
periodo di tempo per la regolarizzazione. No, qui amano fare le
sorprese agli inquilini! Stando a quello che in ufficio le hanno
detto, per legge devono passare due giorni prima che la corrente
venga restituita, dopo aver saldato il debito. Indi per cui, per
colpa di una “dimenticanza” della padrona di casa, tra l’altro
sorella di un generale che è il vero proprietario dell’immobile,
sarei rimasto due giorni senza computer, senza bollitore per il the e
soprattutto senza birra fredda. Paga il giusto per il peccatore.
Fatto sta che nel pomeriggio verso le quattro si presenta un
signore anziano in bicicletta. Lo accolgono i due ragazzi che ci
danno una mano nel cortile, come giardinieri, e che Tina chiama
quando dobbiamo uscire insieme. Intuisco che è venuto a riattivare
la corrente, nonostante la legge parli di due giorni prima che ciò
avvenga. Smonta il quadro, riattacca alcuni fili e la corrente
ritorna. Annika, la figlia di Tina, a lavoro ultimato gli dà 1.000
ariary, com’è consuetudine. Vista la presenza di un vazaha, me,
l’omino si fa più ardito e dice: “Zaho mossaré”, io ho fame.
Tergiverso, per l’imbarazzo e perché non so cosa offrirgli. Non mi
viene in mente niente. Tina in quel momento non c’era. Rientro in
casa e gli preparo un sacchettino con cibarie: tre banane, una
confezione di zuppa cinese da cuocere, un sacchetto di “kakapigeon”
e una lattina di birra. Gli è andata bene, non poteva lamentarsi. Se
ci fosse stata Tina lo avrebbe mandato via con una risata, la stessa
che gli autisti di taxi-brousse fanno quando vogliono ingraziarsi i
poliziotti che li stanno taglieggiando. I malgasci fanno così. Fanno
i simpaticoni per addolcire uno stato di illegalità e di
prevaricazione. E’ la loro filosofia di vita. Appena riavuta la
corrente, ho attaccato la spina del frigo alla presa. Stasera birra
fredda!
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