martedì 24 gennaio 2017

Un giovane medico del carcere



Quando da qualche parte in Africa una gazzella si sveglia, sa che deve mettersi a correre perché capisce che se non lo fa è morta. Quando da qualche parte in Madagascar sento una gallina che starnazza di dolore, capisco che è arrivata la sua ora e che dopo un po’ sarà morta. Perciò, quando a Mangily ho visto Ely, figlio di Daholy e Mami, che correva dietro a un gallo, mi sono allarmato perché non vorrei mai che mi facessero assistere a scene di macellazione. In breve Ely è riuscito ad acchiapparlo, l’ha portato dentro una capanna e, una volta saputo che stava per dargli una medicina in quanto affetto da “rehoky”, catarro, l’ho seguito. 



In realtà, la medicina era solo miele, di cui evidentemente anche i malgasci conoscono le virtù terapeutiche e se si tratta di disturbi di gola, mi pare adatto. La quantità somministratagli è stata quella contenuta nel tappo di una bibita e gli è stata data con un cucchiaino. Particolare interessante: se per ipotesi io uso un cucchiaino per dar da mangiare a un cane, l’utensile diventa automaticamente “fady”, tabù, e non può più essere usato dagli umani. Il che significa che nella mentalità malgascia gli animali da carne e da reddito sono nobili e non contaminano gli esseri umani, mentre i parassiti pulciosi che in Occidente consideriamo animali d’affezione sono ignobili e repellenti. Non so se quel gallo guarirà dal catarro, cioè se farà in tempo a guarire prima di finire in pentola, ma anche se si è trattato di un intervento di veterinaria spicciola, quel povero animale spaventato è e rimarrà, insieme a tutti i suoi sfortunati simili, un condannato a morte su questo pianeta prigione ed Ely il suo momentaneo medico carcerario.

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