Il trasloco è avvenuto il giorno dopo che l’azienda della luce
e dell’acqua al mattino ci aveva tagliato la corrente, per una
negligenza di Madame Ivonne, ripristinandola a tempo di record nel
pomeriggio. Costei, da oggi, giovedì 26 gennaio, non è più la
nostra padrona di casa. La nuova si chiama (o dovrebbe chiamarsi)
Samsin, forse perché quando è nata i suoi genitori desideravano
tantissimo un cellulare Samsung. Scherzi a parte, la casa si trova
nel quartiere di Ampasikibo, molto più lontano dal centro di
dov’eravamo prima, ad Akenta. L’avevamo già vista una decina di
giorni fa e l’avevamo anche scartata, ma visto che la nuova padrona
di casa ha capitolato riguardo all’affitto, passando dagli
irremovibili 280.000 ariary al mese alla cifra tonda di 250.000 (70
euro), ci siamo decisi e in quattro e quattr’otto abbiamo
traslocato. Due viaggi di taxi, uno di “Tre Ruote” Piaggio, con i
nostri tre ragazzi giardinieri a darci una mano,Thierry, Mahiti e
Teomassy e, perno di tutta la situazione, un viaggio del cosiddetto
“kalesy”, vocabolo dal suono familiare che ricorda calesse.
Tuttavia, non c’erano cavalli, solo due adulti che spingevano e un
bambino a manovrare il volante, forse figlio di uno dei due.
Non ho assistito all’operazione di carico, bensì a quella di
scarico e, mentre i due addetti al carro spinto a forza di braccia e
i nostri ragazzi scaricavano, ho notato che il bambino tirava sassi
agli uccelli fra i rami dei manghi. Quegli stessi uccelli che,
aspettando l’arrivo del “kalesy”, mi ero beato ad osservare con
il binocolo. Qualche parola di malgascio l’ho imparata e mi è
bastato dire al bambino: “Angao ny voro”, lascia stare gli
uccelli, che subito ha gettato via il sasso che ancora aveva in mano.
Poi gli ho dato una caramella e Tina un bicchiere di Coca cola. Ché
non vada in giro a dire che i vazaha sono “masiaka”, cattivi.
Mentre facevo bird watching, Karola puliva la casa. Poi è arrivato
il kalesy e quindi la tempistica è stata perfetta. Quando vogliono,
i malgasci sanno fare le cose per bene. Altrimenti, negligenti e
inaffidabili come sono, non si spiegherebbe come faccia ad andare
avanti la loro società. Da questo punto di vista sono ammirevoli.
Dal caos riescono a trarre un minimo di organizzazione: se solo non
ci fosse quella classe di parassiti, funzionari e poliziotti, ad
impoverirli!
Nel tardo pomeriggio, dopo che Tina ha fatto una pasta per tutti,
tranne per i due conducenti del kalesy con il bambino, che se ne sono
andati appena finito il lavoro e aver preso la loro mercede, 15.000
ariary (5 euro), la casa si presentava abitabile. L’unica mia
preoccupazione è la scarsità d’acqua erogata dai rubinetti,
dovuta alla pressione nei tubi. Tina dice che al mattino presto
migliaia di persone attingono all’acquedotto e si è fortunati se
esce un filino d’acqua. Sembra che alle dieci di mattina finisca la
grande richiesta e il filino s’ingrossi. Vedremo i prossimi giorni.
Poiché è mia responsabilità lavare i piatti, la poca acqua che
esce dal rubinetto della cucina mi crea qualche problema.
Risolvibile, però, se mi adeguo alla filosofia di vita dei malgasci
e alle loro tecniche di gestione casalinga.
L’unica nota triste, almeno per questo primo giorno di
insediamento, è stato il comportamento criticabile di una chioccia,
seguita dal suo codazzo di pulcini e da un anatroccolo giallo. Va la
tacchina con l’altrui covata, cantava il Pascoli. Ce ne sono tre, di
chiocce, nel nostro cortile, che passano attraverso la recinzione, ma
le altre hanno una figliolanza legittima. In questo caso, invece,
l’anatra adulta potrebbe essere passata a miglior vita ed essere
finita nello stomaco dei vicini di casa, che allevano anche oche
abbastanza rumorose. La cosa triste è che il piccolo Saturnino
giallo segue la matrigna che, appena si accorge di lui, non gli fa
mancare una beccata e il piccolo, per evitare ciò, ha scoperto che
acquattandosi passa inosservato. Ha una mamma cattiva, dei
fratellastri indifferenti al suo dramma, ma continua imperterrito a
seguire quella madre snaturata, nonché coattamente adottiva. Che
altro potrebbe fare?
C’è un bambino di otto anni di nome Odillon. Sua madre Korety
lo ha dato in affidamento alla nonna Sitra, che si comporta come
quella malvagia gallina con l’anatroccolo. Odillon è già stato
più volte allontanato da casa. Roba da assistenti sociali. Sitra
farebbe bene a dire a sua figlia Korety: “E’ tuo figlio e ci devi
badare tu”. E invece, per motivi di lavoro poiché Korety vende
carbone a Ilakaka, mentre Sitra abita a Tulear, si è presa Odillon e
lo tratta poco amorevolmente. Gli autori classici di favole, Fedro,
Esopo, erano acuti osservatori del comportamento animale e da questo
traevano insegnamento. In questo caso, Sitra non lo sa, ma sta
adottando un comportamento zoologicamente simile a quello della
gallina malvagia. Il che non fa onore né a lei in particolare, né
alla razza umana in genere. Trovo molto triste la condizione degli
esseri umani, schiavi costretti a mille sacrifici per lavorare, che
porta alcune donne ad agire contro natura. E questo vale sia per
Korety che ha dovuto separarsi dai figli (l’altro si chiama Sammy),
sia per la nonna di Odillon, Sitra. La gallina che becca
l’anatroccolo almeno ha delle scusanti. Fa ciò che l’istinto le
dice di fare. Ma io mi chiedo: e se fosse così anche per gli esseri
umani?
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