giovedì 26 gennaio 2017

Va la gallina con l’altrui covata


Il trasloco è avvenuto il giorno dopo che l’azienda della luce e dell’acqua al mattino ci aveva tagliato la corrente, per una negligenza di Madame Ivonne, ripristinandola a tempo di record nel pomeriggio. Costei, da oggi, giovedì 26 gennaio, non è più la nostra padrona di casa. La nuova si chiama (o dovrebbe chiamarsi) Samsin, forse perché quando è nata i suoi genitori desideravano tantissimo un cellulare Samsung. Scherzi a parte, la casa si trova nel quartiere di Ampasikibo, molto più lontano dal centro di dov’eravamo prima, ad Akenta. L’avevamo già vista una decina di giorni fa e l’avevamo anche scartata, ma visto che la nuova padrona di casa ha capitolato riguardo all’affitto, passando dagli irremovibili 280.000 ariary al mese alla cifra tonda di 250.000 (70 euro), ci siamo decisi e in quattro e quattr’otto abbiamo traslocato. Due viaggi di taxi, uno di “Tre Ruote” Piaggio, con i nostri tre ragazzi giardinieri a darci una mano,Thierry, Mahiti e Teomassy e, perno di tutta la situazione, un viaggio del cosiddetto “kalesy”, vocabolo dal suono familiare che ricorda calesse. Tuttavia, non c’erano cavalli, solo due adulti che spingevano e un bambino a manovrare il volante, forse figlio di uno dei due.




Non ho assistito all’operazione di carico, bensì a quella di scarico e, mentre i due addetti al carro spinto a forza di braccia e i nostri ragazzi scaricavano, ho notato che il bambino tirava sassi agli uccelli fra i rami dei manghi. Quegli stessi uccelli che, aspettando l’arrivo del “kalesy”, mi ero beato ad osservare con il binocolo. Qualche parola di malgascio l’ho imparata e mi è bastato dire al bambino: “Angao ny voro”, lascia stare gli uccelli, che subito ha gettato via il sasso che ancora aveva in mano. Poi gli ho dato una caramella e Tina un bicchiere di Coca cola. Ché non vada in giro a dire che i vazaha sono “masiaka”, cattivi. Mentre facevo bird watching, Karola puliva la casa. Poi è arrivato il kalesy e quindi la tempistica è stata perfetta. Quando vogliono, i malgasci sanno fare le cose per bene. Altrimenti, negligenti e inaffidabili come sono, non si spiegherebbe come faccia ad andare avanti la loro società. Da questo punto di vista sono ammirevoli. Dal caos riescono a trarre un minimo di organizzazione: se solo non ci fosse quella classe di parassiti, funzionari e poliziotti, ad impoverirli!




Nel tardo pomeriggio, dopo che Tina ha fatto una pasta per tutti, tranne per i due conducenti del kalesy con il bambino, che se ne sono andati appena finito il lavoro e aver preso la loro mercede, 15.000 ariary (5 euro), la casa si presentava abitabile. L’unica mia preoccupazione è la scarsità d’acqua erogata dai rubinetti, dovuta alla pressione nei tubi. Tina dice che al mattino presto migliaia di persone attingono all’acquedotto e si è fortunati se esce un filino d’acqua. Sembra che alle dieci di mattina finisca la grande richiesta e il filino s’ingrossi. Vedremo i prossimi giorni. Poiché è mia responsabilità lavare i piatti, la poca acqua che esce dal rubinetto della cucina mi crea qualche problema. Risolvibile, però, se mi adeguo alla filosofia di vita dei malgasci e alle loro tecniche di gestione casalinga.




L’unica nota triste, almeno per questo primo giorno di insediamento, è stato il comportamento criticabile di una chioccia, seguita dal suo codazzo di pulcini e da un anatroccolo giallo. Va la tacchina con l’altrui covata, cantava il Pascoli. Ce ne sono tre, di chiocce, nel nostro cortile, che passano attraverso la recinzione, ma le altre hanno una figliolanza legittima. In questo caso, invece, l’anatra adulta potrebbe essere passata a miglior vita ed essere finita nello stomaco dei vicini di casa, che allevano anche oche abbastanza rumorose. La cosa triste è che il piccolo Saturnino giallo segue la matrigna che, appena si accorge di lui, non gli fa mancare una beccata e il piccolo, per evitare ciò, ha scoperto che acquattandosi passa inosservato. Ha una mamma cattiva, dei fratellastri indifferenti al suo dramma, ma continua imperterrito a seguire quella madre snaturata, nonché coattamente adottiva. Che altro potrebbe fare?





C’è un bambino di otto anni di nome Odillon. Sua madre Korety lo ha dato in affidamento alla nonna Sitra, che si comporta come quella malvagia gallina con l’anatroccolo. Odillon è già stato più volte allontanato da casa. Roba da assistenti sociali. Sitra farebbe bene a dire a sua figlia Korety: “E’ tuo figlio e ci devi badare tu”. E invece, per motivi di lavoro poiché Korety vende carbone a Ilakaka, mentre Sitra abita a Tulear, si è presa Odillon e lo tratta poco amorevolmente. Gli autori classici di favole, Fedro, Esopo, erano acuti osservatori del comportamento animale e da questo traevano insegnamento. In questo caso, Sitra non lo sa, ma sta adottando un comportamento zoologicamente simile a quello della gallina malvagia. Il che non fa onore né a lei in particolare, né alla razza umana in genere. Trovo molto triste la condizione degli esseri umani, schiavi costretti a mille sacrifici per lavorare, che porta alcune donne ad agire contro natura. E questo vale sia per Korety che ha dovuto separarsi dai figli (l’altro si chiama Sammy), sia per la nonna di Odillon, Sitra. La gallina che becca l’anatroccolo almeno ha delle scusanti. Fa ciò che l’istinto le dice di fare. Ma io mi chiedo: e se fosse così anche per gli esseri umani?

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