Sia chiaro! Io non sono interessato alla cosa, ma c’è chi lo è:
un imprenditore italiano con cui sono rimasto in contatto, dopo che
si era servito di Tina come guida. Avendomi chiesto informazioni, nei
panni di guida mi sono informato e qui riferisco. Per lui e per
tutti. Da anni sento proprietari di pizzerie italiani, residenti in
Madagascar, lamentarsi per la mancanza di mozzarella da usare per le
pizze. Ieri ho parlato con uno di loro che mi ha spiegato alcune
cose. Bisogna partire da un presupposto: i malgasci non sanno fare
pizze buone e il motivo non sta tanto nel fatto che usano il
formaggio di Antsirabe al posto dell’introvabile mozzarella, quanto
perché non fanno lievitare abbastanza la pasta. Il risultato è che
il lievito continua a lievitare nello stomaco di chi ha mangiato la
pizza, con conseguente laboriosa digestione. Le pizze dei ristoranti
francesi non sono esenti da questo difetto. Per quel che ne so, la
pasta andrebbe preparata la sera prima, coperta con un panno e
lasciata lievitare tutta la notte. Solo così il lievito ha tempo di
fare il suo delicato lavoro. Forse ai pizzaioli malgasci nessuno
glielo ha spiegato.
Inoltre, mi diceva Giancarlo Faussone con cui ho parlato ieri,
titolare del ristorante “Le jardin”, sicuramente il più rinomato
della città di Tulear, il suo segreto è che usa il lievito madre,
al posto del lievito normale. Il lievito madre è simile ai fermenti
lattici e deve essere regolarmente nutrito. La mozzarella va bene per
la pizza, collaudata com’è in un paio di secoli di storia, ma non
è detto che la renda più saporita. Anzi, i formaggi locali vanno
anche meglio per la margherita. Giancarlo tuttavia, sarebbe
interessato a comprare la mozzarella, nel caso la persona che
vorrebbe investire in Madagascar aprisse una società di
import-export, purché non si superasse il tetto dei 20.000 ariary al
chilo (5,70 euro) , perché in caso contrario a lievitare non sarebbe
più il lievito madre, ma il prezzo finale della pizza. E lui,
Giancarlo, deve stare attento a non scontentare i clienti, la maggior
parte dei quali appartiene alla classe media del Madagascar,
funzionari e dipendenti statali che portano al ristorante la famiglia
e che considerano tali visite come una specie di status simbol. C’è
infatti in Madagascar un concetto riassunto nel francesismo
”migeste”, che significa pavoneggiarsi, mettersi in mostra per
suscitare invidia.
Giancarlo comprerebbe la mozzarella per la pizza ai 3 formaggi,
piuttosto che per la margherita, visto che anche il gorgonzola è
introvabile. Ma se l’acquirente deve calmierare i prezzi per non
perdere clienti, l’importatore sarebbe alle prese con ben altri
problemi, sempre inerenti ai costi. Dovendo necessariamente viaggiare
in aereo e non in nave, come i fiori del Sudafrica che tutte le notti
volano ad Amsterdam per la famosa asta dei fiori, la mozzarella
campana avrebbe un alto costo in termini di trasporto. E questo penso
sia il motivo per cui molti altri imprenditori, fino ad oggi, si sono
arresi. Lo stesso discorso vale per l’olio d’oliva: nei negozi
malgasci è carissimo. Quello d’importazione è l’unico che si
trova perché la pianta dell’ulivo non cresce in Madagascar. Una
volta arrivata all’aeroporto di Ivato, la mozzarella dovrebbe
essere caricata sui camion e portata alla destinazione finale. E
anche questo avrebbe un costo. Autisti, mezzi e depositi-frigorifero
con guardiani anti-ladri in cui conservare la merce, che dovrebbe
essere difesa anche dai batteri della fermentazione e dalle muffe.
Insomma, se si vuole fare le cose per bene, quando si tratta di cibo,
vanno rispettati alcuni parametri igienici, cosa non facile in
Madagascar. L’imprenditore italiano deve avere in mente l’intero
quadro della situazione. E poi decidere.
oppure fare la mozzarella in loco.......
RispondiEliminamichy
Buona idea. Strano che a nessuno finora sia venuto in mente.
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