sabato 8 aprile 2017

Cambiando l’ordine dei fattori, l’agenda non cambia


Testo di Paolo Sensini


Freghiamocene del babau "complottista" e proviamo a collegare i puntini: circa dieci giorni fa il paladino dei diritti umani Alexej Naval'nyj organizza manifestazioni anti-Putin in diverse città russe che, nonostante il molto fumo e poco arrosto, ottengono una copertura clamorosa sui grandi network internazionali. Evidentemente ciò che si agita nella grande Russia sta molto a cuore all'oligarchia degli Stati Uniti, così strabordante di democrazia al proprio interno da non riuscire a trattenersi dall'esportarla ovunque nel mondo. Di lì a breve un attentato nella metropolitana di San Pietroburgo uccide 14 persone con decine e decine di feriti. Infine, a qualche giorno di distanza, esplode un'arma chimica vicino a Idlib la cui responsabilità viene subito attribuita al presidente siriano Assad, dimenticando però di raccontare che in svariati casi precedenti si è accertato che fossero proprio i tagliagole islamici ad avere utilizzato il gas sarin contro i civili. 



Risultato: la Russia è sotto pressione dovendo gestire un'emergenza interna e un'offensiva diplomatica internazionale; al contempo si riapre la partita in Siria con un attacco militare da parte della coalizione occidentale guidata dagli Stati Uniti. Insomma, il quadro sullo scacchiere mediorientale e non solo rischia di andare ancora una volta in pezzi. I presidenti americani cambiano, ma l'agenda estera anglo-sionista difficilmente muta gli obiettivi strategici.

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