Testo di Paolo Sensini
Freghiamocene del babau "complottista" e proviamo a
collegare i puntini: circa dieci giorni fa il paladino dei diritti
umani Alexej Naval'nyj organizza manifestazioni anti-Putin in diverse
città russe che, nonostante il molto fumo e poco arrosto, ottengono
una copertura clamorosa sui grandi network internazionali.
Evidentemente ciò che si agita nella grande Russia sta molto a cuore
all'oligarchia degli Stati Uniti, così strabordante di democrazia al
proprio interno da non riuscire a trattenersi dall'esportarla ovunque
nel mondo. Di lì a breve un attentato nella metropolitana di San
Pietroburgo uccide 14 persone con decine e decine di feriti. Infine,
a qualche giorno di distanza, esplode un'arma chimica vicino a Idlib
la cui responsabilità viene subito attribuita al presidente siriano
Assad, dimenticando però di raccontare che in svariati casi
precedenti si è accertato che fossero proprio i tagliagole islamici
ad avere utilizzato il gas sarin contro i civili.
Risultato: la
Russia è sotto pressione dovendo gestire un'emergenza interna e
un'offensiva diplomatica internazionale; al contempo si riapre la
partita in Siria con un attacco militare da parte della coalizione
occidentale guidata dagli Stati Uniti. Insomma, il quadro sullo
scacchiere mediorientale e non solo rischia di andare ancora una
volta in pezzi. I presidenti americani cambiano, ma l'agenda estera
anglo-sionista difficilmente muta gli obiettivi strategici.
Nessun commento:
Posta un commento