Testo di Antonella Lucato
Ciao Italia. 8500 migranti entrati in Italia in un solo weekend si
aggiungono agli oltre 35.000 già arrivati dall'inizio del 2017.
Giusto per avere un'idea è il numero di abitanti di un'intera
cittadina italiana. Dove li metteranno, cosa faranno, come si
manterranno, di che cosa vivranno? Sono le domande basiche che
vengono poste a chiunque entri in un altro paese, persino a Cuba. La
maggior parte di loro pare non abbia documenti o, se li aveva, li ha
buttati poiché, a differenza dei paesi del resto del mondo, in
Italia è più facile entrare senza essere identificati, così è più
facile viaggiare su treni e autobus a gratis, nessuno ti può fermare
né chiedere nulla, se nessuno sa chi sei, da dove vieni, cosa hai
fatto nella tua vita, tutto diventa più semplice. Tanto che c'è chi
si costruisce la professione "profugo". Male che ti vada,
in Italia puoi sempre rimediare il riconoscimento di essere un
"dono", una "risorsa", insomma una specie
meritevole di protezione, qualunque cosa uno abbia fatto o non fatto
nella sua vita precedente, prima di sbarcare in quella Disneylandia
Italica che ai propri cittadini succhia sino al 60% e più di tasse,
solo per il fatto di essere cittadini nel proprio paese e di cercare
di costruire qualche attività per tenere in piedi il proprio paese.
La maggior parte delle nuove "risorse" sbarcate pare
siano giovani tra i 20 e 30 anni, l'età con il testosterone a mille,
molti si dichiarano minori, tanto i documenti mica li hanno, se son
dovuti imbarcarsi di corsa sul primo barcone che partiva e poi in
Italia è meglio sembrare "minori". Così tanti, a
cominciare dalla terza carica dello stato italiano, si prodigano per
trattamenti di favore e tanti italiani son contenti, si sentono utili
all'umanità, se pagano per i figli degli altri. Intanto i propri si
possono anche suicidare, tanto solo se sei sbarcato da un barcone da
chissà dove potrai avere almeno una trasmissione televisiva
dedicata. Se invece sei italiano, vai pure all'estero: pare siano
oltre centomila i giovani che se ne vanno dall'Italia, ma nessuno se
ne preoccupa tanto, sarà perché partono con un passaporto, una
valigia e spesso una laurea in mano?!
Insomma, troppo regolari per costruirci sopra storie da pianti
mediatici. E quelli che piangono, spesso in silenzio, sono i
familiari e gli amici più cari. Sono parte di loro perché tante
volte ho pianto in un aeroporto, nascondendo le lacrime dentro il
cappuccio di una felpa, perché non è vero che andarsene dal proprio
paese non costa un prezzo. Molti giovani italiani, miei compagni di
viaggio, se ne sono andati per scelta, per questioni affettive o
familiari, per crescita personale o professionale, molti se ne son
dovuti andare per trovare un lavoro o per un guadagno decente, altri
per un modo di vivere congeniale, tanti per realizzare un sogno
negato nel loro paese. Ho conosciuto tanti italiani all'estero,
giovani e meno giovani, ho ascoltato le loro storie, tutti portano
nel cuore gli affetti più cari, gli amici, i ricordi o i profumi
della loro terra, pochi tra quelli che ho incontrato torneranno in
Italia, un paese prodigo con i figli altri, mentre non sa fare nulla
per far tornare in patria i propri stessi figli.
Studiare e far esperienze in altri paese è una ricchezza ma è
demenzialmente perduta poiché l'Italia e i suoi rappresentanti
politici e mediatici sono tanto impegnati a spendere i soldi delle
tasse dei cittadini italiani per investire su chiunque sbarchi da
qualunque paese, mentre resta indifferente e assente nei confronti
dei suoi stessi figli, per scelta o costretti ad emigrare.
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