Fonte: Leggo
Proprio ieri, qui, nelle acque dell'Atlantico di Fuerteventura,
mentre cercavamo balene e delfini, ci siamo imbattuti in una
splendida tartaruga marina. Placida, nuotava incuriosita dalla nostra
barca con quella grazia ed eleganza tipiche, uniche nel Regno
animale. Tranquilla, come fosse consapevole di non dover temere
nulla, si è soffermata qualche istante per, poi, sparire in un
batter d'occhio. Qui, infatti, così come accade in molti altri
Paesi, nessuno si sognerebbe di catturarla per metterla in vendita al
mercato. Purtroppo, però, come le terribili immagini che
pubblichiamo dimostrano, non è sempre così.
Foto e video arrivano dal nostro Mediterraneo dove, perlopiù, le
tartarughe marine sono tenute in grande considerazione. Una ricchezza
da salvaguardare. In alcune località della Tunisia, evidentemente,
non la pensano così. Strane abitudini, quelle registrate in molti
Paesi a vocazione turistica, di reclamizzare le proprie coste e le
meraviglie del mare per poi, magari inconsciamente, depredarlo.
Piccoli paesini di mare con piccole comunità non sono facili da
controllare. Cosa pescare e cosa rilasciare in mare sono concetti
ostici anche per le marinerie più agiate, figuriamoci per le altre.
Ed è proprio da una di queste piccole comunità che, al mercato,
l'autore del video ha girato le immagini.
Achraf Hentati era sull'isola di Kerkennah, al porto di Sidi
Youssef in attesa del traghetto. "Mentre aspettavo, scrive
Achraf, ho pensato di fare un giro al vicino mercato del pesce. Qui,
a un certo punto, mi sono trovato di fronte una tartaruga marina
capovolta e sotto il sole. Pensavo, continua, fosse morta ma appena
l'ho toccata ho visto che era ancora viva". A quel punto, in
compagnia di due amici, vorrebbe comprarla per liberarla da qualche
parte. Poi ci ripensa. "Volevo comprarla ma ho pensato che non
avrei fatto altro che alimentare quel tipo di mercato. Inoltre,
prosegue il racconto, probabilmente l'avrebbero subito catturata di
nuovo. Era messa molto male".
Sull'isola, dice, non esiste un posto di polizia e le sue
continue domande potevano cominciare a far indispettire i pescatori.
"Così, alla fine, ho deciso di girare immagini che potessero
rappresentare una denuncia di ciò che accade". Il video,
inviato anche all'associazione ambientalista tunisina Houtiyat, parla
chiaro. E non parliamo di un solo esemplare di tartaruga preso per
errore. Oltre ad un altro, osservato più in là, dietro alla
pescheria, un macabro cimitero a cielo aperto testimonia quello che
appare consuetudine.
"Pensare che cose del genere possano accadere a sole 70
miglia da Lampedusa è inquietante e deve far riflettere. Bisogna
concentrare gli sforzi non solo in ambito nazionale". Tommaso De
Lorenzi, vice presidente di DelTa che si occupa di balene e delfini,
è stato tra coloro che hanno raccolto la denuncia.
"La protezione delle aree di deposizione e schiusa delle
uova, così come campagne informative e di formazione che interessino
le scuole e chi, come pescatori e diportisti, vive la costa, sono
solo alcune delle operazioni auspicabili", prosegue il
consigliere DelTa esperto di tartarughe Francesco Zuppa, che pone
l'accento sulla "mancanza di fondi necessari al volontariato e
alla Ricerca dovuta allo scarso interesse della politica che, certo
non aiuta".
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