venerdì 14 aprile 2017

Il bue americano dà del cornuto all’asino siriano


Testo di Paolo Sensini


Quando i Padroni del Discorso accusano chiunque di presunte nefandezze compiute, c'è ben poco da fare. L'iniziativa è esclusivamente loro, e a tutti gli altri non resta che abbozzare una qualche difesa, se ne sono capaci. Prendiamo il caso degli Stati Uniti e dei loro numerosi reggicoda. Durante la prima guerra nel Golfo (1991), hanno esploso circa 300 tonnellate di uranio impoverito, che sprigiona una polvere radioattiva altamente tossica e con dei tempi di decantazione lunghissimi. Bombe e proiettili all'uranio impoverito sono stati massicciamente usati anche in Bosnia-Erzegovina (1992-1994), nei 78 giorni di bombardamenti voluti da Bill Clinton durante la guerra del Kosovo nel 1999 (in Italia, dalle cui basi partivano gli attacchi, era al governo Massimo D'Alema), nell'Operazione Enduring Freedom e Anaconda in Afghanistan (ottobre 2001-marzo 2002), e da ultimo nell'Operazione Odyssey Dawn e Unified Protector in Libia (marzo-ottobre 2011). Ma nessun Paese o Tribunale Penale internazionale ha mai osato chiedergli conto del loro operato. 


Secondo Francesco Palese, giornalista responsabile del sito Vittimeuranio.com e portavoce della medesima Associazione, «tra i soli militari italiani dislocati in varie zone di guerra vittime dell'uranio impoverito arriviamo a contare 216 morti, ma è un dato ancora parziale». Figuriamoci il numero di tutti coloro che sono stati esposti direttamente o anche indirettamente ai massicci bombardamenti americani. Ma è sempre il governo degli Stati Uniti che, ovunque, mette sotto inchiesta gli altri Paesi svolgendo contemporaneamente tutti i ruoli in commedia: accusa, giudizio e condanna. L'ultimo esempio è di questi giorni in Siria, dove non esiste uno straccio di prova di bombe o aggressivi chimici riconducibili alle truppe regolari, anzi tutte le evidenze s'indirizzano ai tagliagole islamici sostenuti dalla coalizione guidata da Washington e Tel Aviv, ma ciononostante il governo di Bashar Assad è sotto schiaffo della "comunità internazionale". È la democrazia, bellezza!

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