Gentile Direttore,
propongo
una riflessione sulla crescita scriteriata dei consumi. Il nostro
agire quotidiano, la nostra mania dell'usa e getta, gli acquisti dei
generi alimentari superflui che in tanti non utilizzano o che li
lasciano marcire in frigorifero e nelle dispense, ci porterà prima o
poi alla esigenza di un cosciente e necessario risparmio. E anche a
modificare il nostro stile di vita. Se vogliamo vivere in un pianeta
al minimo dell'inquinamento, se non vogliamo esser sommersi dai
rifiuti più o meno tossici. Tanti personaggi di rilievo e tanti
politici delle varie Nazioni pensano che un inquinamento climatico
globale sia un avvenimento remoto. Ma non pensano alle generazioni
future che erediteranno una Terra piena di veleni e di insidie per il
loro fisico. Secondo il rapporto di autorevoli studiosi, dell'ISPRA e
del National Geographic, non ci sono tanti margini di sicurezza, di
tempo illimitato per non agire immediatamente. Prima o poi arriverà
un conto salato, avendo già un pianeta ormai piccolo per la
popolazione mondiale che era di 750 milioni di abitanti nel periodo
preindustriale e che ora vede circa 7,5 miliardi di umani. Per tutto
questo credo sia auspicabile una decrescita felice.
Giacomo
Mella
Pordenone
Caro lettore,
non c'è
dubbio che servano nuove e più rigorose regole per governare lo
sviluppo del nostro Pianeta. Ma con buona pace dell'economista
francese Serge Latouche e dei numerosi sostenitori delle sue idee, la
decrescita felice non esiste. È una contraddizione in termini. Come
è stato giustamente notato, siamo di fronte a una forma di
ecosocialismo che vorrebbe imporre a tutti uno stesso modello di vita
e di sviluppo, mortificando o negando nelle sue fondamenta il libero
mercato e la libera iniziativa. I teorici della decrescita felice
immaginano una società in cui si debba rinunciare all'obiettivo di
un Pil con il segno positivo o all'umano desiderio di produrre
qualcosa di meglio e più efficiente di quello che produciamo oggi.
Nella loro concezione qualcuno (chi?) dovrebbe stabilire quali sono i
bisogni veri e quali i bisogni falsi e imporre alla società regole e
imposizioni coerenti con questa nobile visione. Un'idea di Latouche,
che sogna un mondo senza auto e aerei, è per esempio quello di far
pagare carissimi i carburanti in modo da costringere la gente a
muoversi con mezzi cosiddetti naturali. La decrescita felice è
un'immagine forse suggestiva, ma nella realtà rappresenta solo
l'ultima frontiera dei delusi del marxismo che, viste crollare le
certezze del materialismo storico, si rifugiano in questa nuova
utopia come strumento per abbattere l'odiato capitalismo. Speriamo
che le teorie di Latouche abbiano meno fortuna politica di quelle di
Karl Marx.
Il direttore Roberto
Papetti
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