Testo di Danila Ticconi
Come nasce la festa delle donne? "Ma certo che lo so!”, dirà
qualcuno con il sorriso sornione: l’8 marzo si ricorda la morte di
centinaia di operaie nel rogo della fabbrica di camicie Cotton
avvenuto nel 1908 a New York. No, sbagliato. Con buona pace di chi
alimenta il mito delle operaie in sciopero chiuse in fabbrica e arse
vive, come novelle Giovanna d’Arco, l’8 marzo 1908 non ci fu
alcun incendio alla fabbrica Cotton. Tutto nasce nel 1917, a San
Pietroburgo, Russia, quando le donne comuniste della capitale
guidarono una grande manifestazione contro la guerra: fu l’inizio
della fine per lo zarismo. E così l’8 marzo 1917 passò alla
storia come l’inizio della «Rivoluzione russa di febbraio»
(secondo il calendario giuliano allora in vigore in Russia, era il 23
Febbraio). Per questo motivo, e in modo da fissare un giorno comune a
tutti i Paesi, il 14 giugno 1921 la seconda Conferenza Internazionale
delle Donne Comuniste, tenuta a Mosca una settimana prima
dell’apertura del III congresso dell’Internazionale Comunista,
fissò all’8 marzo la «Giornata internazionale
dell’operaia».
Tanto che la prima giornata internazionale
della donna, in Italia, venne organizzata dal Partito Comunista
d’Italia (poi nel dopoguerra Partito Comunista Italiano), nel 1922,
e qualche anno più tardi, sul periodico “Compagna”, apparve una
lettera di Lenin (!) che ricordava l’8 marzo come Giornata
internazionale della donna, la quale aveva avuto un ruolo
fondamentale nella Rivoluzione d’Ottobre. Chi si inventò,
dunque, la balla dell’incendio alla fabbrica americana Cotton nel
1908? Fa parte di una delle tante manipolazioni storiche operate nel
secondo dopoguerra dagli USA, anzitutto per intestarsi l’origine
della ricorrenza, in secondo luogo per cancellare qualsiasi traccia
del ruolo che avevano avuto nel promuoverla a livello mondiale le
“donne comuniste“.
La festa della donna nacque per esaltare
il ruolo delle donne nella lotta per una società senza padroni,
libera dalle ingiustizie, dove fossero rispettate tutte le libertà,
tranne una: quella di sfruttare il lavoro di altri esseri umani,
siano essi uomini o donne. Non è una ricorrenza commerciale, benché
abbiano cercato di renderla tale, negli anni. E’ invece il
monito preciso, a livello internazionale, che “non è libero l’uomo
che opprime la donna”, perché senza le donne, molte delle
conquiste sociali ottenute da chi soffre non ci sarebbero state (si
pensi solo al ruolo di Rosa Parks negli USA, di Rosa Luxemburg in
Germania e di tante altre). Ogni tanto sarebbe anche il caso di
dire loro “grazie”, non solo perché ci hanno messo al mondo.
Nessun commento:
Posta un commento