Fonte: Il Fattaccio
Chi
dice che già nel 2020, e cioè domani, chi, più ottimista, nel 2030, ma una cosa
è certa, prima o poi dovremo fare a meno del Polo Nord e con esso delle
tradizioni Inu-it, degli orsi polari, delle foche e di tante altre specie di
animali polari: dovranno cambiare abitudini o estinguersi. Un satellite della
NASA (IceSat) dal 2003 al 2008 aveva già effettuato ricognizioni testimoniando
il veloce arretramento del ghiaccio. In seguito, l’euro satellite CryoSat, più
moderno e preciso, non solo ha misurato la superficie reale del Polo Nord, ma
ne ha monitorato con il suo innovativo radar anche lo spessore. La sentenza, a
quanto pare senza appello: per la scomparsa dei ghiacci polari difficilmente si
andrà oltre il 2025. Del resto lo si sapeva da decenni: l’aumento della
temperatura non si distribuisce uniformemente nel Globo, se alle nostre
latitudini siamo a +0,70° rispetto al 1950, al Polo le temperature sono oltre
il +2,4°. Insostenibile, perché il Polo Nord non è un continente come il Polo
Sud, è semplicemente ghiaccio, formatosi in tempi geologici non antichissimi,
che galleggia sull’acqua salata che difficilmente scende sotto i -2°. Del resto
basta navigare un po’ in internet per fare qualche verifica: a febbraio nella
“bassa” Padana le temperature rilevate si attestavano tra i -7° e i -15° e in
alcune zone del Piemonte si sono raggiunti i -20°, mentre nello stesso periodo
alla stazione meteo Svalbard, nei pressi del Polo Nord, si registravano da 0° a
+4° e pioveva.
Esperti
dell’Intergovernmental Panel on Climate Change fino a qualche anno fa prevedevano uno scioglimento
totale dei ghiacci artici nel 2050. Le indagini effettuate da CryoSat hanno
indicato prospettive molto peggiori con la possibile sparizione addirittura al
2020, e c’è da crederci se i rompighiaccio russi, che di solito accompagnano
spedizioni di scienziati e turisti, testimoniano che buona parte del viaggio,
che fino a pochi anni si faceva spaccando lastre di ghiaccio di due metri,
nell’ultimo anno è stata quasi una passeggiata su ghiaccio spesso dai 30 ai 50
cm: pare sia stato addirittura difficile trovare ghiaccio solido sul quale far
scendere i passeggeri. Ma non è tutto, i russi testimoniano che ormai al Polo
si cominciano a vedere i gabbiani reali: cosa inaudita per gli ornitologi,
perché il suolo e la trasparenza del ghiaccio fanno proliferare il plancton,
quindi i pesci che se ne cibano e i gabbiani al seguito, loro predatori. Il
paleontologo Malcolm McKenna, dell’American Museum di Natural History di New York, inizialmente scettico sui racconti
catastrofici dei comandanti dei rompighiaccio russi, in una spedizione ha
testimoniato con rilevamenti GPS, foto e video di essere stato a latitudini
raggiunte sempre e solo con cani e slitte, mai con rompighiaccio. E se non sta
bene il Polo Nord, figuriamoci il resto.
Per esempio la Siberia sta vivendo lo scioglimento del terreno ghiacciato che, a parte i
danni locali agli oleodotti a causa del cedimento dello stesso, da millenni fa da tappo ad immensi giacimenti di metano poco profondi e ora, sfaldandosi, sta liberando un gas serra tanto pericoloso quanto la CO2. O più semplicemente ci basta guardare in casa nostra: stagioni impazzite e clima che continua a registrare minime e massime “da record”.
Per esempio la Siberia sta vivendo lo scioglimento del terreno ghiacciato che, a parte i
danni locali agli oleodotti a causa del cedimento dello stesso, da millenni fa da tappo ad immensi giacimenti di metano poco profondi e ora, sfaldandosi, sta liberando un gas serra tanto pericoloso quanto la CO2. O più semplicemente ci basta guardare in casa nostra: stagioni impazzite e clima che continua a registrare minime e massime “da record”.
Sicuramente,
a differenza di quanto molto spesso si dica, noi europei stiamo facendo tanto,
siamo molto avanti nel fotovoltaico, nello sfruttare le biomasse, nel
recuperare e riutilizzare rifiuti, nel risparmio energetico e faremo di sicuro
molto di più entro il 2020, ma
dovremo abituarci anche a convivere con un clima semi-tropicale e tutti i danni
conseguenti, perché fino a quando i nostri “cari amici” USA continueranno a
vivere come se l’ambiente fosse affare di altri, e Cina, India e Russia non
capiranno che il capitalismo sfrenato dell’edilizia, dell’industria degli
schiavi e della povertà altrui, come leva di ricchezza per pochi, portano di
corsa a un mondo invivibile, noi europei continueremo a vivere in un clima che
cambia soprattutto per incuria altrui. Del resto, Chavez usava dire che “se il
Clima fosse una Banca, gli USA e l’Europa l’avrebbero già salvato”.
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